Meloni al bivio su Santanchè. Le opposizioni: «Si dimetta»

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Di ritorno da Washington Giorgia Meloni deve affrontare la grana Santanché, rinviata a giudizio nel processo Visibilia e adesso oggetto di una mozione di sfiducia individuale presentata dal Movimento 5 Stelle. «Se pensano di far finta di nulla come al solito si sbagliano di grosso – dice il leader Giuseppe Conte – Meloni urlava allo scandalo e chiedeva dimissioni per tutti, ma ha perso di nuovo la voce di fronte ai suoi amichetti di partito? Da mesi deve imporre a Santanché di uscire dal governo».

LA PRESIDENTE del consiglio è notoriamente contraria a rimescolare le carte del suo governo e non vuole neanche sentire la parola «rimpasto», che associa alle fibrillazioni degli esecutivi deboli e che rischia di aprire il vado di Pandora delle pretese degli alleati. Ma ha sempre detto che in presenza di fatti nuovi avrebbe preso in mano la situazione e valutato il da farsi. Per una valutazione della posizione del ministro potrebbe essere decisivo il pronunciamento della Cassazione del prossimo 29 circa la competenza del tribunale sulle accuse di truffa aggravata ai danni dell’Inps. Dunque, Meloni potrebbe temporeggiare, in attesa di ulteriori sviluppi circa i guai aziendali che coinvolgono la ministra oppure favorire un passaggio di consegne rapido e indolore, sul modello di quello avvenuto quando Gennaro Sangiuliano ha lasciato la delega alla cultura ad Alessandro Giuli. In questo caso, il testimone del turismo andrebbe a Gianluca Caramanna, deputato e responsabile del dipartimento Turismo di Fratelli d’Italia.

A PEGGIORARE la situazione di Santanchè sono arrivate le motivazioni alla sentenza che ne ha sancito il rinvio a giudizio. Secondo la gup Anna Magelli, «il modello organizzativo e di gestione» di Visibilia Editore spa e Visibilia Editrice srl evidenzia «assetti organizzativi, contabili e amministrativi inadeguati» che hanno «certamente consentito la commissione» dei reati di falso in bilancio dal 2016 al 2023 «nonché la commissione di altrettanti illeciti amministrativi». Nella sentenza di 13 pagine si evidenzia come nella decisione sul rinvio a giudizio di Santanchè, che ha fondato il gruppo editoriale e da cui ha dismesso le cariche nel 2022, pesa la gestione di entrambe le società editoriali: gli ex vertici si sarebbero mossi, per anni, per coprire le perdite.

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«NON POSSIAMO permetterci alla promozione del turismo una ministra rinviata a giudizio per falso in bilancio e con una pesantissima inchiesta per truffa allo Stato sui fondi Covid» attacca ancora Conte. La richiesta dei 5 Stelle trova il consenso di Alleanza Verdi Sinistra: «In un paese normale le dimissioni della ministra Santanchè sarebbero un atto dovuto – afferma il capogruppo Avs al Senato Peppe De Cristofaro – Meloni, volata a Washington da Trump, continua a prendere tempo. Eppure dall’opposizione ha chiesto la rimozione di ministri per molto meno». I rossoversi hanno chiesto le dimissioni della ministra per la vicenda Visibilia lanciando una una petizione online ha superato le 60 mila firme: 10 mila adesioni sono arrivate solo negli ultimi due giorni». Per De Cristofaro, Santanchè «non può più fare la ministra: ha mentito al parlamento e al paese e rappresenta l’intreccio perverso tra interessi affaristici e politica. Meloni ha sempre detto che non ha interessi personali da difendere e di non essere ricattabile, lo dimostri». Sostanziale adesione +Europa: «Chiediamo le dimissioni di Santanchè per motivi politici da molto tempo – dice Riccardo Magi – Ha fallito ed è anche gravata da conflitto di interessi su materie di cui dovrebbe occuparsi e si è occupato il suo ministero. Oggi si aggiunge un motivo di un’opportunità politica, lo diciamo da garantisti affinché si possa meglio difendere nel processo non imbarazzando le istituzioni». E il Pd? Ieri la responsabile giustizia Debora Serrachiani ha ribadito: «Chiediamo le dimissioni di Daniela Santanchè. Le abbiamo chieste anche prima del rinvio a giudizio perché riteniamo che quello per cui viene indagata è un fatto importante sul quale la presidente del consiglio deve riflettere». La palla è nel campo di Meloni. Che nella conferenza stampa di inizio anno aveva assicurato che in caso di rinvio a giudizio ne avrebbe «parlato» con la ministra.



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