È un nuovo inizio per piazzetta Olivotti, a Mestre, lungo via Piave: pochi giorni fa ha inaugurato Gran Piave, il locale etnico e fusion sorto al posto del Grand Central, che aveva aperto nel 2019 per chiudere all’improvviso nell’ottobre 2024. Alla festa del 10 gennaio, però, si è fatto notare anche l’appello di alcuni ex dipendenti della gestione precedente, che hanno rivelato come siano stati costretti a fare causa contro gli ex titolari per poter avere i soldi che spettano loro: trattamento di fine rapporto, parte degli stipendi, ferie non godute. Anche gli assessori presenti hanno appreso del fatto in quel momento.
Il Comune sembra convinto, con entusiasmo, che la nuova attività possa risollevare il locale e l’area, e ha criticato duramente il comportamento della vecchia gestione con i dipendenti. C’è però un dettaglio non da poco in questa storia: la “vecchia gestione” è composta in parte dalle stesse persone che, attraverso la società Grand Central srl, hanno ottenuto in concessione dal Comune l’area di piazzetta Olivotti nel 2018, per vent’anni, con la possibilità di costruirci il bistrot oggi al centro delle attenzioni. E che da adesso possono incassare l’affitto, fino al 2038, dai nuovi gestori.
Piazzetta Olivotti, la storia in breve e la concessione
La gara e la delibera con cui l’area viene data in concessione a Grand Central srl è del 2017. Sono anni in cui di piazzetta Olivotti (in basso, una foto del 2015) si parlava spesso, sia perché aveva chiuso lo storico ristorante Santi e Marchini, nel 2014, sia perché la sede dell’ex biblioteca di proprietà comunale era stata occupata, diventando il “laboratorio LoCo” (più avanti, nel 2021, gli stessi attivisti fonderanno il laboratorio climatico Pandora negli spazi dell’ex ospedale Umberto I).
Del bistrot per combattere il degrado, proposto dai ristoratori del Santi e Marchini già da molti anni, si ricomincia a parlare proprio nel 2014, un mese prima che arrivi lo sfratto esecutivo a quei ristoratori. Il via libera della giunta comunale arriva alla fine del 2017. Nel 2018 il laboratorio LoCo viene sgomberato per due volte, la seconda definitivamente.
A ottenere la concessione per la piazza – e soprattutto per costruire il nuovo bistrot coperto, al posto della piccola area verde – è Grand Central srl di Massimo Dal Poz, un commercialista mestrino. Il figlio, Giovanni Dal Poz, era subentrato nel 2014, dopo la chiusura del Santi e Marchini, nella gestione del locale, rinominato Santi Mestrini. Quando stanno arrivando a conclusione i lavori del nuovo Grand Central, a inizio 2019, il Santi Mestrini chiude e si trasferisce nel nuovo gazebo, con il nome Grand Central Mestre.
La concessione del 2017 (all’epoca l’assessore al patrimonio è Renato Boraso) prevede per Grand Central srl la possibilità di costruire un nuovo gazebo-bistrot di 150 metri quadri al coperto, in deroga alle regole urbanistiche, oltre a un plateatico scoperto di massimo 230 mq, di averne la concessione per 20 anni e di poterlo non solo gestire direttamente, ma anche affittare, con esenzione dalla tassa di occupazione del suolo pubblico. Il concessionario, secondo la delibera approvata, è tenuto ad attestare costi dei lavori realizzati per almeno 350mila euro, e il nuovo manufatto nel 2038 tornerà al Comune di Venezia. Al concessionario spettano anche pulizia e manutenzione ordinaria della fontana lì davanti, mentre l’illuminazione e la manutenzione straordinaria restano a carico del Comune.
La gestione dal 2019 al 2024
L’apertura del bistrot, nel 2019, è in grande stile, con appuntamenti letterari ed eventi. A gestirlo è Central Food srl, società di proprietà di Tiziano Bonet e Giovanni Dal Poz, quest’ultimo socio anche della Grand Central srl. Presto arriva il covid, ma va detto che il Grand Central arriva allo sfortunato appuntamento con un ampio plateatico all’aperto. La piazzetta sembra beneficiare della nuova apertura, d’altronde immaginata già dai ristoratori presenti lì dagli anni ’90: «La situazione è decisamente migliorata, segno che quando ci sono realtà belle, luminose e di qualità, un’area cambia pelle» raccontava Giovanni Dal Poz ai giornali nel 2022. Sempre nel 2022 aprirà la seconda area del locale, la pizzeria, negli spazi della ex biblioteca.
Ma l’attività non decolla e, nonostante la concessione comunale gratuita a Grand Central srl, il bistrot chiude. La colpa viene data al degrado incontenibile. Il 17 settembre il bistrot subisce una spaccata, il 7 ottobre annuncia qualche settimana di riflessione, il 17 ottobre comunica la chiusura definitiva e il licenziamento dei dipendenti. Poche settimane dopo Massimo Dal Poz informa di aver trovato una nuova società pronta a subentrare: quella, celebrata la settimana scorsa, che ha aperto il nuovo bistrot etnico e fusion.
