Palude Venezia, l’ex assessore davanti ai pm: «Ho ricevuto soldi e so spostare i voti, ma non esiste un sistema Boraso»

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«Nel mio incarico di assessore alla viabilità e infrastrutture ho gestito milioni di euro di fondi pubblici senza esercitare attività illecite; in tale mia veste non ho mai asservito funzionari pubblici a logiche contrarie alla legge ma ho sempre collaborato con loro in modo leale e disponibile.

Non sussistono agli atti del Comune di Venezia e della segreteria generale o direzione del Personale lettere di biasimo e segnalazioni nei miei confronti da parte dei dipendenti.

Non mi sono mai sentito asservito ad alcun imprenditore a riprova del fatto che non esiste un “sistema Boraso” ma ho solo risposto a semplici richieste di informazione di natura privilegiata da parte di alcuni imprenditori. Ho sbagliato certamente ma senza sentirmi attore di un sistema da me orchestrato».

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È il 27 settembre scorso e l’ex assessore Renato Boraso, in carcere da metà luglio (e ai domiciliari da novembre), compare per la quinta e ultima volta davanti ai pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini.

Una dichiarazione spontanea, la sua, che arriva dopo ore e ore di interrogatorio nelle quali i titolari dell’inchiesta Palude, che in estate ha terremotato il Comune di Venezia, hanno passato in rassegna – caso per caso – le numerose accuse di corruzione (tredici in tutto, compresa la presunta tangente per agevolare la vendita di palazzo Papadopoli) mosse dalla Procura di Venezia per oltre 750 mila euro di tangenti: soldi e favori ricevuti da imprenditori compiacenti, in cambio di interessamenti e pressioni sugli uffici comunali e le aziende pubbliche per la concessione di appalti o autorizzazioni edilizie.

Da sinistra Michele Zuin, Luigi Brugnaro e Luciana Colle nel 2019

Boraso, nel corso degli interrogatori, ha ammesso e di aver ricevuto danaro, di aver cercato informazioni e fatto pressioni, spiegando di aver commesso un «errore», ma lo ha legato alla sua attività, non ammettendo quindi apertamente le corruzioni.

Nello stesso ultimo interrogatorio, Boraso ripercorre anche i rapporti con l’impresa di vigilanza Castellano che – a detta dell’accusa – sarebbe stata aiutata nell’ottenere il servizio di controllo di Actv.

«Nel settembre 2022 Castellano mi ha chiesto di spendere una parola con il dottor Cacco per promuovere la sua ditta come impresa del territorio. Confermo di aver colloquiato con Cacco per promuovere il raggruppamento temporaneo d’impresa evidenziando il fatto che era impresa del territorio ma non feci altro». A novembre dello stesso anno, lo schema si ripete. Stavolta per un’altra gara indetta da Avm, per il servizio di portierato.

«Anche in questo caso ho trasmesso la richiesta a Cacco. È stato quindi Castellano nel gennaio 2023 a comunicarmi di aver vinto la gara, chiedendomi nel contempo se avevo personale da segnalargli poiché avevano difficoltà a reperirne».

Ancora una volta, emerge la presunta commistione tra affari pubblici e privati. In effetti, Boraso conferma di aver proposto all’impresa alcuni nominativi: uno però fu escluso per alcolismo, gli altri invece non passarono la selezione.

«Non ho mai ricevuto dazioni economiche da Castellano anche se nel 2022, spontaneamente, lui si offrì di far passare la vigilanza nel cantiere per la ristrutturazione di casa mia tenuto conto che vi erano stati in quel periodo diversi furti nei cantieri. Accettai la gentile offerta e credo di avere ancora i bigliettini di passaggio della vigilanza notturna».

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La contropartita, in questo come in altri casi, si poteva però incassare anche su un piano diverso da quello economico. Anche nel caso dell’impresa di Castellano, come già successo per Rossini di Open Service, per Boraso valeva «l’aspettativa che alla successiva elezione lo stesso, che ne era consapevole, avrebbe promosso presso i suoi dipendenti il voto in mio favore o della formazione politica che appoggiavo».

«Alle ultime elezioni del 2024», è ancora Boraso che parla davanti ai pubblici ministeri, «mi è stato chiesto di promuovere il voto per Fratelli d’Italia alle elezioni europee e prima ancora per Noi Moderati alle elezioni politiche del 2022 (la formazione politica creata dal sindaco, ndr).

Ma preciso che non sono iscritto e neppure militante di Fratelli d’Italia. Tale attività l’ho svolta anche quando non ero direttamente candidato, poiché ho un ruolo di opinion leader e un carnet di circa 2.500 contatti presso i quali promuovo me stesso o i candidati che scelgo di appoggiare».

Un modus operandi che, Boraso conferma, si sarebbe ripetuto anche alle prossime elezioni comunali, quanto meno nella municipalità della “sua” Favaro: «Ho una mia lista in Municipalità che si chiama Boraso Civica Popolare e con la quale sono stato anche eletto alle comunali del 2015 prendendo mille voti. Alle elezioni del 2025 avrei senz’altro ripresentato la mia lista in Municipalità, mentre per le Comunali avrei fatto le mie valutazioni dopo aver visto i candidati per la carica di sindaco».



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