“Il Cau previsto a Forlì si farà. I lavori stanno procedendo”

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“Il Cau previsto a Forlì si farà. I lavori stanno procedendo, come più volte anticipato”. Così il direttore generale dell’Ausl Romagna Tiziano Carradori replica al consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Massimiliano Pompignoli sul futuro del Cau. “Come per tutte le esperienze innovative, le verifiche e i correttivi tesi a migliorare la risposta ai cittadini andrebbero letti senza strumentalizzazioni , ma cercando di cogliere i buoni risultati che hanno prodotto, prevedendo eventuali correttivi dove necessitano”, afferma Carradori.

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“E, a questo proposito l’attività dei Cau realizzati sul territorio romagnolo ci  restituisce un importante gradimento da parte dei cittadini, sia in termini numerici (oltre 183mila accessi al 12 gennaio 2025) che di soddisfazione per i servizi ricevuti, anche in termini di tempestività dell’attesa – conclude il direttore generale dell’Ausl Romagna -. Andremo quindi avanti, ed in particolare per i  territori dove non sono presenti Punti di Primo Intervento, né Pronto Soccorso, cercheremo la disponibilità dei Medici di Medicina Generale per dare sempre maggiore impulso allo sviluppo delle cure territoriali”.

“Le criticità ci sono e vanno affrontate, e dopo l’avvio in pompa magna del progetto targato Donini, prossimo al tramonto, bisogna capire quali strumenti verranno messi in campo per potenziare e migliorare le performance del Pronto Soccorso forlivese – aveva rimarcato Pompignoli nel suo intervento -. È per questa ragione che chiedo al dottor Mattia Altini, da poco alla guida della direzione ospedaliera del Morgagni-Pierantoni, di venire a riferire su questi e altri aspetti in terza commissione”. “Confido nella sua indiscussa professionalità e sensibilità – conclude Pompignoli – e nelle capacità manageriali che ha maturato in questi anni. I bisogni socio sanitari della nostra comunità sono in continua evoluzione. Ciò che serve sono impegni concreti per rispondere a esigenze mutevoli ma reali”.

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“Il sistema dei Cau si è dimostrato inadeguato come servizio di medicina d’urgenza e insufficiente in qualità di investimento sulla medicina territoriale – afferma il consigliere regionale Luca Pestelli (Fratelli d’Italia) -. L’assessore Fabi ha individuato la mancata verifica dell’appropriatezza delle prescrizioni come principale causa dei problemi legati alle liste di attesa. Da tempo sosteniamo che questo sia il grande limite dei Cau. Ora la Regione sta cominciando a rendersi conto che l’attuale sistema strutturale va superato a vantaggio di un contesto sanitario integrato, che favorisca la presa in carico del paziente e che porti gli specialisti anche nelle zone periferiche. Bisogna investire per eliminare i costi sociali: il servizio sanitario deve raggiungere i cittadini, non farsi rincorrere”.

“Le dichiarazioni uscite . prosegue Pestelli – sconfessano inequivocabilmente la politica sanitaria adottata dall’ex presidente della Regione, Bonaccini. Servono cambiamenti decisivi. Vanno potenziati la diagnostica e i servizi di prevenzione; si investa su medicina territoriale e farmacia dei servizi, sul rapporto fiduciario dei cittadini con gli operatori sanitari e si consenta un approvvigionamento di farmaci più capillare e non accentrato. Negli ultimi anni, all’Emilia-Romagna è mancata la visione complessiva del percorso sanitario: in questo modo sono aumentati i costi sociali, che poi hanno avuto ricadute sui cittadini anche sul piano economico. Il modo migliore per risparmiare nella fase clinica è investire sulla prevenzione. L’aspetto che mi preoccupa di più delle dichiarazioni dell’assessore Fabi, però, è l’annuncio trionfalistico dell’aumento delle prestazioni sanitarie effettuate. La qualità del servizio non si conta sul piano numerico, ma si valuta: il paziente non deve essere considerato come un numero. A questa visione distorta occorre dare un taglio netto e immediato”.

L’intervento di de Pascale

“E’ cultura politica di questa terra evitare di osservare i problemi senza fare nulla e la Regione ha sperimentato risposte innovative che, come tali, devono essere sempre oggetto di verifica e miglioramento. Premesso questo, abbiamo tutti a cuore il nostro servizio sanitario, pubblico e universalistico, quindi bene la discussione anche sui Cau, in un’ottica di miglioramento complessivo – commenta il governatore dell’Emilia Romagna, Michele de Pascale -. Tante innovazioni introdotte, che hanno portato buoni risultati e dopo il Covid hanno evitato di chiudere punti di erogazione dei servizi, saranno confermate, mentre riorganizzeremo ciò che è necessario facendo tesoro degli esempi più virtuosi della regione. Centrali saranno le Case di comunità e le Aggregazioni funzionali territoriali, per una gestione univoca delle cure primarie e con la massima valorizzazione dei medici di Medicina generale”.

“Come ho avuto modo di spiegare più volte- specifica de Pascale- sotto il nome Cau sono stati attivati tre tipi di servizi: quelli che hanno sostituito Punti di primo intervento o Pronto soccorso che avevano un elevato livello di inappropriatezza in quanto erogavano prestazioni di bassa complessità con personale medico specialista che deve invece essere utilizzato per le prestazioni di emergenza urgenza. Questa tipologia è indiscutibilmente quella che ha funzionato meglio e ha evitato di chiudere punti di erogazione del servizio. Sono questi i Cau che confermiamo con maggiore convinzione e che hanno dato sistematicamente i risultati migliori”. 

Il secondo tipo di Cau introdotto è quello in prossimità dei Pronto Soccorso Dea (Dipartimento Emergenza e Accettazione) di primo e secondo livello degli ospedali provinciali o distrettuali, con l’obiettivo di sgravarli dei codici bianchi e verdi. “Su questa tipologia- aggiunge il presidente- il bilancio non è univoco in tutta la regione. In alcuni casi hanno ridotto significativamente gli accessi al PS e la loro funzione è stata ben compresa dai cittadini, in altri non abbiamo registrato analogo effetto e dobbiamo quindi migliorare la risposta.”

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 Infine, alcuni Cau sono stati introdotti in luoghi dove precedentemente non c’erano né Punti di primo intervento, né Pronto soccorso. “In questo caso- chiude de Pascale- per noi il modello da seguire è quello delle Case di comunità e delle Aggregazioni funzionali territoriali dei medici di Medicina generale, per ricondurre tutto a una gestione univoca nelle cure primarie”.



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