Anche l’Onu critica il ddl Sicurezza, cosa dice la lettera al governo Meloni che chiede di cambiarlo

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Sei Relatori speciali dell’ONU hanno inviato una lettera al governo italiano esprimendo preoccupazioni sul disegno di legge sicurezza, evidenziando possibili violazioni dei diritti umani e suggerendo modifiche per allinearlo agli standard internazionali di legalità, proporzionalità e non discriminazione.

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Il dibattito sul ddl Sicurezza, attualmente in discussione al Senato italiano, si fa sempre più acceso, richiamando l’attenzione delle principali istituzioni internazionali. Dopo le critiche dell’OSCE e del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, è ora l’ONU a esprimere forti preoccupazioni. Sei Relatori speciali delle Nazioni Unite hanno scritto al governo italiano, sottolineando come alcune disposizioni del provvedimento siano potenzialmente in contrasto con gli obblighi internazionali dell’Italia in materia di diritti umani, così come sanciti dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici.

Cosa dice la lettera Onu inviata al governo

Nella lettera, inviata a dicembre scorso, i relatori hanno posto l’accento su una serie di articoli fondamentali della Convenzione che rischiano di essere violati, tra cui il diritto alla libertà e alla sicurezza (articolo 9), il diritto alla libertà di movimento (articolo 12), il diritto a un processo equo (articolo 14), il diritto alla privacy (articolo 17), la libertà di espressione e opinione (articolo 19), la libertà di riunione (articolo 21) e quella di associazione (articolo 22).

Tra i passaggi più significativi, i Relatori ribadiscono che divieti generalizzati di protesta o mirati contro specifici individui per periodi prolungati rappresentano una violazione gravissima dei diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici. La lettera sottolinea poi come anche in presenza di proteste “disturbanti” sia necessario adottare un approccio proporzionato e rispettoso della libertà di riunione pacifica: l’introduzione di pene detentive per i manifestanti pacifici, sono considerate insomma una misura eccessiva e sproporzionata.

“Le pene detentive inflitte ai manifestanti pacifici non sono una risposta proporzionata alla loro partecipazione a proteste, indipendentemente dal livello di disturbo che queste causano”, si legge. Nella lettera viene riconosciuto il diritto del governo a proteggere le forze dell’ordine da eventuali danni fisici, ma viene evidenziato che questo obiettivo deve essere bilanciato con il diritto dei cittadini di manifestare.

I Relatori richiedono quindi che il provvedimento venga modificato per garantire il rispetto dei diritti alla libertà di espressione, di riunione pacifica e di associazione, la protezione degli attivisti ambientali e di coloro che partecipano a forme di disobbedienza civile e l’aderenza ai principi di legalità, necessità, proporzionalità e non discriminazione.

Nella lettera viene poi chiesto in che modo le pene, come l’aumento dei termini di detenzione, rispettino il principio di proporzionalità, quali siano i tempi e i prossimi passaggi previsti per l’approvazione della legge, e in che misura il governo intende coinvolgere la società civile in un dialogo inclusivo.

La questione, dunque, sembra ora andare oltre i confini nazionali, portando l’Italia a un bivio: rivedere il disegno di legge per tutelare i diritti umani e rispettare gli impegni internazionali, oppure rischiare di isolarsi dal consesso delle democrazie liberali, compromettendo il suo ruolo e la sua immagine a livello globale.

Per Antigone “la democrazia è protezione delle minoranze non repressione”

Secondo il gruppo, misure come la criminalizzazione eccessiva della disobbedienza passiva, con pene sproporzionate fino a otto anni di carcere, rappresentano un pericoloso danno giuridico e democratico. Anche Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, ha commentato duramente il ddl, dichiarando che Governo e Parlamento dovrebbero riflettere sui danni che un simile provvedimento infliggerebbe al nostro sistema democratico. L’Italia, per Gonnella, rischia di perdere credibilità e prestigio internazionale, ponendosi ai margini delle democrazie liberali. “La democrazia è, prima di tutto, protezione delle minoranze, non repressione”, ha dichiarato.

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