In un’ordinanza pronunciata a conclusione di una vicenda seguita dallo Studio, la Suprema Corte rigetta il ricorso presentato da una Curatela fallimentare volto a dichiarare la nullità del contratto di mutuo fondiario, confermando ancora una volta il filone giurisprudenziale che ritiene “il limite di finanziabilità di cui all’articolo 38, secondo comma, del d.lgs. n. 385 del 1993, non [essere] elemento essenziale del contenuto del contratto”.
Corte di Cassazione, Prima Sez. Civ., ordinanza n. 34760 del 28.12.2024, Pres. Est. Francesco Terrusi
La Suprema Corte torna a pronunciarsi ancora una volta in merito alla nullità dei contratti di mutuo fondiario stipulati ai sensi dell’art.38 ss. TUB, confermandone la piena validità giuridica pur avendo la Banca o l’Istituto di credito violato, eccedendolo, il limite di finanziabilità previsto dal comma 2 del medesimo articolo. La Cassazione si ricollega al principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 33719/2022, le quali statuiscono che in tema di contratto di mutuo fondiario “il limite di finanziabilità di cui all’articolo 38, secondo comma, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto”. La pronuncia rigetta il ricorso per manifesta infondatezza, confermando così l’ordinanza emessa dal Tribunale di Livorno con la quale è stata preservata la validità del contratto di mutuo fondiario, operando una riqualificazione dello stesso in mutuo ipotecario ordinario.
Nel caso di specie, con il decreto di esecutività dello stato passivo del Fallimento il Giudice Delegato del Tribunale di Livorno aveva negato la natura privilegiata ipotecaria del credito della società con contestuale sua ammissione in via chirografaria, accogliendo in tal modo l’eccezione di nullità del mutuo fondiario mossa dal Curatore per violazione dell’art. 38, co. 2, TUB. Nello stesso decreto, il Giudice aveva dichiarato l’impossibilità di procedere alla conversione in mutuo ipotecario ordinario, in mancanza della dimostrazione dei relativi presupposti da parte del creditore.
Quest’ultimo, tuttavia, risultava vittorioso nel seguente giudizio di opposizione allo Stato passivo, all’esito del quale il Tribunale ha optato per la soluzione “intermedia”, consistente nella riqualificazione del contratto di mutuo fondiario eccedente il limite di finanziabilità in un contratto di mutuo ipotecario ordinario “per carenza dei requisiti normativi, con esclusione quindi della disciplina speciale fondiaria e dei relativi “privilegi”, attraverso una semplice e ragionevole operazione di corretta sussunzione giuridica della concreta fattispecie negoziale in relazione all’accertamento della sussistenza (o meno) dei presupposti legali per l’applicazione di una determinata disciplina, ma senza muovere da una radicale ed assoluta nullità “virtuale” dell’intero contratto, salvo riconversione con vaglio dei relativi requisiti”.
Quanto sancito dal Tribunale è stato infine confermato con la recente ordinanza della Suprema Corte che ha rigettato il ricorso del Fallimento ricorrente, il quale denunciava la «violazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 38 TUB, integrato dalla normativa regolamentare di riferimento, […], all’art. 1418 c.c., e vizio di sussunzione, per avere il Tribunale escluso che la violazione del limite di finanziabilità comporti la nullità del mutuo fondiario e ricondotto la fattispecie alla disciplina del mutuo ipotecario ordinario”.
La Suprema Corte ritiene tale motivo “infondato, perché la decisione impugnata è – nella parte che conta – in linea con il sopravvenuto orientamento interpretativo fissato nella sentenza n. 33719/2022 delle Sezioni Unite di questa Corte”, il cui principio di diritto viene richiamato altresì nel corpus dell’ordinanza: «In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all’articolo 38, secondo comma, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione – qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell’ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. articoli 51 ss. e 53 t.u.b.) – la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l’interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito».
La Suprema Corte conclude col ritenere “Il principio di diritto affermato dalla Sezioni Unite […] decisivo nel caso in esame, non potendosi attribuire alcuna sostanza al tentativo di distinguere le fattispecie concrete abbozzato nella memoria illustrativa del fallimento.”
Del resto, l’esigenza di utilizzare parametri prudenziali nella valutazione del travolgimento o meno degli effetti del contratto era stata ribadita altresì dal Tribunale in sede di opposizione, affermando che la conseguenza della nullità del contratto per effetto della violazione di una norma meramente specificativa sarebbe “contrario alla ratio dell’art. 1424 c.c., che si ispira ai principi fondamentali di conservazione negoziale e di tutela secondo buona fede della volontà dei contraenti.” (Trib. Livorno, ord. n. 2232 del 17.12.2021).
Se, da un lato, la ratio sottesa alla giurisprudenza in questione è quella di adottare una logica prudenziale in tema di vanificazione degli effetti contrattuali, dall’altro lato, è importante ricordare che la disciplina ex artt.38 ss. TUB ha precipuamente la funzione di attribuire una serie di incentivi e privilegi ad una certa tipologia di contratti di mutuo, quale quello fondiario; pertanto, se questo viene stipulato in violazione alla relativa disciplina, la logica – ed unica – conseguenza è la decadenza da detti privilegi, e non anche il travolgimento dell’intero contratto. In proposito, il Tribunale di Livorno afferma che il superamento del limite della finanziabilità “non determina […] la caducazione integrale del negozio ma, semplicemente, la perdita della connotazione di “specialità” e dei correlati “benefici”, con riconduzione della fattispecie nell’ambito della generale e di per sé lecita attività di finanziamento con garanzie ipotecarie anche diverse da quelle dell’art. 38 TUB.”
L’ordinanza, pertanto, si inserisce in termini rafforzativi all’interno di un filone giurisprudenziale volto ad affermare chiaramente la validità del contratto di mutuo fondiario eccedente il limite di finanziabilità ex art.38, comma 2, TUB.
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