Intermediazioni su prestazioni mediche con esenzione IVA a rischio

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Nell’ambito del settore sanitario, può accadere che le prestazioni di servizi a carattere medico siano rese dai professionisti iscritti nell’apposito Albo per il tramite di un soggetto interposto che riceve dette prestazioni e le addebita, a sua volta, all’utente finale.

Si pensi al caso, frequente nell’ambito della radiologia, dell’ematologia o della cardiologia, di una società che si occupa di raccogliere i dati clinici dei pazienti per trasmetterli ai medici competenti cui è demandata la diagnosi e l’elaborazione del referto. La società intermediaria commissiona le prestazioni al professionista abilitato e, dopo aver ricevuto il servizio, lo “ribalta” al paziente (consumatore finale), aggiungendo un’ulteriore somma per la propria intermediazione.

Non sorgono dubbi in ordine al fatto che le prestazioni rese “a monte” possano beneficiare del regime di esenzione IVA ai sensi dell’art. 10 comma 1 n. 18 del DPR 633/72, in quanto, sul piano oggettivo, sono riconducibili a “prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona” e, sul piano soggettivo, sono materialmente rese da operatori sottoposti a vigilanza ai sensi dell’art. 99 del Testo unico delle leggi sanitarie ovvero individuati dal DM 17 maggio 2002, il quale a sua volta rinvia, tra l’altro, al DM 29 marzo 2001 (che include altri professionisti sanitari, quali fisioterapisti e logopedisti, o tecnici sanitari di laboratorio biomedico o di radiologia medica, iscritti nei rispettivi Albi).

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Più complessa è la valutazione del trattamento fiscale delle prestazioni rese “a valle”, quando il servizio sia reso non direttamente, ma per il tramite di una intermediazione (si pensi all’elaborazione di un referto effettuata da un professionista, ma offerta da una struttura sanitaria). Resta impregiudicato il requisito oggettivo ai fini dell’esenzione IVA, posto che l’operazione non necessita di un rapporto “diretto” (cfr. C.M. n. 13/1991) o di fiducia (Corte di Giustizia Ue 18 settembre 2019, causa C-700/17) tra il paziente e il prestatore, potendo, dunque, essere intermediata.

Deve, però, essere attentamente valutata la sussistenza del requisito soggettivo in capo al soggetto interposto, ossia il fatto che la prestazione sia resa nell’esercizio di arti e professioni sanitarie sottoposte a vigilanza del Ministero della Salute.

A questo riguardo, l’Amministrazione finanziaria si è espressa in più occasioni. Con la ris. n. 87/2006, è stato esaminato il regime applicabile alle prestazioni rese da una serie di laboratori associati che, dopo aver raccolto i campioni da esaminare, provvedevano a consegnarli a un laboratorio centralizzato incaricato di svolgere le analisi e di restituire i risultati. L’intera prestazione era poi fatturata dai laboratori associati ai clienti. In tale ambito, è rilevato che l’attività di diagnosi e cura delle persone è resa dal laboratorio centralizzato che effettua materialmente le analisi, unitamente al laboratorio che opera il prelievo, per cui, stante la stretta connessione tra le due prestazioni (analisi e prelievo), “anche le prestazioni rese dal laboratorio centralizzato agli associati, in presenza di tutte le altre condizioni di applicabilità della norma in esame” beneficiano dell’esenzione IVA. Una posizione simile è stata assunta nella ris. n. 128/2011, con riferimento a prestazioni mediche effettuate con l’intervento di soggetti che si interpongono tra il professionista sanitario e il paziente, affermando che il regime di esenzione vale sia nel rapporto “a monte” che in quello “a valle”, poiché, secondo l’Agenzia delle Entrate, l’esenzione deve essere valutata in relazione alla natura delle prestazioni fornite e ai soggetti che eseguono la prestazione, “a prescindere dalla forma giuridica che riveste il soggetto che la rende” (cfr. ris. n. 128/2011 che, sul punto, richiama Corte di Giustizia Ue causa C-141/00).

In seguito, l’Amministrazione finanziaria ha esaminato il più specifico caso in cui sussista un rapporto di mandato senza rappresentanza, avente ad oggetto prestazioni mediche.
Nella risposta a interpello n. 132/2020, è stato affermato che la società “intermediaria” emette fattura agli utenti finali in regime di esenzione IVA ex art. 10 comma 1 n. 18 “ricorrendone i presupposti applicativi”.

La portata di tale chiarimento sembra però essere stata decisamente ridimensionata dalla successiva risposta a interpello n. 857/2021 (il cui contenuto è stato ripreso nella risposta n. 179/2024), anch’essa riguardante prestazioni mediche rese da una società di servizi nell’ambito di un mandato senza rappresentanza. Secondo l’Agenzia, “solo in presenza di entrambi i presupposti – oggettivo e soggettivo – (…), le prestazioni che il mandatario rende per conto del mandante, spendendo il proprio nome, conservano la natura di prestazioni sanitarie esenti come per il mandante”.

A livello sistematico la più recente interpretazione della prassi amministrativa potrebbe apparire in contrasto sia con la finalità perseguita dalla norma di esenzione, che consiste nel ridurre il costo delle cure sanitarie e nel renderle accessibili, sia con il principio di neutralità fiscale, il quale “osta a che prestazioni di servizi di uno stesso tipo, che si trovano quindi in concorrenza tra di loro, siano trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’IVA” (Corte di Giustizia causa C-109/02 e cause riunite C-443/04 e C-444/04).



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