Open Project inaugura la nuova sede a Bologna

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Open Project inaugura la nuova sede a Bologna, dopo aver completato un importante restyling durato un anno. Un trasferimento di sede che non vuole essere un punto di arrivo ma una tappa nel percorso evolutivo e nella crescita continua che accompagna lo studio da quattro decenni e che cade proprio nell’anno della celebrazione dei 40 anni dalla fondazione dello studio.

Il nuovo quartier generale dello studio – in via Dolfi – è uno spazio dalle caratteristiche uniche, poggiato sulle mura di cinta della città, tra Porta Lame e Porta San Felice e a pochi passi dal MAMbo, il Museo di Arte moderna di Bologna; è ancora oggi visibile la struttura geometrica delle mura nelle tre arcate del piano terra, così come nell’area scoperta esterna all’edificio, oggi utilizzata come parco pubblico. Si tratta di un complesso architettonico eretto nel XVI secolo che un tempo era la Chiesa della S.S. Trinità con annesso oratorio e ospedale, una delle dodici chiese edificate sulla terza cerchia muraria della città, situato fra il centro storico e quella che prima era la campagna, che oggi è l’espansione ovest dell’area metropolitana di Bologna.
Uno spazio di 1.200 metri quadrati per tre piani, sui quali lo studio è intervenuto sia dal punto di vista strutturale e di ammodernamento, sia di restauro dei tanti elementi di pregio architettonici e decorativi, per un’attività di riqualificazione durata 12 mesi.
Nel corso del tempo il locale ha vissuto molte vite, passando dall’essere una chiesa a un locale da ballo e, successivamente, una falegnameria. L’intervento di Open Project è stato focalizzato sulla realizzazione di un equilibrio attento tra rinnovamento e rispetto dell’antico, per creare un ambiente contemporaneo nella funzionalità e nella cifra stilistica, puntando allo stesso tempo a valorizzare la sua importante stratificazione storica. Un equilibrio complesso a realizzarsi, dal momento che ha previsto la conciliazione delle esigenze spaziali e tecniche di un ufficio contemporaneo con le caratteristiche di un edificio antico, e che ha portato all’ammodernamento dell’impiantistica e del progetto dell’acustica, con allestimenti interni funzionali, come il grande acoustic box per riunioni, e gli arredi. In particolar modo al piano terra il box, realizzato su disegno dello studio, consente di avere uno spazio raccolto senza interrompere la visibilità del volume originario mentre nella sala principale al primo piano, dove il soffitto supera i dieci metri di altezza, la parete è stata mantenuta grezza per enfatizzare la stratificazione del luogo nel corso dei secoli. Tutte le postazioni sono in open space per favorire il confronto continuo e la condivisione, caratteristiche che da sempre sono cruciali nell’attività progettuale di Open Project. Un approccio progettuale che ritroviamo nelle diverse aree dello studio, con spazi che consentono di lavorare in team, fare riunioni allargate e un’area break che favorisce la socialità.
Durante i lavori di ristrutturazione è stato rinvenuto un doppio ordine di affreschi, visibili nella sala principale al primo piano e una targa in pietra che rievoca la storia dell’edificio esposta all’interno nell’ingresso.

La sede di via Dolfi rappresenta per Open Project non solo il suo nuovo headquarters ma anche il luogo di confronto di talenti nell’ambito del design, dell’arte, dell’innovazione; sono infatti in programmazione per il 2025 eventi, mostre e talk che faranno della nuova sede dello studio un hub creativo, in cui sarà possibile proseguire il percorso di confronto e di sconfinamento fra discipline differenti iniziato nel 2024 con gli incontri di “Per qualcuno può essere lo spazio”, con l’obiettivo di esprimere un pensiero trasversale e molteplice sulla realtà attuale e sulle sfide che il futuro prospetta.

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Il 22 novembre, dalle 17,30 alle 18, si è tenuto l’opening dei nuovi uffici con studio visit dedicato ai giornalisti. A seguire, all’interno del talk moderato dal Prof. Aldo Norsa, è stata presentata la prima monografia dello studio dal titolo “Immaginare, progettare, costruire”, pubblicata da Danilo Montanari Editore e acquistabile in librerie selezionate. Insieme a Maurizio Piolanti e Francesco Conserva, rispettivamente Presidente e Vicepresidente di Open Project, e agli autori del libro Maria Beatrice Bettazzi e Piero Orlandi, sono state tracciate le fila del percorso lungo quattro decenni, che ha condotto lo studio, dal momento della sua fondazione da parte di Silvio Antonio Manfredini e Romano Piolanti a oggi, a essere fra le prime firme di architettura e ingegneria in Italia, grazie al suo modus operandi, alla forza di un team folto e multidisciplinare formato da oltre 50 professionisti, a un approccio aperto alla ricerca e all’innovazione. Durante il talk è stata sottolineata la grande attenzione alla ricerca e alla sostenibilità, cosa che ha permesso allo studio di essere precursore nell’uso strumenti tecnici e risultati pioneristici e di avere al suo attivo alcune fra le prime realizzazioni in Italia con certificazioni internazionali. È stata ripercorsa la storia dello studio, attraverso alcune opere iconiche nel mondo e nel territorio emiliano, fra le quali la Torre Unipol, che è oggi un vero landmark identitario dello skyline di Bologna, la Manifattura Bulgari nel distretto orafo di Valenza, la Civica Pinacoteca Il Guercino di Cento, ma anche la piazza denominata Respiro a San Lazzaro di Savena; per lo student housing è stato ricordato The Social Hub Bologna (prima The Student Hotel) e il progetto in progress di riconversione di immobili in studentati di Kryalos in via Gramsci a Bologna e, relativamente ai workspaces, la nuova sede di Prometeia.

In occasione dell’inaugurazione della nuova sede viene anche presentata la mostra fotografica “Frames of Identity: 40 Years of Architecture”, che raccoglie alcune fra le immagini più iconiche delle opere di Open Project. La grande sala centrale al secondo piano del nuovo headquarters è stata allestita con la mostra di fotografie d’autore, ognuno dei quali dà un punto di vista nuovo dei progetti più rappresentativi dello studio, realizzati nell’arco di quattro decenni, che hanno creato una nuova identità del quartiere e della città in cui sono inseriti, innestandosi nello skyline urbano, di cui sono oggi parte fondamentale ed elemento di riconoscibilità. Sono esposte fotografie di Giacomo Albo, Andrea Brintazzoli, Luca Capuano, Daniele Domenicali, Juergen Eheim, Open Project, Beppe Raso, Vincenzo Ruocco, Ingrid Taro. Non solo fotografia. Ad accompagnare la mostra collettiva con gli scatti dei fotografi ci sono anche le opere d’arte e di graphic design di Cesare Lavel Francia con la sua “Torre Unipol”, Paolo Ventura con “La Torre” e Francesco Amura, in arte Creating Monkey, con “The Bologneser No94” oltre ai render di Studio Engram. Con “Frames of Identity: 40 Years of Architecture” Open Project inaugura la nuova sede anche come spazio aperto a mostre ed eventi culturali, confermando la volontà di fare dei nuovi locali un punto di incontro e hub creativo aperto alla città. La mostra è aperta al pubblico fino al 28 febbraio, tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 17.

 

 

 





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