di Sergio Restelli
Il bullismo è un fenomeno complesso che affonda le sue radici in una rete di cause profonde e interconnesse, che comprendono fattori intimi, sociali e familiari. In un giovane, l’emergere di comportamenti aggressivi, prevaricatori e manipolatori non sono mai frutto del caso, ma piuttosto di un intreccio di dinamiche che, nel tempo, plasmano la sua personalità, le sue percezioni e i suoi modi di relazionarsi con gli altri. Analizzare queste cause in profondità aiuta non solo a comprenderne la genesi, ma anche ad individuare modi efficaci per prevenirlo e contrastarlo.
1. Le cause intime del bullismo
A livello individuale, il bullismo spesso nasce da insicurezze, conflitti interiori e difficoltà emotive non elaborate. Il giovane che adotta comportamenti prevaricatori può farlo per compensare fragilità personali che trova difficile affrontare o esprimere, per una Bassa autostima e senso di inadeguatezza
Molti bulli vivono un profondo senso di inferiorità, che cercano di mascherare imponendosi sugli altri, aggredendo e umiliando qualcuno percepito come “più debole”, ottenendo una temporanea sensazione di potere e controllo, che li fa sentire meno vulnerabili, gestendo disfunzionalmente le emozioni.
Un giovane incapace di gestire rabbia, frustrazione o insoddisfazione può incanalare queste emozioni in comportamenti violenti o manipolatori, e la trasgressività diventa una valvola di sfogo per tensioni interne non risolte.
con una richiesta di attenzione e riconoscimento, soprattutto se il giovane si sente trascurato o invisibile. Essere il “capo” o il “dominante” in un gruppo offre e’ una forma di approvazione, seppur negativa. L’assenza o il mancato sviluppo dell’empatia gioca un ruolo cruciale. Alcuni giovani non riescono a mettersi nei panni delle loro vittime e non comprendono l’impatto delle loro azioni, trattando gli altri come oggetti piuttosto che come persone. L’ambiente sociale in cui il giovane cresce e si sviluppa può amplificare o innescare comportamenti da bullo. La società contemporanea, con le sue dinamiche spesso competitive e alienanti, contribuisce a creare terreno fertile per il bullismo. Il bisogno di appartenenza al gruppo è fondamentale nell’adolescenza, poiché in certi contesti, il bullismo può essere una strategia per acquisire status sociale o per evitare di essere vittima a propria volta.
I giovani, soprattutto nei gruppi, possono essere spinti a comportamenti prevaricatori per conformarsi alle norme sociali del gruppo o per guadagnarsi l’ammirazione degli altri. La società moderna spesso celebra comportamenti aggressivi o dominanti. La competizione esasperata, l’idea del “più forte” che prevale sul “più debole” pe la spettacolarizzazione della violenza nei media possono influenzare negativamente i giovani, inducendoli a vedere il bullismo come un mezzo legittimo per affermarsi. Contesti sociali segnati da forti disuguaglianze economiche, culturali o etniche possono favorire il bullismo. I giovani provenienti da contesti privilegiati possono bullizzare chi è percepito come “diverso” o “inferiore”, mentre chi si sente marginalizzato può sfogare la propria rabbia aggredendo chi è ancora più vulnerabile. L’avvento dei social media ha amplificato il fenomeno del bullismo, creando un ambiente in cui l’anonimato facilita l’aggressività. Le dinamiche sociali del mondo virtuale spesso esacerbano quelle della vita reale, offrendo ai bulli un ulteriore spazio per esercitare la loro influenza. La famiglia è il primo ambiente in cui un giovane apprende i suoi modelli di comportamento, il modo di gestire le emozioni e le relazioni con gli altri. Dinamiche familiari disfunzionali o carenti possono contribuire in modo determinante allo sviluppo di comportamenti prevaricatori.
Un giovane cresciuto in un contesto in cui la violenza verbale o fisica è la norma può interiorizzare questi comportamenti come accettabili. Se i genitori o i caregiver adottano metodi educativi punitivi o violenti, il ragazzo può sviluppare la convinzione che la forza sia il mezzo principale per ottenere rispetto o controllo. L’assenza di una presenza genitoriale stabile e affettuosa può portare il giovane a cercare attenzione in modi disfunzionali, e allora il bullismo diventa una modalità per colmare un vuoto affettivo o per attirare l’attenzione che non riceve in famiglia,di conseguenza i genitori che non pongono limiti chiari o che tollerano comportamenti aggressivi rischiano di incoraggiare inconsapevolmente il bullismo.Un giovane che non sperimenta conseguenze per le proprie azioni può sentirsi autorizzato a prevaricare sugli altri.
