“No bunker” “No transfer”: le Camere penali per il ritorno a casa del giusto processo

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Per una volta tanto seduti “dall’altra parte”, sul banco occupato nella realtà quotidiana dai collegi giudicanti, gli undici presidenti della Camere penali calabresi hanno steso il loro dispositivo di condanna all’attuale sistema che premia in proporzioni esorbitanti – dicono – la pubblica accusa e deprime in modo inaccettabile i diritti di difesa. Esempio eclatante dello sbilanciamento e della disparità, e altro obiettivo, tra i tanti, della battaglia che hanno intrapreso per il “giusto processo”, la celebrazione di procedimenti “monstre” quali “Recovery” a Cosenza e Rinascita-Scott” a Catanzaro.

E, a ulteriore gravame su un piatto che dovrebbe, in teoria e secondo codice, essere perfettamente livellato all’altro al momento della costituzione delle parti in aula, il loro trasferimento in altra sede giudiziaria, così come deciso recentemente dal tribunale di Catanzaro: sia Recovery che Rinascita si terranno, il primo all’udienza preliminare, il secondo in appello, all’aula bunker “Bicocca” di Catania. Ai fini pratici, oltre ai riflessi di ordine giurisprudenziale, l’aumento esponenziale dei costi di difesa che si ripercuotono inevitabilmente sugli imputati. Anche, come spesso avviene, su quanti tra loro saranno assolti.

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Originariamente pensata per essere svolta en plein air, sulla scorta della maratona oratoria primaverile per l’interruzione della lunga catena dei suicidi in carcere, a causa delle pessime condizioni atmosferiche,  la manifestazione dei penalisti calabresi è stata spostata nell’aula magna della Corte d’appello del Palazzo di giustizia di Catanzaro: qui “l’Avvocatura calabrese in toga”, come è scritto sulla locandina, è scesa unita “in difesa del giusto processo”, in una manifestazione corale intitolata “Astensione dai processi: diamo voce ai diritti”.

Oggi era proprio l’ultima delle giornate di astensione già decisa dal Coordinamento calabrese della Camere penali nella seduta del 12 dicembre scorso, che aveva programmato l’astensione per il 15, 16  e 17 gennaio 2025, avendo cura di esentare dall’astensione le attività giudiziarie nel settore penale del circondario di Cosenza, in ragione di analoga astensione decisa dall’ordine degli avvocati di Cosenza per il 28, 29 e 30 gennaio, in rispetto dei principio di rarefazione delle astensioni nei servizi pubblici essenziali.

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Nell’aula magna della Corte d’appello, i presidenti delle 11 camere Penali (Castrovillari, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Locri, Palmi, Paola, Reggio Calabria, Rossano, Vibo Valentia), si sono presentati in toga, così come una nutrita rappresentanza di loro colleghi penalisti, per dire la loro in un dibattito qualificato e partecipato, introdotto dal loro coordinatore provinciale Giuseppe Milicia e sostenuto dall’ordine degli avvocati, a nome del quale è intervenuto il componete del Consiglio nazionale forense, Antonello Talerico.

“Oggi manifestiamo – ha detto ai giornalisti  Francesco Iacopino, presidente della camera di Catanzaro “Alfredo Cantafora” – all’esito delle tre giornate di astensione per dire “No” a un certo modo di celebrare i processi. I processi di massa, i maxi processi, il gigantismo processuale inevitabilmente si riflettono sulla qualità della risposta alla richiesta di giustizia. Oggi questa torsione autoritaria, questo modo sommario di fare i processi raggiunge il massimo grado di distorsione, con la dislocazione dei processi Rinascita Scott e Recovery a Catania, ben si comprende come di fatto si sterilizza il diritto di difesa, effetto ingigantito dalla distanza geografica che diventa insopportabile non solo dal punto di vista economico ma anche di sostenibilità intrinseca del diritto di difesa.

Allora, i processi vanno fatti, ma tornando nelle aule dei tribunali, e con numeri accettabili, perché altrimenti il gigantismo processuale produce torsioni e il numero di errori giudiziari che annualmente noi denunciamo, e che vede i distretti giudiziari di Catanzaro e Reggio Calabria sempre in cima alle classifiche, stanno a dimostrare che questa tipologia processuale è fallimentare”.

Legata alla ricerca del giusto processo, per i penalisti, la separazione delle carriere di giudici e magistrati, punto cardine della riforma della giustizia in corso d’approvazione. “La separazione – dice sicuro Iacopino – è passaggio necessario per completare anche sul piano costituzionale la transizione che nel 1988 tra sistema inquisitorio a quello accusatorio, ma anche per realizzare il giusto processo scolpito nell’articolo 111 della Costituzione. E’ necessario che la giurisdizione si riappropri della centralità del momento giudicante sappiamo che oggi al centro non c’è il momento della verifica giudiziale, coperto dal momento delle indagini e degli arresti, in modo dei quali vengono emesse sentenze sociali inappellabili. Socialmente dobbiamo tornare ad avvertire come irrinunciabile il principio della presunzione di innocenza. Oggi, soprattutto in occasione dei maxi processi vengono considerati colpevoli fino a sentenza contraria. Bisogna riallinearsi – conclude il presidente Iacopino –  al quadro valoriale disegnato dalla nostra Costituzione”.





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