In settimana, al «Vittorio Emanuele», farà tappa il tour del Partito democratico. Parlamentari nazionali e regionali, amministratori locali e dirigenti di partito, scatteranno un’istantanea sullo stato di salute dell’ospedale. Lo hanno già fatto a Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta. A Gela troveranno un ospedale dignitoso. Un piccolo gioiello se messo a confronto con molte realtà dell’isola. Una status frutto di dedizione e impegno giornaliero da parte degli uomini e delle donne che quotidianamente si spendono per questo presidio sanitario, dal massimo dirigente all’ultimo portantino.
Certo, non mancano i problemi. Ai parlamentari Pd non mancheranno gli spunti per andare a bussare alla porta del presidente della Regione, dell’assessore alla Salute e della direzione strategica dell’Asp, pretendendo investimenti e migliorie. Va detto che l’assessore, Giovanna Volo, nissena e quindi non certo ostile alla Sanità della sua terra d’origine, siede su quel posto da soli due anni. Serve tempo. Da circa un anno, c’è una anche nuova direzione strategica, un nuovo manager, Salvatore Ficarra. Come pure relativamente fresco di nomina è il direttore di presidio, Alfondo Cirrone Cipolla. Serve tempo, anche a loro. Forse a loro ne serve ancora di più vista la situazione ereditata, frutto di difficoltà storiche, riforme e dimensionamenti. I problemi non mancano. A iniziare dalla carenza di personale medico.
«Al Pronto soccorso – racconta un operatore socio sanitario – dovrebbero esserci 14 medici oltre al primario. Ebbene i medici sono soltanto 4 oltre al primario. Sulla carta ne mancano 10 anche se la direzione strategica da qualche mese tampona grazie all’apporto dei cosiddetti gettonisti. Medici – quattro o cinque nel solo Pronto soccorso – che arrivano da esterni, fanno il turno e vanno via. È un passo. Purtroppo, però, non basta. Il bacino di utenza è enorme, conta oltre 150 mila abitanti: Gela, Niscemi, Butera, Riesi, Mazzarino. Ai quali, talvolta, si assommano anche altri comuni dell’hinterland, da Acate a Vittoria, da Licata a Piazza Armerina. Qui vengono da mezza Sicilia».
Eppure, per una sorta di regola del contrappasso al contrario, Caltanissetta, con un bacino di utenza uguale, se non minore, ha un ospedale più grande – classificato Hub, mentre il «Vittorio Emanuele» ha una struttura del tipo Spoke – con una complessità di unità operative, maggior numero di medici, infermieri, strutture.
«Nulla da ridire – dice l’operatore – sui cugini nisseni, non stiamo qui a fare la guerra di campanile. Ma il legislatore regionale, nel ridisegnare ad esempio la rete dell’emodinamica, quella branca, per capirci, che si occupa di infartuati e cardiopatici, come mai ne ha aperta una a Enna, 20 chilometri da Caltanissetta, lasciando fuori Gela che dal capoluogo di chilometri ne dista 80 circa? Ci sono cittadini di Serie A ed altri di Serie B? La cosa che mi indigna maggiormente, da cittadino, è il silenzio della politica».
Così un paziente gelese o di Niscemi, per avere i servizi di emodinamica, deve affrontare un lungo viaggio in ambulanza. Per non dire dell’area neuro, di una Neurochirurgia, che in una realtà tanto ampia e complessa andrebbe quantomeno ipotizzata. Tutto porta alla rete sanitaria regionale. Nodi che i dirigenti locali del Pd hanno già illustrato ai loro parlamentari attesi a Gela in settimana.
E si spera tutti insieme possano favorire e sollecitare soluzioni. Come, ad esempio, l’apertura della nuova Rianimazione, completa ma non ancora utilizzabile. L’ultimo inciampo sarebbe una complicazione di tipo logistico. Il nuovo reparto, come noto, è stato finanziato dall’Eni nell’ambito delle compensazioni. Si è scoperto che manca l’ascensore interno per la Radiologia: un paziente in Rianimazione, che ad esempio deve fare una Tac, non può certo fare giri lunghi. Quindi ora si studia una soluzione, che potrebbe essere quella di un montalettighe da realizzare all’esterno. Soluzione possibile che però richiede tempo. Altro ostacolo, da quel che filtra, sarebbe l’assenza di un collegamento diretto tra la nuova Rianimazione e le sale operatorie. Entrambe le strutture sono al piano «-1» ma manca un varco, un passaggio, che le metta in collegamento. Anche su questo ostacolo l’Asp lavora a soluzioni. A Marzo 2023 il precedente management dell’Asp aveva annunciato la consegna entro un mese, quindi ad aprile di quell’anno. Ne sono trascorsi altri due. Serve più tempo.
