I magistrati scioperano contro la riforma della giustizia

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Il disegno di riforma costituzionale della giustizia è passato in prima lettura alla Camera, ne servono quattro. Un testo blindato sottratto alla discussione del Parlamento, dei magistrati e dei giuristi, della società civile. Un progetto di riforma del potere giudiziario e non della giustizia, non avrà effetti sui tempi dei processi e sul funzionamento di procure e tribunali. Secondo Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, lo scopo e l’effetto di quel progetto sarà ridurre l’autonomia della magistratura e spostare l’azione dei pubblici ministeri sono il potere esecutivo. Un disegno assai diverso da quello delineato dalla Costituzione. Contro questo progetto il prossimo 27 febbraio i magistrati e le magistrate incroceranno le braccia, sarà l’inizio di una mobilitazione che porterà fino al referendum.

GIUSEPPE SANTALUCIA PRESIDENTE ANM
GIUSEPPE SANTALUCIA PRESIDENTE ANM (IMAGOECONOMICA)

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L’Associazione nazionale dei magistrati ha indetto una mobilitazione contro la riforma costituzionale della giustizia e il 27 gennaio i magistrati saranno in sciopero. Perché?

Perché è una riforma che altera un equilibrio consolidato tra i poteri dello Stato in danno dell’ordine giudiziario, che significa in danno della cittadinanza. Il perché è nelle premesse della riforma che prevede una forte attenuazione della indipendenza effettiva dell’ordine giudiziario, indipendenza che è precondizione per una giustizia eguale per tutti.

Presidente ma è una riforma della giustizia o è una riforma della magistratura?

Questo è il punto, è esattamente una riforma della magistratura. La riforma della giustizia intesa come servizio ai cittadini non viene nemmeno sfiorata da questa iniziativa legislativa che non si occupa del servizio e del suo miglioramento. Si occupa solo della giustizia intesa come potere nella relazione con gli altri poteri. L’intento è quello di chiudere una partita nata da Tangentopoli in poi, volendola chiudere a vantaggio della politica che ridimensiona il potere giudiziario.

Perché la separazione tra giudici e pubblici ministeri è pericolosa?

Perché una volta che il pubblico ministero è sottratto all’unica magistratura si creano le premesse per una diversa modulazione della sua indipendenza, della sua autonomia. Ad esempio, in altri Paesi in cui il pubblico ministero è separato dalla magistratura giudicante esiste una vicinanza al potere esecutivo. In Francia o in Germania il ministro della Giustizia può dare istruzione e ordini ai magistrati del pubblico ministero.

Oggi la polizia giudiziaria risponde ai pubblici ministeri, se questa riforma passasse cosa succederebbe?

Domani anche il pubblico ministero potrebbe essere in qualche modo molto più vicino alla sfera di influenza dell’esecutivo e perdersi quella distinzione tra polizia e pubblico ministero che oggi è marcata. Gli uni e gli altri sarebbero più o meno nell’area di influenza del potere esecutivo, la polizia giudiziaria fisiologicamente e il pubblico ministero attraverso una reinterpretazione del suo stato di indipendenza in termini qualitativamente diversi da quelli del giudice.

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Insomma, per far capire ai nostri lettori, oggi c’è l’obbligatorietà dell’azione penale cioè se un pubblico ministero è a conoscenza di un reato deve intervenire, deve indagare e deve procedere. Domani?

Domani questa obbligatorietà, pur non toccata sul piano normativo, verrà reinterpretata e attenuata. Già oggi abbiamo una legge dello Stato che può intervenire con i cosiddetti criteri di priorità dell’azione dicendo al pubblico ministero ciò che deve fare prima e ciò che deve fare dopo, domani questo tipo di indicazioni sarà ulteriormente rafforzata da un ministro.

La riforma prevede due Consigli superiore della magistratura, uno per i pubblici ministeri e uno per la magistratura giudicante, composti per sorteggio. Cosa vuol dire?

