I Pinocchi nostalgici: alla ricerca di un centro perduto

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L’ultima tornata di riflessioni politiche in Italia ha riportato al centro del dibattito la questione del “centro”, con toni che oscillano tra nostalgia e pragmatismo. Due eventi paralleli, tenutisi il 18 gennaio 2025 a Milano e Orvieto, hanno visto Romano Prodi, Enrico Maria Ruffini e Paolo Gentiloni discutere della necessità di una riformulazione strategica per il centrosinistra. Sullo sfondo, l’uscita del libro Cattolici al centro di Giorgio Merlo (Marcianum Press, 2025), che ha alimentato il confronto politico.

Il ritorno del centro: nostalgia o necessità?

La riflessione di Romano Prodi è emblematica: “Se si vuole vincere le elezioni c’è bisogno della sinistra e di una parte che va al centro.” Il padre dell’Ulivo ha sottolineato come il Partito Democratico, pur essendo un’àncora necessaria, non basti più a garantire la vittoria. Un richiamo che sembra riecheggiare le nostalgie di un’epoca in cui la Democrazia Cristiana e il proporzionale rappresentavano la stabilità del sistema politico italiano. Tuttavia, la domanda che sorge spontanea è: questo centro esiste ancora, oppure è solo un Pinocchio che cerca disperatamente di tornare bambino?

I nodi sollevati durante la presentazione del libro di Merlo sono di cruciale importanza. Pierferdinando Casini e Paolo Barelli hanno ribadito che la stagione della DC è stata straordinaria, ma non replicabile, mentre Rosy Bindi ha ammonito contro facili accostamenti tra i diversi approcci interni al centrosinistra.

Le contraddizioni del bipolarismo e l’astensionismo

Un altro tema emerso con forza è stato quello dell’astensionismo, ormai diventato il vero “partito di maggioranza”. Giuseppe Fioroni ha messo in evidenza come il bipolarismo forzato abbia prodotto un elettorato sempre più disaffezionato, incapace di riconoscersi in schieramenti ideologicamente rigidi. La mancanza di una proposta politica inclusiva ha condotto a un degrado della democrazia rappresentativa, con i cittadini che osservano da lontano le dinamiche parlamentari senza sentirsi realmente coinvolti.

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Ma chi deve colmare questo vuoto? Il “centro” invocato da Merlo e da Prodi non sembra più in grado di interpretare la complessità di un mondo in rapido cambiamento. Se da una parte si denuncia l’immobilismo del PD, dall’altra resta irrisolta la questione di come attrarre i cittadini senza riproporre vecchie formule che sanno di naftalina.

La stramba connection tra sinistra e Chiesa: un nuovo volto per il centro?

A complicare ulteriormente il quadro, si aggiunge la singolare alleanza tra la sinistra “radical chic” e la Chiesa cattolica. Un legame mediatico sempre più evidente, come dimostrato dalla recente ospitata di Papa Francesco a Che tempo che fa, trasmessa il 19 gennaio 2025. Per la terza volta, il Pontefice ha dialogato con Fabio Fazio, suscitando reazioni contrastanti. L’evento ha confermato il crescente avvicinamento tra il progressismo televisivo e le istanze della Chiesa di Francesco, il quale continua a sfidare le tradizioni con un approccio diretto e popolare.

Tuttavia, questa sintonia tra la sinistra mediatica e la Chiesa viene vista con sospetto da molti cattolici moderati, che temono una strumentalizzazione politica del messaggio evangelico. Le critiche si concentrano sul rischio di trasformare il centro cattolico in una mera appendice della sinistra, anziché in un laboratorio autonomo di pensiero e proposta.

Conclusioni: chi tira i fili di Pinocchio?

Nel romanzo di Collodi, Pinocchio desidera ardentemente diventare un bambino vero, ma è costantemente trattenuto dalle sue marachelle e dalla sua ingenuità. Oggi il “centro” politico italiano sembra vivere una situazione analoga: una nostalgia per i tempi che furono, mescolata all’incapacità di costruire un’identità politica moderna e autonoma.

Se Prodi, Ruffini e Gentiloni puntano a un nuovo equilibrio tra sinistra e centro, sarà cruciale evitare di cadere nei tranelli del passato. L’Italia di oggi è diversa, e il centro non può più essere solo un rimedio nostalgico. Servono idee nuove, visioni coraggiose e soprattutto la capacità di parlare a un elettorato sempre più frammentato e disilluso.

Il rischio, altrimenti, è quello di rimanere solo burattini in un gioco politico che ha già voltato pagina.



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