Dalle visure camerali si osserva che Central Food srl, la società di Giovanni Dal Poz che gestiva il bistrot (partecipata al 10% da Grand Central srl stessa, a cui pagava però un affitto) risulta inattiva dal 7 ottobre 2024. Insomma, ancor prima di aver comunicato ai dipendenti la fine dell’attività.
Il racconto degli ex dipendenti
Gli ex dipendenti raccontano di un contesto complicato, caratterizzato da errori anche umani: «Il titolare era sgarbato con i clienti e con noi lavoratori. Della “pausa di riflessione” di ottobre siamo venuti a sapere leggendo i giornali: a quel punto abbiamo chiesto rassicurazioni e ci è stato garantito che saremmo stati pagati, ma non è stato così. Il titolare di fatto è sparito, non risponde alle chiamate né ai solleciti» spiegano.
Le cifre in arretrato non sono trascurabili: la dipendente con anzianità più lunga spiega di avanzare 16mila euro, gli altri hanno crediti che vanno dai 2mila ai 5-6mila euro. Sono coinvolti otto lavoratori, alcuni dei quali se ne erano già andati nel corso del 2024 proprio perché la situazione non appariva rosea. Due di loro sono stati assorbiti dalla nuova gestione, altri hanno trovato impiego altrove. «Siamo andati dai sindacati, che tramite un sollecito ci hanno fatto ottenere perlomeno il pagamento dello stipendio di settembre. Per tutto il resto siamo stati costretti ad aprire una causa, ora siamo in attesa del decreto ingiuntivo». E i debiti riguarderebbero anche i fornitori: secondo gli ex dipendenti ci sarebbero numerose fatture non pagate per l’approvvigionamento di bibite, alcolici, caffè, detersivi, generi alimentari, utenze. Per cifre anche oltre le decine di migliaia di euro.
Per tutti loro, a questo punto, difficilmente basterà rivalersi sulla Central Food. Grand Central srl, la società che ha ricevuto l’area in concessione, ha come ragione sociale la “locazione immobiliare di beni propri o in leasing (affitto)”. Massimo Dal Poz è amministratore unico, ma non ci mette capitali (seppur tra i soci ci siano sia la compagna, sia il figlio Giovanni). L’altro socio principale nell’operazione bistrot (deteneva il 45% di Central Food) è Tiziano Bonet, consulente del lavoro. I Bonet hanno partecipazioni anche in Grand Central srl.
Il futuro e il commento dell’amministrazione
Alla luce di tutti questi elementi, la storia di quel quadrante di Mestre appare un po’ diversa da come è stata raccontata. L’amministrazione ha scommesso su una lunga concessione, ma forse senza le dovute cautele: non è andata a un ristoratore, ma a una società che si occupava di costruzioni prima (fino al 2020) e di locazione immobiliare dal 2020 in poi. Purtroppo, la gestione del bistrot (non incidentalmente, portata avanti in parte dagli stessi soci e persone) sembra essere stata macchiata da errori, a partire dai corretti rapporti con il personale.
Oggi, con il cambio di gestione del bistrot, Grand Central srl sta facendo quello per cui esiste: affittare un locale in un’area centralissima di Mestre, per migliaia di euro al mese. Trattandosi di concessionari comunali, l’amministrazione ha i mezzi per costringerli a pagare quando dovuto agli ex dipendenti del bistrot, seppur la società satellite abbia chiuso il 7 ottobre scorso? Ca’ Farsetti, interpellata, fa sapere che avvierà un’istruttoria per verificare il rispetto dei termini della concessione con Grand Central srl ed eventuali altri profili di irregolarità, e ribadisce la solidarietà ai lavoratori coinvolti.
Sul tema interviene Sebastiano Bergamaschi, tra i fondatori del LoCo: «Il Grand Central è l’idea sulla base della quale ci hanno sgomberati nel 2018: un’operazione in pompa magna, secondo noi la svendita di un’area pubblica. A un progetto imprenditoriale venne affidato il compito della riqualificazione di quell’area, senza ascoltare le necessità e le proposte di chi aveva creato LoCo. Per quattro anni l’ex biblioteca era diventata un luogo ricco di iniziative, musica, esposizioni, presentazioni di libri. Erano attività che rispondevano a certe esigenze della città, che non sono state prese in considerazione, e temiamo che lo stesso possa avvenire con il progetto previsto all’ex Umberto I. Possibile che l’unica opzione per riqualificare la città sia delegare ai privati la cura del patrimonio pubblico, nel nome del profitto?» chiede e si chiede Bergamaschi.
Grand Central srl, contattata riguardo le questioni affrontate in questo articolo, per ora non ha rilasciato commenti.
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