«Il governo ha liberato il trafficante e torturatore libico»

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Sul capo della polizia giudiziaria di Tripoli, arrestato a Torino e rilasciato il 21 gennaio, pende un mandato di arresto internazionale della Cpi per crimini di guerra o contro l’umanità. Per un «errore procedurale» è stato liberato ed è subito rientrato in Libia con un volo dell’Aeronautica italiana. Bonelli (Avs): «Meloni non doveva fare la guerra in tutto il globo terracqueo ai trafficanti di esseri umani e arrestarli?»

L’Italia «deve adempiere al proprio obbligo fondamentale di arrestare tempestivamente e consegnare alla Corte penale internazionale (Cpi) tutte le persone con mandati di arresto emessi dalla stessa, incluso Osama Njeem». Lo scriveva martedì Amnesty International ricordando la caratura del capo della polizia giudiziaria di Tripoli, chiamato anche generale Almasri, accusato dai magistrati internazionali di crimini di guerra o contro l’umanità in Libia. Qualche ora dopo, in serata, è però arrivata la notizia della scarcerazione, come confermato da autorevoli fonti del ministero della Giustizia a Domani.

L’errore sarebbe stato procedurale: «Il Procuratore generale chiede che codesta Corte dichiari l’irritualità dell’arresto in quanto non preceduto dalle interlocuzioni con il ministro della Giustizia», si legge nell’ordinanza della Corte d’appello, in qualità di titolare dei rapporti con la Cpi. 

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Non sono serviti gli appelli e le richieste al governo delle opposizioni, così come delle ong che lavorano nel salvataggio in mare, di consegnare il generale libico all’Aia, a capo di diversi centri di detenzione da cui sono uscite testimonianze di torture e trattamenti inumani e degradanti. Come quello di Mitiga. 

«Meloni non doveva fare la guerra in tutto il globo terracqueo ai trafficanti di esseri umani e arrestarli? Oggi invece ha liberato il trafficante e torturatore libico Almasri Habish e lo ha rimandato in Libia, nonostante un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Che vergogna Giorgia Meloni», ha commentato il coportavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Avs Angelo Bonelli. Così anche il deputato di Avs Nicola Fratoianni e la segretaria del Partito democratico Elly Schlein che ha accusato la premier di voler inseguire i trafficanti ma di rimandare «impunito in Libia» il capo della polizia giudiziaria di Tripoli e ha chiesto al governo di chiarire «immediatamente perché Almasri è stato scarcerato e lasciato andare».

Anche Sea Watch, ong che fa parte della flotta civile nel Mediterraneo centrale, ha sottolineato come «un criminale internazionale si trovasse tranquillamente in Italia, il Paese che dice di voler “dare la caccia ai trafficanti su tutto il globo terraqueo” mentre alimenta direttamente il ciclo di abusi che arricchisce i trafficanti rimettendo le persone in fuga nelle loro mani dopo la cattura in mare». E fa notare come la sua presenza in Italia – è addirittura andato a vedere la partita della Juventus – suggerisse che Almasri si sentiva al sicuro.

Una «vergognosa protezione» quella data al capo della polizia giudiziaria di Tripoli al governo italiano, commenta Mediterranea Saving Humans, ong attiva nel soccorso in mare: «Un ricercato per crimini contro l’umanità, trafficante di esseri umani e torturatore del lager di Mitiga». Una vicenda che rivela come «la narrazione di Giorgia Meloni» sul contrasto al traffico di esseri umani «sia solo una menzogna».   

Il rientro in Libia

Già nella tarda mattinata di martedì 21 gennaio, in un evidente silenzio istituzionale, un aereo dell’Aeronautica militare, l’I-Carg era decollato da Ciampino in direzione Torino, dove Almasri si trovava e dove è stato arrestato. Anche se nel pomeriggio il ministero della Giustizia aveva fatto sapere in una nota che il ministro Nordio stava valutando «la trasmissione formale della richiesta della Cpi al procuratore generale di Roma». L’aereo italiano era ormai a Torino per garantire al generale libico il rientro. 

Partito quindi da Torino alle 19.52, è atterrato a Tripoli alle 21.32 (ora italiana) ed è stato accolto da una folla in festa.

Chi è Almasri

«L’arresto di Osama Njeem deve essere un’opportunità per porre fine al ciclo di impunità e delle violazioni dei diritti umani delle milizie libiche», ha scritto Amnesty International in una nota, prima della sua scarcerazione. 

Osama Njeem Elamsry detto Almasri, nel 2021, ricorda Amnesty, è stato nominato direttore dell’Istituto di riforma e riabilitazione della polizia giudiziaria di Tripoli, sotto il ministero della giustizia, e in questo ruolo ha supervisionato le prigioni, tra cui quelle di Mitiga, Jdeida, Ruwaimi e Ain Zara, formalmente sotto il controllo della polizia giudiziaria.

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La sua attività nella prigione di Mitiga è però iniziata molto prima. Dal 2016 ha diretto il reparto della polizia giudiziaria in quel centro di detenzione, da cui sono emerse molte testimonianze di torture e di lavori forzati per la costruzione della pista di atterraggio dell’aeroporto di Mitiga.

Njeem, prosegue l’organizzazione, «è membro di lunga data della milizia Apparato di deterrenza per il contrasto al terrorismo e al crimine organizzato (Deterrence apparatus for combatting terrorism and organized crime). Lo stesso apparato che nell’agosto 2023 ha partecipato a scontri tra le milizie a Tripoli, utilizzando armi esplosive con effetti su larga scala». Il bilancio di questi scontri è stato di almeno 45 morti e oltre 164 feriti, tra cui vittime civili.

Amnesty International ha documentato «a lungo le terribili violazioni commesse con totale impunità nella prigione di Mitiga a Tripoli, sotto il controllo di Dacto. Queste includono torture e maltrattamenti, uccisioni illegali, sparizioni forzate e altri crimini previsti dal diritto internazionale, oltre a gravi violazioni dei diritti umani» e «considerando l’assenza di prospettive per un’assunzione di responsabilità interna in Libia nei confronti dei potenti di comando delle milizie, l’Italia e tutti i membri della comunità internazionale devono perseguire la giustizia per i crimini previsti dal diritto internazionale». 

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