Le cronache hanno frequentemente riportato devastazioni nei Pronto Soccorso e atti di aggressione fisica e verbale, evidenziando una problematica ormai diffusa. Gli episodi non riguardano solo le grandi città, ma anche le aree periferiche, dove la carenza di risorse si fa sentire con maggiore intensità. Gli aggressori, nella maggior parte dei casi, sono pazienti o familiari esasperati dalla lentezza o dalla mancanza di risposte adeguate da parte del sistema sanitario.
Protezione con l’anonimato per i lavoratori aggrediti che denunciano, per evitare ritorsioni; supporto pieno -anche coprendo le spese legali- da parte delle aziende; aumento dei sistemi di videosorveglianza; formazione specifica per i ruoli più esposti; maggior coordinamento con le istituzioni che debbono assumersi l’onere di fronteggiare questa vera e propria emergenza, perché non si può andare al lavoro con il timore di essere aggrediti e picchiati.
Sono alcuni degli spunti emersi dal convegno organizzato dalla Cisl Firenze-Prato stamani all’ospedale di Careggi (Firenze) e che ha visto al centro i settori in cui il fenomeno è più pesante: sanità, trasporti, servizi e commercio.
Le aggressioni ai lavoratori, fisiche e verbali, sono infatti sempre più frequenti e quelle conosciute sono solo una minima parte, le più eclatanti e violente, perché ormai si ha paura di ritorsioni se si denuncia l’accaduto. Che il fenomeno sia esploso negli ultimi anni lo dicono i numeri: in Toscana le aggressioni a personale sanitario sono passate dalle 752 del 2020 alle 817 del 2021, alle 1258 del 2022, divenute poi 1112 nel 2023 e 1216 nei soli primi 9 mesi del 2024.Una crescita che si riscontra anche nei trasporti, dove le denunce sono particolarmente ridotte rispetto al totale dei casi e dove nel 2024 sui treni sono state denunciate 33 aggressioni (18 solo su Firenze), sui bus di Autolinee Toscana 30 (8 a Firenze), sulla tramvia di Firenze 3 (uno dei lavoratori aggrediti ha deciso per questo di licenziarsi) e perfino 2 aggressioni ai danni di addetti alla raccolta rifiuti di Alia.
Ma casi sempre più frequenti si registrano anche nel commercio e nei servizi: in particolare nelle aree di servizio autostradali, all’interno degli ospedali, nella vigilanza, nel servizio di guardiania e portierato.
Numeri trasformati in volti e storie dai racconti di aggressioni subite da David, capotreno FS a Santa Maria Novella, Stefania, infermiera della Asl Toscana Centro e Lina, addetta alle pulizie e sanificazione al nuovo ospedale di Prato.“La sicurezza -ha detto nella sua introduzione il segretario generale Cisl Firenze-Prato, Fabio Franchi– non è solo un tema della gestione politica e amministrativa di un territorio, ma è purtroppo diventato anche un tema sindacale.
Da domani alle nostre controparti dovremo chiedere anche un’adeguata sicurezza al momento dell’ingresso e dell’uscita dal lavoro, sistemi di video sorveglianza, la tutela legale di fronte ad episodi di violenza, di non discriminare professionalmente chi denuncia. La Cisl non ha mai cavalcato la facile onda della paura e questo incontro di oggi lo abbiamo pensato in un’ottica costruttiva: siamo qui per capire e trovare insieme strumenti per rendere più sicura la quotidianità di chi lavora.
Oggi è difficile trovare un lavoro e vivere di lavoro, visti i costi sempre più alti della quotidianità, ma lavorare non può essere anche pericoloso”.
Cause del fenomeno e possibili contromisure efficaci sono state al centro di una tavola rotonda, a cui hanno preso parte la sindaca di Firenze Sara Funaro, il questore di Firenze Fausto Lamparelli, il responsabile RSPP dell’AOU Careggi Fabrizio Dori, il presidente di Autolinee Toscane Gianni Bechelli, il segretario confederale Cisl nazionale Giorgio Graziani.
Il segretario della Fit-Cisl Toscana, Antonino Rocca, rivolge un appello in particolare al prefetto di Firenze, “al quale -dice- abbiamo da tempo chiesto un incontro, senza alcun riscontro. Dopo i protocolli col ministero dei Trasporti e i tavoli tematici aperti a livello nazionale su Tpl e ferrovie, vorremmo poter affrontare il problema anche qui. Ogni giorno ci sono aggressioni, fisiche e verbali, ma in pochissimi casi si arriva alla denuncia, in pratica solo quando ci sono conseguenze fisiche importanti. Perché i lavoratori hanno paura di essere rintracciati e subire ulteriori conseguenze. Per questo chiediamo che le aziende mettano in sicurezza i lavoratori anche nel momento delle denunce: bisogna poterle fare con il codice matricola e non con i dati personali, che potrebbero essere forniti dalle aziende alle prefetture. Insomma, chi denuncia non deve essere rintracciabile dagli aggressori”.
Per la segretaria della Cisl Funzione Pubblica Firenze-Prato, Raffaella Comodo, è “ormai improcrastinabile un’assunzione di responsabilità collettiva rispetto a questi episodi di violenza”. Comodo ha ricordato che “la Cisl Funzione pubblica Toscana ha messo a disposizione delle lavoratrici e dei lavoratori un numero telefonico (379-2581199, Lun-Ven 10-16) per dare ascolto a chi ha subito una violenza verbale e fisica, offrendo gratuitamente un aiuto anche in ambito legale”. Ed ha poi indicato come esempio positivo “le misure messe in atto dall’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi, dove viene garantito un servizio di tutela, in anonimato, nei confronti di quei dipendenti che hanno subito aggressioni; farsi carico di denunciare ed al contempo garantire l’anonimato nei confronti dell’aggredito facendosi ‘garante’ come azienda, è per noi un buonissimo segnale di impegno concreto”.
Per il segretario della Fisascat-Cisl Firenze-Prato, Gianni Elmi Andretti, “prima di tutto dobbiamo creare una cultura del rispetto, non solo nei luoghi di lavoro, ma nella società intera. E poi formare i lavoratori per aiutarli a riconoscere e affrontare situazioni di pericolo, collaborare con le aziende e le istituzioni per garantire ambienti di lavoro più sicuri e protetti, sostenere chi subisce aggressioni, incoraggiando a denunciare e offrendo il massimo supporto, compreso il sostegno per le spese legali, perché nessuno deve sentirsi solo davanti a queste difficoltà. Le denunce dovrebbero partire in maniera collettiva per evitare ritorsioni su chi denuncia e dovrebbero essere portare avanti dalle aziende e dalle committenze, sia nel pubblico che nel privato”.
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