Significa indebolire il ruolo del Csm come oggi è stato vissuto e interpretato. Oggi il Csm è l’interlocutore dialettico del ministro sui grandi temi dell’amministrazione della giustizia. Domani ci saranno due Csm, ciascuno parlerà per la sua magistratura e nessuno sarà in grado di interpretare il ruolo di interlocutore dialettico che oggi il Consiglio Superiore esprime, quindi il ministro avrà necessariamente gioco forza una posizione rafforzata. Il sorteggio, poi, significa indebolire al suo interno il Consiglio Superiore della Magistratura, la componente politica sarà nominata col sorteggio temperato, sostanzialmente scelto dal Parlamento in seduta comune, e il sorteggio affida al caso la componente togata. I sorteggiati potranno essere più o meno attrezzati, più o meno consapevoli, più o meno capaci di essere all’interno del Consiglio Superiore una forza dialettica rispetto alle istanze della politica.

Il governo, la maggioranza di destra, affermano che questa riforma serve a sconfiggere le correnti. Ma cosa hanno di male le correnti?

Hanno molto di buono, hanno tenuto insieme tutta la magistratura nelle sue varie funzioni e nei suoi moltissimi mestieri. Le correnti hanno fino ad oggi impedito che la magistratura si frantumasse in corporazioni di interessi burocratico-funzionari, hanno conservato un’unità culturale all’interno della magistratura che ne ha fatto un corpo professionale all’altezza delle promesse costituzionali. Ovviamente non voglio negare gli errori che sono stati commessi, non voglio assolvere la magistratura che ha avuto delle cadute che tutti conosciamo, però questi meriti indubbi saranno spazzati via dalla riforma che porterà, appunto, ad un declino burocratico della magistratura, ciascuno si chiuderà nel proprio mestiere e nei propri uffici, ciascuno penserà alle proprie sorti di carriera. Proprio ciò che la Costituzione oggi vigente non vuole.

Mettiamoci dalla parte dei cittadini, quale riforma della giustizia servirebbe oggi?

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Servirebbe una riforma della giustizia che desse più risorse mentre l’ultima legge di bilancio contiene un ulteriore taglio finanziario per la giustizia. Abbiamo un processo telematico che è stato varato il primo giorno di gennaio e il giorno dopo ha mostrato tutte le sue pecche e le sue carenze, siamo dovuti ritornare al cartaceo in ben 87 Tribunali. Tutti i progressi che la giustizia ciononostante ha fatto si devono allo sforzo enorme dei magistrati. Esiste una carenza di risorse umane e materiali che fa paura ed è responsabilità del ministro di Giustizia.

Il 27 febbraio, lo abbiamo detto, sarà sciopero e poi?

E poi si vedrà. Lo sciopero non è un momento finale, è un momento che viene coltivato nella speranza che il Parlamento, la seconda lettura spetta al Senato, possa accorgersi e chinarsi sulle tante incoerente logico-giuridiche di quel testo e cercare di evitare che la blindatura ponga un velo su quel disegno di legge che arrivi a diventare legge costituzionale, riforma del Titolo IV senza una reale, franca e concreta discussione e confronto all’interno del Parlamento. La mobilitazione che abbiamo lanciato è anche in vista della consultazione referendaria, fortunatamente mancando i due terzi di maggioranza parlamentare, come Costituzione prevede la parola sarà ai cittadini e alle cittadine.

A proposito di Costituzione, quella italiana è fondata sul principio di bilanciamento dei poteri, sull’uguaglianza e sulla solidarietà. Qualora questa riforma dovesse passare che Costituzione avremmo?

Avremmo una Costituzione che avrà creato uno squilibrio tra poteri in cui il giudiziario sarà meno indipendente. Non so nemmeno se questo disegno reggerà alla prova dei fatti nella misura in cui il pubblico ministero verrà, paradossalmente, rafforzato in una sua dimensione burocratico funzionale, avrà un consiglio superiore con cui gestirà le carriere dei pubblici ministeri in solitaria, con una maggioranza di pubblici ministeri che creerà uno squilibrio tale che probabilmente bisognerà mettere in chiaro ciò che è sotto traccia, cioè un controllo politico sul pubblico ministero.



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