Altri due arresti per la morte di Satnam Singh. Uno è Renzo Lovato

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Una manifestazione di protesta dei lavoratori immigrati indiani a Latina – Ansa

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Due nuovi arresti nella vicenda della drammatica morte del bracciante indiano, Satnam Singh, deceduto nel giugno scorso dopo aver perso il braccio destro in un macchinario mentre era al lavoro nei campi di Borgo Santa Maria, in provincia di Latina, e abbandonato davanti casa sua senza essere soccorso. Per la vicenda era stato arrestato, ed è ancora in carcere, Antonello Lovato, il titolare dell’azienda agricola, accusato di omicidio volontario, per il quale il gip di Latina, Barbara Cortegiano, ha disposto il giudizio immediato fissandolo per l’1 aprile. Questa mattina è finito in carcere il padre Renzo Lovato, assieme ad un’altra persona. Ad arrestarli, su disposizione della Procura della Repubblica di Latina, i Carabinieri del Comando Provinciale. Entrambi, come si legge nel comunicato dei Carabinieri, sono “ritenuti presunti responsabili, in concorso tra loro, del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro pluriaggravato, come documentato nel corso dell’indagine scaturita dall’infortunio mortale di Singh Satnam, avvenuto nel mese di giugno dello scorso anno”.

Le indagini hanno rivelato gravi irregolarità nelle pratiche lavorative, con evidenze che dimostrano come i lavoratori coinvolti siano stati impiegati in condizioni di sfruttamento e precarietà, approfittando della loro vulnerabilità. La Procura ha ritenuto che vi sia un “quadro indiziario gravissimo” a carico degli indagati, evidenziando il rischio di reiterazione del reato e la possibilità che gli stessi potessero fuggire dal territorio. L’inchiesta non riguarderebbe solo la vicenda di Satnam Singh, ma anche altri braccianti sfruttati nella stessa azienda agricola dei Lovato. Alcuni avrebbero deciso di parlare, raccontando le condizioni nelle quali erano costretti a lavorare. Per questo, per loro sarebbe stata avviata la procedura di regolarizzazione e protezione come previsto dalla legge per le vittime che decidono di collaborare.

Ricordiamo che l’azienda degli imprenditori pontini era finita sotto inchiesta per irregolarità già prima della drammatica vicenda che aveva portato alla morte del bracciante indiano di etnia Sikh. L’inchiesta del 2019 aveva però portato all’avviso di garanzia per Renzo Lovato e altre 16 persone solo nell’agosto 2023. Dopo la morte di Satnam Singh ci sono state polemiche sul fatto che, malgrado la grave situazione di illegalità, l’azienda avesse potuto continuare a operare, e in modo irregolare. Come ben spiegato dal gip nell’accusa di omicidio volontario nei confronti di Antonello Lovato, il titolare avrebbe “causato con colpa, mediante la violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, il grave ferimento del lavoratore Singh Satnam, privo di permesso di soggiorno e senza regolare contratto di lavoro. Lavorando come addetto a manovrare l’attrezzo artigianale ‘avvolgitelo’, privo di qualsiasi protezione, rimaneva impigliato nello stesso per poi essere trascinato nell’attrezzatura, subendo l’amputazione totale dell’arto destro e altre gravi lesioni”.

Nelle prime ore successive all’incidente di Satnam, Renzo Lovato, in varie interviste e poi al magistrato, aveva minimizzato la vicenda, parlando di una leggerezza del bracciante e cercando di discolpare il figlio. Ora anche per lui sono scattate le manette, a conferma di un fenomeno di sfruttamento ancora molto diffuso nell’Agro Pontino. Solo nell’ultimo trimestre del 2024, i Carabinieri del Comando Provinciale di Latina, su 29 aziende controllate, ne hanno scoperte 18 irregolari, in cui lavoravano 18 braccianti stranieri non regolarmente assunti. Per 7 si è proceduto alla sospensione delle attività produttive e per una al sequestro penale di strutture fatiscenti adibite a dormitorio, cucina e deposito mezzi e attrezzi agricoli. Tredici le persone denunciate per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, mancata sorveglianza sanitaria, mancata valutazione dei rischi e violazione delle leggi sull’impiego di lavoratori. Il fatto più incredibile è che 5 delle 18 aziende irregolari sono risultate destinatarie di fondi Ue.





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