di Marco Della Luna
In generale, i rapporti internazionali non sono dettati da simpatie o antipatie, amicizie o inimicizie -questo lo si fa intendere al grande pubblico, affinché si immagini tutto in termini “morali”, personificanti, e non capisca la realtà-, ma da interessi pratici; e le guerre non si fanno per motivi ideologici, religiosi, razziali, bensì per esigenze di espansione economica e strategica o di traslazione all’esterno di conflitti interni.
Le uniche due potenze che attualmente potrebbero scatenare un conflitto tale da minacciare l’Italia e l’Europa occidentale sono gli Stati Uniti e la Cina. I primi, perché hanno necessità di espandere la loro area di controllo finanziario onde sostenere le norme indebitamento pubblico e il gigantesco indebitamento estero, assieme alla lunga e incerta reindustrializzazione e di mantenere a dollaro il ruolo di moneta di riserva, per poter continuare a importare un multiplo di ciò che esportano – cioè a “vivere anche con una rendita di posizione” di parte del mondo. Dopo decenni di espansione verso est attraverso la NATO, contavano di prendersi le risorse dell’Ucraina, stimata in 34.000 miliardi, ma non ci riescono e pertanto, al fine di mantenere al dollaro il ruolo di moneta assoluta anziché relativa, vogliono prendersi risorse dagli alleati: Messico, Panama, Canada, Groenlandia, Unione Europea (con le sanzioni alla Russia e il sabotaggio del Nordstream).
La Cina può dar luogo a una guerra ampia perché ha bisogno di espandersi per sostenere o recuperare il suo ritmo di sviluppo economico, Ma, stante la sua distanza geostrategica, essa non ci minaccia. In conclusione, a minacciarci sono soltanto gli USA, contro cui non è possibile difendersi sul piano militare, se non aderendo ai Brics.
La Russia, invece, non è una potenziale minaccia perché non ha alcun bisogno di espandersi, avendo una popolazione di soli 145 milioni su un territorio di 17 milioni di chilometri quadrati con immense risorse naturali da sfruttare, e abbisognando pertanto di coltivare le proprie infrastrutture interne anziché disperdersi in azioni esterne, importando competenze e tecnologie – quindi, lungi dall’essere un nemico, è il partner ideale e naturale per noi.
Pertanto la richiesta di aumentare le spese per gli armamenti portandole al 5% del bilancio nazionale in funzione anti russa sono infondate e pretestuose, andando semmai a beneficio dell’Industria degli armamenti statunitensi e a danno della già asfittica economia europea.
È probabile, soprattutto se consideriamo i precedenti storici delle due guerre mondiali, che la strategia di Washington sia attualmente di distanziarsi dal conflitto ucraino e contemporaneamente di spingere l’Europa occidentale, attraverso l’azione dei suoi governanti europei fedeli alla Casa Bianca, da Starmer a a Macron a Meloni, a coinvolgersi direttamente nel medesimo conflitto, al fine di portarla a una situazione di emergenza che giustifichi un intervento diretto di Washington in suo soccorso. Tale intervento si concluderebbe con un accordo con mosca sulla testa degli europei e si tradurrebbe in una specie di Piano Marshall per l’Unione Europea, economicamente sabotata, e per quanto rimasto dell’Ucraina, così da asservire completamente l’economia compromessa di questi paesi agli interessi del dollaro consentendo a quest’ultimo di mantenere un’ampia quota globale come moneta di riserva. Al sabotaggio dell’economia europea lavorano alacremente e con successo gli eurocrati e diversi leaders nazionali, attraverso l’attacco all’industria automobilistica, al patrimonio immobiliare, al commercio con la Russia.
Ricordiamo che, in occasione della Prima Guerra Mondiale il presidente Wilson si fece garante della non belligeranza mentre preparava il pretesto per entrare in guerra in una Europa oramai svenata, e fare la parte del leone, avviando lo spostamento dell’impero britannico.
Ricordiamo anche che, nel primo dopoguerra, la grande finanza USA, anche attraverso la costituzione della banca dei regolamenti internazionali, da un lato alimentò l’iperinflazione in Germania e dall’altro sovvenzionò la sua rinascita industriale sotto il nazismo, che poi sostenne fin verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, guerra che si concluse con una nuova vittoria strategica degli USA, il loro completo subentro all’Impero britannico e la sottoposizione di molti paesi europei ed extra europei alla posizione di vassalli, tenuti ad accettare il dollaro come moneta di riserva ad obbedire nelle sue direttive in materia di politica estera nonché, in certi casi, interna.
L’amministrazione Biden tentava di assicurarsi le grandi risorse naturali ucraine scaricando i costi e i rischi dell’espansione a est e della guerra sui vassalli europei, che sfruttava anche attraverso le sanzioni grazie a cui imponeva loro di comperare il gas USA a prezzo moltiplicato in modo da attrarre a sé, sottraendoli ai detti vassalli, industrie e investimenti in cerca di energia a basso costo. Ma questa strategia non ha funzionato perché la guerra è persa e perché, mentre è facile rendere non competitiva l’industria europea aumentandole i costi per l’energia e togliendole il mercato russo, non è facile reindustrializzare un paese in cui nel tempo sono andate perdute le competenze del facere.
L’amministrazione Trump, invece, si è preannunciata con proclami aggressivi in termini daziari e territoriali verso Canada, Messico, Panama, Groenlandia, Cina e altri che dovessero disertare dal dollaro; nonché con pretese di maggiori spese militari da parte dei vassalli europei come condizione per mantenere la superflua e indesiderabile “protezione” (che sempre più sa di protezione forzata) di Washington. Intanto Giorgia stringe oltremodo il legame con Elon – uomo di famiglia tradizionalmente malthusiano-eugenetista. Tale aggressiva baldanza di Trump verso mezzo mondo o più, è certamente un atto di psicologia politica, in quanto attiva il delirio di persecuzione degli statunitensi, popolo benedetto e con vocazione eccezionale a democratizzare il mondo, quindi da tutti invidiato e insidiato. Lo attiva e lo lega alla figura presidenziale. Poi si vedrà se Trump andrà oltre questa piuttosto elementare psy op ed effettivamente assumerà quelle iniziative, esponendo gli USA e il mondo a imprevedibili conseguenze. Non necessariamente alla guerra mondiale: la Cina potrebbe reagire interrompendo la fornitura di certi semilavorati, così da mettere in ginocchio mezza industria occidentale. Potrebbe non comperare più o anche vendere i T-Bonds. Trump potrebbe reagire ripudiando il debito in mani ostili. E via col vento.
Prospettive completamente diverse si aprirebbero qualora invece negli USA avvenga un fatto estremamente grave e lacerante, che li precipiti in un conflitto interno distogliendoli dalle imprese esterne e dal difendere il dollaro come moneta di riserva.
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