(a cura degli avv. Francesco D’Amora e Federica Giannetti)
Il Rapporto Inapp 2024 offre un quadro articolato del mercato del lavoro italiano, evidenziando tanto progressi significativi, quali la creazione di oltre un milione di posti di lavoro (e confermando la vitalità del mercato del lavoro) quanto criticità strutturali, come la sostenibilità e sull’inclusività di questa crescita, che richiedono interventi urgenti.
Le tendenze positive: stabilità e inclusione
Come riportato nel Rapporto, il mercato del lavoro italiano presenta segnali incoraggianti, evidenziando una stabilità della crescita dell’occupazione, confermata dall’aumento degli impieghi a tempo indeterminato (aumentati di 1,375 milioni) e con conseguente la diminuzione dei contratti per c.d. a-tipici, ossia i contratti a termine e part-time.
Tuttavia, il quadro è complicato da sfide demografiche di lunga data, quali il rapido invecchiamento della popolazione attiva e un declino delle nascite, elementi che rappresentano una minaccia alla sostenibilità del sistema produttivo. La coorte degli over 50 rappresenta ormai il 41% della forza lavoro, superando quella dei lavoratori tra i 35 e i 49 anni. Questo dato, unito alla previsione di una riduzione di quattro milioni di persone in età lavorativa entro il 2040, dovrebbe suscitare riflessioni urgenti sulle politiche di inclusione, evidentemente non adeguate all’ingresso nel mercato del lavoro a fronte di un mancato ricambio generazionale.
Gli alert: inattività e disallineamento
Malgrado i progressi, persistono problematiche che minano la sostenibilità del mercato del lavoro. Ancora troppo elevato è il numero degli inattivi, ossia coloro che non hanno cercato lavoro nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento, o non sono disponibili a lavorare entro le due settimane successive, o entrambe le condizioni.
Altro punto delicato è il disallineamento (c.d. mismatch) tra domanda e offerta di lavoro, ossia quella condizione di disequilibrio, nel quale le aziende non riescono a trovare personale da poter assumere e a loro volta i potenziali lavoratori non trovano offerte di impiego. Come evidenziato nel Rapporto, il mismatch ha raggiunto il 47,8%, penalizzando settori cruciali come sanità, istruzione e pubblica amministrazione, con un deficit complessivo di oltre due milioni di lavoratori.
Da un lato, l’origine di queste criticità è attribuibile a una carenza strutturale di competenze, aggravata dalla scarsa connessione tra sistema educativo e il mondo del lavoro, come dimostrato dall’inadeguata diffusione di programmi di formazione continua, a cui solo l’11,6% della popolazione tra i 25 e i 64 anni vi ha partecipato nel 2023.
Dall’altro, non può non rilevarsi come le offerte di lavoro che vengono formulate (specialmente ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro, anche con formazioni accademiche particolarmente qualificanti) siano caratterizzate da forme contrattuali precarie (contratti a termine o collaborazioni occasionali) che non garantiscono una minima stabilità economica dei lavoratori, ma anche dall’inadeguatezza dei salari, non allineati al sempre maggiore costo della vita, senza che nemmeno la contrattazione collettiva nazionale, pur con una copertura del 94% a livello territoriale, riesca a rispondere adeguatamente alla stagnazione della produttività e ai bassi salari in molti settori.
Verso un mercato del lavoro sostenibile
Il Rapporto offre una chiara fotografia delle sfide e delle opportunità del mercato del lavoro italiano, evidenziando come la ripresa economica da sola non sia sufficiente se non coadiuvata da interventi strutturali che affrontino le criticità alla radice.
In astratto, le soluzioni idonee a rendere più attrattivo e competitivo il mercato del lavoro sembrerebbero anche banali. Si pensi all’adozione di politiche attive volte a ridurre il tasso di inattività e promuovere la partecipazione femminile, l’investimento nelle competenze dei singoli lavoratori (con l’implementazione di un sistema educativo e formativo più connesso alle esigenze del mercato), l’adozione di politiche salariali e di welfare adeguate che incentivino talenti a restare in Italia nonché incentivare gli investimenti. Ciononostante, i segnali positivi dell’ultimo anno, come visto, non sono mancati e dovrebbero aprire la strada per un miglioramento sempre più crescente per un mercato del lavoro attrattivo sia per i cittadini italiani che per gli stranieri.
L’Italia ha dimostrato una capacità di resilienza notevole negli ultimi anni, ma il futuro richiede interventi strutturali e cooperazione tra tutti gli attori coinvolti. Solo attraverso un coordinamento efficace tra istituzioni così sarà possibile trasformare le criticità in opportunità per uno sviluppo sostenibile e inclusivo.
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