Sull’immigrazione non può fallire. È stato un suo cavallo di battaglia in campagna elettorale ed è un dossier che tocca la gente in termini di lavoro e sicurezza: per questo Donald Trump è stato particolarmente duro su questo tema nel suo discorso di insediamento. La presenza di stranieri irregolari, poi, per lui significa anche gang e criminalità, una questione cruciale che richiede interventi decisi. Un debito che deve pagare con l’elettorato, ma anche una preoccupazione per i tanti stranieri che vivono onestamente negli USA, magari senza permesso di soggiorno, ma lavorando e pagando comunque le tasse, e anche per le aziende che rischiano di vedersi togliere parte della manodopera.
Per questo, spiega Rita Lofano, direttore dell’AGI, il tycoon, oltre ad espellere, dovrà riuscire a gestire il fenomeno, perché gli immigrati sono molto presenti in alcuni settori dell’economia. Intanto, pur di mostrarsi risoluto, ha messo al bando lo ius soli, sapendo che la cittadinanza per nascita sul suolo statunitense è garantita dalla Costituzione. Infatti sono già partiti i ricorsi degli Stati democratici.
Trump avrebbe dato l’ok per retate di immigrati illegali anche nelle chiese e negli ospedali. Davvero la sua sarà una lotta senza quartiere nei loro confronti?
Sì, però non capisco tutta questa sorpresa: Trump lo ha fatto anche nel suo primo mandato. In questo caso, poi, ha dichiarato in varie occasioni che procederà in modo graduale. Lo farà partendo dai criminali, da chi ha commesso reati, che sarà espulso. E gli altri verranno rimpatriati. Applicherà la politica del Remain in Mexico: le persone dovranno rimanere in Messico in attesa della valutazione della loro richiesta di asilo.
Il presidente USA si è scagliato anche contro lo ius soli, opponendosi alla cittadinanza americana per chi nasce sul suolo statunitense. Riuscirà a cambiare le regole?
Secondo Trump ci sono tante persone che vengono negli USA anche solo per partorire, in modo tale da poter poi garantire ai loro figli la cittadinanza. Il problema, però, è che non può agire con un ordine esecutivo, perché è un diritto sancito dal 14esimo emendamento della Costituzione, tant’è che i procuratori generali di 22 Stati democratici hanno fatto ricorso. Un decreto che finirà sicuramente alla Corte Suprema.
Il fatto che gli Stati democratici si siano opposti sullo ius soli significa che la politica di Trump contribuirà a dividere ancora di più la società americana?
Trump è divisivo per natura. Nel suo intervento non ha dichiarato, come facevano i suoi predecessori, che sarà il presidente di tutti. Il non detto del suo discorso è: “Voglio regalare all’America una nuova età dell’oro, e spero vogliate esserne parte. Per farlo dovete seguirmi, dovete essere con me”. Ha voluto dare un messaggio un po’ reaganiano, visto che si considera l’erede di Reagan, puntando sulla partecipazione attiva, sull’assunzione di responsabilità, sulla grandezza e unicità dell’America. Ha parlato alla pancia dei suoi sostenitori, ma non ha detto che va tutto bene. Un articolo su Atlantic uscito durante il primo mandato sottolineò in ogni caso come i sostenitori di Trump lo prendano sul serio ma non alla lettera, mentre i suoi oppositori, sbagliando, lo prendano alla lettera ma non sul serio.
In merito agli immigrati dobbiamo aspettarci scene di deportazione come evocano i giornali in questi giorni?
Non lo so. La vedo difficile anche dal punto di vista della realizzazione. Penso che ci sarà una stretta, con molti più controlli e rimpatri, questo sì. Quanto alle deportazioni di massa dipende da cosa si intenda: Trump ha detto che procederà in maniera graduale. Teniamo conto del fatto che negli USA ci sono tante persone irregolari, che però pagano le tasse, vivono onestamente e magari sperano in una moratoria. Mi auguro che Trump non voglia partire da loro. In passato si sono viste scene di immigrati irregolari fermati addirittura mentre accompagnavano i figli a scuola. Credo comunque che alla fine rimpatrierà molte più persone di quanto non sia avvenuto in passato.
Un servizio di Newsweek metteva in evidenza le preoccupazioni delle aziende di Chicago che hanno molti dipendenti immigrati e che temono per le politiche restrittive della nuova amministrazione, che potrebbero danneggiare l’attività delle imprese. È una preoccupazione reale del mondo economico?
Sì e no. In America ci sono undici tipi di visti per lavoratori, compresi quelli stagionali, agricoli, a tempo, su specifiche richieste ed esigenze delle aziende. Jeff Bezos di Amazon, tra le big tech schierate alla cerimonia di insediamento, ha lanciato un programma che si chiama Welcome Door, che serve a facilitare le pratiche di richiesta di permessi di lavoro o addirittura per la carta verde: sono pratiche molto costose, che richiedono la presenza di avvocati. Se una società come Amazon ha un programma simile, il tema dell’immigrazione può anche essere visto non soltanto in termini di allarme politico.
Ma la situazione dell’immigrazione negli USA è così grave?
È un tema particolarmente importante in tutto il mondo. Secondo me non è una situazione fuori controllo, ma un fenomeno epocale. È un tema sensibile per la gente che vive e lavora in America, anche se ci sono molti immigrati che lavorano e pagano le tasse. È anche un tema di sicurezza, tant’è che Trump vuole dichiarare organizzazioni terroristiche tutti i cartelli criminali e le gang: un problema che la gente vive sulla propria pelle.
Nel corso del primo mandato Trump era finito sotto tiro per la pratica di dividere genitori e figli delle famiglie che cercavano di passare il confine. Scene che rivedremo?
Mi auguro di no: è stata proposta come un’azione di deterrenza, da madre penso che sia aberrante. Detto questo, c’è pure un tema di minori utilizzati proprio per entrare illegalmente negli USA, che non si sa se siano veramente figli dei migranti. Trump, comunque, sul fronte dell’immigrazione sarà duro. Non può permettersi di fallire. Kamala Harris ha perso le elezioni anche perché la delega per la gestione dei flussi migratori era stata affidata proprio a lei e il suo operato è stato giudicato fallimentare. Trump dovrà trovare il modo per gestire il fenomeno.
(Paolo Rossetti)
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