Carbon credit e riforma fiscale – Economia e politica

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Nelle parole di Vanni Fusconi, avvocato tributarista, la riforma fiscale (D.Lgs 192/2024 del 13 dicembre 2024) “è organica e, per quanto riguarda le coltivazioni fuorisuolo, ha un impatto paragonabile al Decreto Legislativo del 2001 che riscrisse la definizione di imprenditore agricolo.

 

Durante l’appuntamento classico organizzato da ConsulenzaAgricola.it per analizzare le principali novità fiscali ed economiche del settore agricolo che si tiene ogni anno e che nel 2025 è stato ospitato dal Centro Congressi di Cesena lo scorso 17 gennaio, Fusconi ha messo a fuoco le novità che interesseranno le aziende agricole fin dalla prossima dichiarazione dei redditi, la normativa infatti si applica già al periodo d’imposta 2024.

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Al convegno, moderato dal professore Angelo Frascarelli dell’Università degli Studi di Perugia, si sono toccati diversi temi: oltre alle novità della Legge di Bilancio con la partecipazione del viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo, l’evoluzione dei controlli finanziari con l’uso dell’intelligenza artificiale e il Tax Control Framework.

 

Il D.Lgs 192/2024 ha modificato alcuni articoli del Tuir, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi. In particolare, con la modifica dell’articolo 32 la normativa civilistica in fatto di agricoltura è stata resa omogenea a quella fiscale. “Prima della modifica, per quanto riguarda le coltivazioni fuorisuolo – ha spiegato l’avvocato Fusconi – il reddito era agrario nel limite delle potenzialità del terreno sul quale si esercitava attività agricola. Ciò significava che tutte le coltivazioni che non utilizzavano la terra come quelle idroponiche, aeroponiche, come le vertical farm o se si coltivava su substrati di produzione con produttività superiore, non si poteva usufruire della determinazione reddito su base catastale. Con la nuova formulazione dell’articolo 32 viene superato il limite delle potenzialità del terreno. Il reddito agrario è determinato ora sulla base di attività agricole svolte ai sensi del 2135 del Codice Civile e il parametro di cui si tiene conto è il ciclo biologico di almeno una fase essenziale del ciclo di sviluppo di una pianta”.

Leggi anche Decreto fiscale: vertical farm, la tassazione del reddito agrario sarà su base catastale

All’articolo 32 Tuir comma 2 è stata aggiunta poi la lettera b-bis che rende possibile ricondurre nuove forme di produzioni vegetali in strutture protette come serre, fabbricati dismessi, immobili riconvertiti in aree di coltivazione, vertical farm, al reddito agrario, con tutti i vantaggi che ne conseguono.

 

Le categorie catastali rientranti in questa possibilità sono elencate nel b-bis: C/1, C/2, C/3, C/6, C/7, D/1, D/7, D/8, D/9 e D/10. Il limite per la determinazione di reddito agrario è che la superficie adibita non ecceda il doppio della superficie agraria di riferimento, che andrà definita con decreto. Il decreto dovrà definire nuove classi e qualità di colture per forme di coltivazioni innovative, le modalità di dichiarazione in catasto dei fabbricati per attività di produzioni vegetali, le modalità di determinazione della superficie agraria di riferimento per il calcolo del reddito agrario.

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In attesa del decreto, però, dato che la normativa si applica con riferimento al 2024, il legislatore ha stabilito che “fino a quando non verrà emanato il decreto, per le coltivazioni nei fabbricati, il reddito agrario si determina prendendo a riferimento il reddito agrario dominicale più alto della provincia che va poi parametrato alla particella su cui insiste il fabbricato e moltiplicato del 400%. È indubbio infatti che queste coltivazioni rendano molto di più rispetto alle tradizionali. Da notare che nel caso il reddito dominicale determinato sia inferiore alla rendita catastale del fabbricato va tenuta presente la rendita. Inoltre agli immobili che vengono dati in affitto per queste coltivazioni si applica sempre la rendita del fabbricato per la determinazione del reddito”, ha detto ancora Vanni Fusconi.

 

Il legislatore ha guardato con occhio di favore alle coltivazioni indoor innovative, in attesa del decreto che dovrà stabilire fra l’altro le modalità di determinazione del reddito agrario. “Sappiamo – ha spiegato Fusconi – che per i tunnel tradizionali e le serre tradizionali dichiariamo il reddito agrario per i primi due piani, per gli altri, i restanti, si considera il reddito agrario e si tassa a reddito d’impresa. Ciò in futuro avverrà anche per i fabbricati con coltivazioni innovative, ma il presupposto è l’approvazione del decreto che ancora non c’è. Non abbiamo infatti ancora la superficie di riferimento e quindi fino a quel momento tutte le produzioni nei fabbricati andranno a reddito agrario”.

 

Con la nuova normativa, ha voluto poi chiarire l’avvocato, “abbiamo ora due forme di coltivazione fuorisuolo: una sui terreni che mantengono il reddito agrario, ad esempio i tunnel, le serre quindi non accatastate e l’altra che riguarda i fabbricati. In realtà nei fabbricati abbiamo sempre coltivato, le classiche serre D10 erano accatastate. Questa riforma riguarda coltivazioni innovative come idroponiche, aeroponiche, eccetera”.

 

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Crediti di carbonio, la novità

Ci sarebbe una logica che tiene insieme gli interventi fiscali portati avanti con il D.Lgs 192/2024, ne è convinto l’avvocato, ovvero quella di riconoscere all’agricoltura un ruolo essenziale nella lotta ai cambiamenti climatici. “Queste coltivazioni fuorisuolo inquinano meno, usano meno acqua, meno input, non è sottratto suolo”, ha detto Fusconi. “La riforma – ha continuato – ha un filone comune che si nota anche nel trattamento riservato al carbon farming, ovvero la capacità naturale di alcune colture in particolare di stoccare anidride carbonica. Si è voluto dare all’agricoltura un ruolo ulteriore rispetto alla produzione di cibo”.

 

Si supera un’interpretazione del 2020 dell’Agenzia delle Entrate, con interpello 365, rispetto alla possibilità di considerare la cessione di crediti di carbonio sul mercato volontario come attività agricola. Con quella pronuncia l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che la cessione non potesse essere ricompresa nelle attività agricole connesse come da articolo 2135 del Codice Civile. La conseguenza era che il reddito andava considerato reddito d’impresa e quindi reddito commerciale con aggravio d’imposizione per l’azienda.

 

Con la riforma fiscale e l’articolo 56 bis, comma 3-ter Tuir, “questo tipo di attività è riconosciuta agricola anche ai fini fiscali. I proventi della cessione di crediti di carbonio, beni immateriali, saranno assorbiti da reddito agrario. Il limite è quello della prevalenza, verificata sulla vendita dei beni rientranti in articolo 2135 del Codice Civile, tipici della produzione agricola. L’eccedenza andrà tassata al 25%”, ha detto ancora Fusconi.

 

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Da notare che al momento in Italia non esiste un mercato regolamentato dei crediti di carbonio e che le compravendite avvengono su mercato volontario, mentre nel 2023, con Decreto Legge 13, è stato istituito al Crea il Registro Pubblico dei Crediti di Carbonio su Base Volontaria. Per renderlo operativo però è in corso l’elaborazione delle linee guida.



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