Gli intoppi fanno parte del gioco. Però, nell’area di emergenza del «Vittorio Emanuele», non sarebbe la prima volta. Successe – raccontano in ospedale – in occasione della realizzazione del Pronto soccorso Covid. Durante uno stato di avanzamento lavori ci si accorse che mancava la rete dei gas medicali: non era stata prevista. Anche in quel caso si dovette correre ai ripari.
Tornando alla Rianimazione, in quella attuale, come al Pronto Soccorso, non è che i medici abbondino. Su un organico di 18 dirigenti, a contratto, da interni, pare ve ne siano soltanto 6. Pure in questo caso si sopperisce grazie ai gettonisti. Ma il claim un po’ in tutti i reparti è: «mancano medici». Al «Vittorio Emanuele», ma non solo. Anche nel resto dell’Isola, come in molte aree del Paese.
Si spera che all’abolizione del numero chiuso in Medicina, in fase sperimentale dal prossimo anno accademico, corrisponda anche un adeguato aumento dei posti di specializzazione. Sì da fornire agli ospedali e ai cittadini nuovi medici.
L’Emodinamica servirebbe? Certamente. Inoltre, bisognerebbe dare forza ad altre aree sanitarie, quali Oculistica e Otorino, per non dire di Ortopedia, dove se manca il primario i traumatici da operare chirurgicamente vengono dirottati a Caltanissetta o in altri ospedali. Nessuno ha la bacchetta magica: né l’Asp, né la Regione, né i parlamentari Pd in arrivo. Ma serve impegno da parte di tutti.
Non meno importante è il tema del precariato.
«Mi sta a cuore – le parole di Michele Mancuso, parlamentare di Forza Italia, partito caro al governatore – è speriamo tutti insieme di poter trovare una soluzione entro il 2025» fu l’impegno del deputato di collegio, pochi giorni fa, a commento dell’ultima Finanziaria.
Sul tavolo c’è la posizione di 185 infermieri e 208 operatori socio sanitari – in tutta l’Asp, il caso non riguarda solo il «Vittorio Emanuele» – ancora in attesa di stabilizzazione. Personale reclutato con il click day in piena emergenza Covid. E proprio questa procedura di selezione sarebbe alla base delle difficoltà per la stabilizzazione. Qualcosa si è già fatto: 57 unità sono già state messe a contratto a tempo indeterminato. Ma altri (quasi) 300 sono ancora in attesa. Qualcuno si è stufato e ha rassegnato le dimissioni. La stragrande maggioranza spera che le parole di Mancuso e i buoni propositi in Regione non rimangano solo sulla carta.
Infine c’è il capitolo strutture. Dai prospetti del cortile interno al «Vittorio Emanuele» si sono staccati calcinacci e pezzi d’intonaco: ai piani più alti i tondini del cemento armato sono in bella vista, esposti alle intemperie. Bisognerebbe sistemare i prospetti. Inoltre gli ascensori e i montalettighe si guastano spesso. Quello piccolo, all’ingresso, è fermo da anni: dismesso, pare, tanto che onde evitare rischi o incidenti sono stati posizionati degli armadietti davanti alle porte. Pure l’ascensore grande, al servizio di Radiologia e Pronto soccorso, ma utilizzato pure dai visitatori, talvolta va fuori servizio, con disagi immaginabili.
I problemi, dunque, ci sono.
Eppure nel sentiment più diffuso i cittadini questo ospedale provano a tenerselo stretto. Apprezzano gli sforzi di chi ci lavora o lo dirige. Si appellano alla politica regionale affinché trovi le risorse e i progetti per farlo rinascere. Perché prima di sognare nuovi ospedali faraonici la gente spera soprattutto che chi è al governo riesca quantomeno a migliorare il «Vittorio Emanuele».
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