Elicotteri, “zip line”, rifugi gourmet: che tristezza la montagna che diventa il luna park per ricchi

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di Fabio Valentini (Mountain Wilderness)

Montagne luna park? Non è da ora che se ne parla. Basta scorrere sui motori di ricerca per trovare articoli che risalgono ad oltre dieci anni fa. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, anche se di acqua ormai ne passa sempre meno, oppure ne passa troppa in un sol momento portandosi via pure i ponti. Luna park era un parco di divertimenti nato a Coney Island negli USA ai primi del ‘900, per estensione è diventato un termine di uso comune; in Italia in principio erano i “baracconi”, cioè le baracche allestite per l’occasione in cui si esibivano il nano e la donna ragno, in cui ci si poteva cimentare nel tirassegno e dove i bambini salivano sui cavalli di legno della giostra.

Nell’era moderna in montagna queste attrazioni sono state sostituite dai sorvoli turistici in elicottero, i ponti tibetani, le big bench, i concerti e gli spettacoli in quota, i parchi avventura con le zip line, i rifugi gourmet con pernottamenti a quattro stelle, gli impianti di risalita sempre più spettacolari con stazioni di arrivo simili a centri commerciali, ed altro ancora, persino un reality televisivo. Un tempo i monti attiravano i turisti per la loro bellezza, la natura, l’immersione in un ambiente primigenio fuori dal tempo come fosse un’altra dimensione.

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Oggi chi abita la montagna non vuole considerarsi un’isola, ma inserirsi in un contesto moderno; al contempo il cittadino-turista medio, sempre più annoiato e bisognoso di nuovi stimoli, non cerca più relax e contemplazione ma esperienze adrenaliniche ed emozioni artificiali in un ambiente satellite di quello urbano, tanto che è stato coniato il nuovo termine di “metromontagna”.

Inutile fare i moralisti, i tempi cambiano ed anche chi storce il naso deve affrontare la realtà: se i nostri genitori hanno vissuto senza computer, senza cellulare, senza aria condizionata, oggi pare non sia più possibile. Allo stesso modo si moltiplicano gli impianti di risalita, proliferano le mountain bike elettriche, arrivano gli sci a batteria. «La montagna è di tutti!» ammoniscono gli impiantisti e gli operatori turistici che offrono voli in elicottero e perfino in jet, dimenticando che non tutti forse se lo possono permettere. In fondo tutto si riconduce ad una questione di vile denaro, se un tempo solo l’avvocato Agnelli e pochi altri potevano arrivare sulle piste da sci in elicottero oggi esiste l’elitaxi e il benessere diffuso consente anche ai comuni mortali di vivere un giorno da signore. Siamo più ricchi, perché negarsi questi piaceri?

Peccato che di queste transazioni economiche (altro che transizione ecologica!) in montagna resti poco. Le olimpiadi invernali di Torino 2006 hanno portato benessere al capoluogo regionale mentre alle montagne hanno lasciato solo ruderi, l’appuntamento di Milano-Cortina 2026 rischia di seguire lo stesso copione. Si vuole combattere lo spopolamento con la stessa progettualità che ne è stata in parte la causa, mentre là dove le montagne vengono riabitate è spesso per merito dell’arrivo di immigrati o di famiglie -giovani e meno giovani- che cercano di recuperare tradizioni antiche e memorie culturali in via di estinzione; in questa narrazione si inseriscono perfettamente le dichiarazioni di Valeria Ghezzi, presidente dell’Associazione Nazionale Esercenti Funiviari, che rivendica non solo il ruolo di motore dell’economia ma anche quello di “presidio per la tutela delle Terre Alte”.

E gli ambientalisti? Un fastidio! Dalle nostre comode poltrone in appartamenti climatizzati di città ci permettiamo di pontificare, di mettere bastoni tra le ruote del progresso. Illuminare di rosa il Gran Sasso al passaggio del Giro d’Italia, parcheggiare due Lamborghini al rifugio Comici oltre i 2000 metri, portare con i camion la neve sulle piste o addirittura in città, “sparare” musica a tutto volume nei dj set vacanzieri, sono tutte forme di promozione della montagna. E, come dice il sindaco di Valbondione, noi “stronzetti pseudo ambientalisti e comunisti” (sic!) dovremmo solo tacere e fare altro che qui non si può ripetere.

Ci dispiace disilludere il sindaco e gli altri amministratori ed imprenditori che ci vedono come una pagliuzza nell’occhio, ma continueremo ad essere fastidiosi. Siamo consapevoli che non abbiamo appoggi politici, e nemmeno le risorse economiche per affrontare la moltitudine di ricorsi che sarebbe necessaria, ma crediamo di essere nel giusto ed utilizzeremo tutti gli strumenti democratici in nostro possesso in questa lotta impari per contrastare quello che per noi non è progresso ma speculazione. E siccome siamo volontari e nessuno ce lo ordina, continueremo fino a quando avremo la tensione morale per farlo e il sostegno di chi condivide le nostre posizioni.



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