Caos treni, Salvini insiste sul sabotaggio in Aula e accusa: “Non taccio sui ritardi, ma negli anni scorsi coi ministri Pd e M5s era peggio”

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Insiste con la rete ferroviaria sotto attacco, tirando in mezzo anche una vecchia dichiarazione di Matteo Renzi, e accusa i suoi predecessori di Pd e M5s di aver fatto molto peggio sulla percentuale di treni in ritardo. Usa i cantieri per investire i soldi del Pnrr e gli scioperi come sponda per giustificarsi, riesuma perfino la vicenda Open Arms per assicurare di avere le “spalle larghe” e tira bordate al segretario della Cgil Maurizio Landini e a chi tra le opposizioni ha “le richieste di dimissioni con il ciclostile”. Il lungo silenzio di Matteo Salvini sul caos dei treni finisce dopo settimane e diverse richieste delle minoranze. Il ministro dei Trasporti presenta la sua informativa alla Camera e, un po’ a sorpresa, tiene i toni bassi. La linea è: scaricare le responsabilità.

Nessun colpo di teatro, qualche attacco a testa bassa e perfino l’elogio dei deputati di minoranza che “collaborano”, dice, presentando proposte e ordini del giorno. Chi si aspettava un Salvini furibondo resta deluso. Il vice-premier attacca ma non affonda, si difende con la stampella dell’esposto del Gruppo Ferrovie dello Stato e anche i suoi toni quasi compassati. Serenità o difficoltà? Di certo, i ritardi sono innegabili perfino per Salvini. Dimentica però i problemi di ottobre, il famoso “chiodo” di Roma, il disastro dello scorso agosto con i lavori comunicati last minute a migliaia di persone in partenza per le vacanze.

La rete ferroviaria è “oggetto di attacchi”, è il primo affondo. E lo sarebbe da anni, sostiene: “Lo ribadì anche un premier passato che nel 2014 disse: ‘È in atto una operazione di sabotaggio contro le strutture ferroviarie, è evidente’. Poi come le altre cose dette quel premier, alle parole non seguirono i fatti”. Un chiaro riferimento a Renzi, che l’11 gennaio – in occasione dei disagi nel nodo di Milano – lo aveva duramente attaccato parlando di un ministro “incapace e che porta sfiga”. La vicenda dell’incendio doloso a Bologna vecchia di dieci anni – e raccontata male, come gli ha ricordato Italia Viva perché il ministro dei Trasporti era Maurizio Lupi e parlò di “terrorismo”, con Renzi che depotenziò la vicenda a sabotaggio – serve per accreditare come i guasti e le rotture di questi mesi siano frutto di un ‘manina’: “Guarda un po’, dopo gli esposti non si sono più verificati...”, butta lì Salvini prima di ripercorrere l’elenco dei problemi che vanno dal 28 novembre al 16 gennaio. Nulla di nuovo: si tratta del contenuto dell’esposto di Ferrovie. Fuori resta il famoso “chiodo” di ottobre che paralizzò Roma e altre decine di inconvenienti di questi mesi.

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Il resto è la consueta tiritera: i 1.200 cantieri aperti che “nel 2020 erano 983”, i treni in circolazione aumentati del 15% rispetto all’ottobre 2022 e arrivati a picchi di 10.252 in un solo giorno. “Tutti questi cantieri possono avere ricadute sulla circolazione”, anche perché – lo rivendica – “a differenza di altri Paesi dove sospendono per mesi la circolazione, qui la chiusura delle linee è sempre per brevi periodi” quando non solo nelle fasce notturne. “Non intendo tacere sul tema dei ritardi: i cantieri possono provocarli”, ammette senza interrogarsi se la scelta del management di aumentare il numero di Frecciarossa in un momento di lavori straordinari sia stata azzeccata.

Il resto è tutta un’accusa ai suoi predecessori e alle opposizioni. “In Germania il 35% dei treni viaggia con ritardo, qui l’Alta Velocità ha un indice di puntualità del 75%. Se questo è il nocciolo delle polemiche, negli ultimi anni i risultati peggiori si riferiscono al 2018 – sostiene – quando i ministri dei Trasporti erano del Pd e del M5s e poi nel 2020 con ministro del Pd. Non mi pare ci fosse una campagna di questo genere”. E poi la frecciata a Landini: “Nel 2024 ci sono stati 626 scioperi, più di uno al giorno. Per questo io sono intervenuto con la precettazione: per me la tutela dei lavoratori è sacrosanta ma anche quella dei viaggiatori è una priorità. Se ne farà una ragione chi invoca la rivolta sociale e chi ha convocato l’ennesimo sciopero per il prossimo fine settimana”. La mazzata presa dal Tar del Lazio sull’ultima precettazione, ritenuta illegittima, sembra già dimenticata. E le spiegazioni approfondite sulle giornate nere dei treni possono attendere.

Alla maggioranza, unita, basta e avanza mentre a richiederle sono tutte le opposizioni: “Finora abbiamo registrato il silenzio del governo e le timide scuse ai viaggiatori. Fino a quando non avete trovato l’attenuante. L’alibi per scaricare ancora una volta ogni responsabilità. Dopo il chiodo, la catena della bici, il sabotaggio”, tuona la segretaria del Pd Elly Schlein tirando in ballo anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “Ministro, anziché sgomitare a chi è più amico di Musk – attacca – lei e la presidente Meloni parlate del disagio che vivono studenti e lavoratori. Metteteci la testa e provate a dare risposte al Paese se ne siete in grado perché siamo stufi della vostra propaganda vuota”. Di “alibi ridicolo” parla anche Angelo Bonelli di Alleanza Verdi-Sinistra.

Matteo Richetti di Azione ricorda che la strategia di Fs “ha un input politico” ed è su quello che si sarebbe aspettato una risposta: “Il problema è che davanti a noi c’è una prospettiva: interveniamo sulla rete usurata, affaticata e stressata? – chiede – Oppure pensiamo di aggiungere un terzo operatore sulla rete in queste condizioni?”. Italia Viva ironizza: “Pensavamo venisse il ministro dei Trasporti, invece è venuto il ministro dell’Interno – dice Maria Chiara Gadda – Forse vuole fare anche il ministro della Giustizia e ha già trovato il colpevole. Ci dica come si gestiscono i cantieri, il momento di difficoltà e i rimborsi che incidono sul portafoglio dei cittadini”.



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