Famiglie che impongono aspettative irrealistiche possono indurre nel giovane sentimento di frustrazione o rabbia, che vengono sfogati sugli altri. Allo stesso tempo, il desiderio di eccellere per soddisfare le aspettative dei genitori può spingerlo a usare il bullismo come strategia per primeggiare. Se in famiglia non si praticano valori come il rispetto reciproco, la solidarietà e l’ascolto, il giovane può crescere con un’idea distorta delle relazioni, trattando gli altri in modo strumentale o aggressivo. Il bullismo non è mai il risultato di un’unica causa. È il prodotto di un’interazione dinamica tra fattori personali, sociali e familiari, che si rinforzano a vicenda. Un giovane con insicurezze personali può essere spinto verso il bullismo da un ambiente sociale competitivo o da un gruppo di pari che lo incoraggia a prevaricare. Un ragazzo che vive in una famiglia conflittuale può trasferire la rabbia e la frustrazione accumulata in casa sui compagni di scuola.
Affrontare il bullismo richiede un intervento integrato su più livelli. A livello individuale, è importante lavorare sullo sviluppo dell’autostima e della capacità di gestione delle emozioni, attraverso il supporto psicologico e percorsi educativi. A livello sociale, scuole e comunità devono promuovere valori come l’inclusione, il rispetto e la solidarietà, contrastando la cultura della violenza.
A livello familiare, occorre sostenere le famiglie nella costruzione di relazioni affettuose, stabili e rispettose, offrendo strumenti per educare i figli in modo sano e responsabile. Con un approccio preventivo, è possibile non solo ridurre il bullismo, ma anche trasformare le sue cause in opportunità di crescita per il giovane e per la società intera. La mia ipotesi sull’importanza del canto corale nelle prime fasi dell’educazione è supportata da numerosi studi e pratiche educative. Introdurre i bambini al canto collettivo sin dall’asilo o dalla scuola primaria offre una serie di benefici che influenzano positivamente lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale. Il canto aiuta i bambini a sviluppare competenze linguistiche, migliorando la pronuncia, l’intonazione e l’arricchimento del vocabolario. Attraverso le filastrocche, le canzoni e il cantarle, i bambini apprendono nuove parole e strutture grammaticali in modo naturale e coinvolgente. Memorizzare testi e melodie stimola più facilmente la memoria a breve e lungo termine. La ripetizione e l’apprendimento di sequenze musicali favoriscono anche l’aumento della capacità di concentrazione e attenzione.
Il canto offre ai bambini un mezzo per esprimere le proprie emozioni in modo sicuro e creativo. Attraverso la musica, si possono esplorare e comprendere meglio i propri sentimenti, sviluppando una maggiore consapevolezza emotiva.
Partecipare a un coro e contribuire al successo collettivo rafforza la fiducia in sé stessi. Il riconoscimento dei propri progressi e l’apprezzamento da parte dei compagni e degli insegnanti contribuiscono a costruire un’immagine positiva di sé. Cantare in coro crea un forte senso di comunità e appartenenza. I bambini imparano l’importanza della collaborazione e del lavoro di squadra, comprendendo come il contributo di ciascuno sia fondamentale per il risultato finale, col canto collettivo, i bambini migliorano le loro abilità comunicative e imparano a interagire in modo armonioso con gli altri, sviluppando empatia e rispetto reciproco. Il canto richiede una corretta respirazione e una postura adeguata, contribuendo allo sviluppo di abitudini fisiche salutari. Queste competenze possono riflettere effetti positivi anche in altre attività quotidiane.
L’attività canora rilascia endorfine, gli ormoni del benessere, contribuendo a ridurre lo stress e a migliorare l’umore dei bambini. Attraverso il repertorio musicale, i bambini possono avvicinarsi a culture diverse, ampliando i propri orizzonti e sviluppando una mentalità aperta e inclusiva. Questo favorisce la comprensione e l’apprezzamento della diversità. Per massimizzare questi benefici, è fondamentale che le istituzioni scolastiche integrino programmi di educazione musicale fin dalla prima infanzia. Ciò può includere:
Sessioni regolari di canto: Organizzare lezioni di canto settimanali in cui i bambini possano apprendere nuove canzoni e tecniche vocali.
Creare cori che possano esibirsi in occasioni scolastiche e comunitarie, offrendo ai bambini l’opportunità di mostrare i propri progressi e di sentirsi parte di un gruppo. Coinvolgere i giovani musicisti dei conservatori e insegnanti di musica qualificati per garantire un’educazione musicale di qualità e adeguata all’età dei bambini. Incorporare il canto corale nell’educazione dei bambini sin dalle prime fasi scolastiche rappresenta una strategia efficace per promuovere uno sviluppo armonioso e completo. I benefici cognitivi, emotivi, sociali e fisici derivanti da questa pratica contribuiscono alla formazione di individui equilibrati, sicuri di sé e capaci di interagire positivamente con gli altri. Investire nell’educazione musicale significa, dunque, investire nel futuro della società, coltivando generazioni più empatiche, collaborative e culturalmente consapevoli.
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