ha ragione la destra, che strigliata alla sinistra – Libero Quotidiano

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Pietro Senaldi

La miglior vendetta è il perdono, recita il detto antico. Probabilmente il perdono è anche la strategia più efficace per sedurre chi non ci ama. È noto che l’intellettuale comunista (non è un insulto, è semplice notazione di cronaca) Luciano Canfora non ha in simpatia Giorgia Meloni. Dopo aver premesso, prima della vittoria elettorale di Fratelli d’Italia nel 2022, che nel consesso internazionale la futura premier veniva «trattata come una pericolosissima mentecatta», il fine pensatore arrivò a definirla «neonazista nell’anima in quanto, quando è scoppiata la guerra, si è subito schierata coni neonazisti ucraini; da lì la sua consacrazione a statista». La «poveretta», perché anche questo epiteto faceva parte del mazzo di complimenti, se ne è avuta male e ha querelato Canfora, salvo poi ritirare la denuncia per diffamazione, non si sa se per nobiltà d’animo, pietà o calcolo politico.

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Ebbene, sarà un caso, ma da quel momento abbiamo potuto assistere a una sorta di “Metamorfosi” dell’illustre grecista, comportamento coerente alla lettera con il titolo di una delle sue ultime fatiche letterarie, anche se allora Canfora indagava sui cambiamenti dell’amore della sua vita, il Partito Comunista Italiano. In un paio di giorni il professore ha assestato due randellate ai compagni. La prima è quando si è unito al coro di riabilitazione di Bettino Craxi levatosi in occasione del venticinquesimo anniversario della morte del leader socialista. Lo ha fatto, gli va reso merito, con dei puntuti distinguo e, a differenza di molti laudatori postumi, ammettendo di essersi sbagliato nella condanna totale dell’ex premier. «In Tangentopoli c’entrarono tutti, compreso il Pci, anche se Greganti fu coraggioso e si prese tutte le responsabilità. Il Pci con Craxi non ebbe l’intelligenza necessaria ma un atteggiamento di superiorità, gli è mancata la capacità di calcolo realistico. Io allora avevo un punto di vista diverso, ma oggi…». Non si può pretendere che Canfora riconosca che qualcuno – nella fattispecie il Movimento Sociale -, non entrò in Tangentopoli, o non leggere una critica all’attualità quando esalta il regno di Bettino come «il momento di maggiore indipendenza rispetto al padrone americano»; però, dal suo punto di vista, lo sforzo di obiettività del partigiano barese è encomiabile.

 

ANCHE LATINISTA
Altra legnata alle velleità intellettuali progressiste, è quando il grande nostalgico dei tempi di “Bandiera Rossa la trionferà” spezza una lancia in favore delle iniziative del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, avallando l’introduzione del latino facoltativo fin dalle scuole Medie, l’insegnamento della Bibbia e il ritorno allo studio delle poesie a memoria. «È anticulturale protestare in modo generico contro la conoscenza del latino, nessuno è mai morto di latino» rampogna Canfora, riferendosi ai lamenti degli intellettuali e dei commentatori progressisti che vedono nell’iniziativa di Valditara una svolta autoritaria e conservatrice. A meno di non voler dare del reazionario al fondatore dell’Unità, Antonio Gramsci, il quale «diceva che si studia latino per imparare a studiare». E poi, conclude, prima di criticare, «bisogna andare a informarsi, ci sono testi latini e greci estremamente radicali in termini di materialismo e cosmopolitismo». Per non farsi mancare nulla, il professore cita anche Giacomo Leopardi: «Io so quello che so a memoria». Quindi, prosegue autografo: «La memoria va valorizzata al massimo, perché è lo strumento che ci dà tutto quello che sappiamo, mentre quel che abbiamo dimenticato non è più nella nostra mente». Poiché è un libero pensatore, è solo un caso che, per una volta, in termini di cultura e revisionismi, il pensiero di Canfora sia più vicino a quello del centrodestra piuttosto che a quello della sinistra e sicuramente a breve tornerà a criticare Meloni e affini, anche se magari stavolta evitando di dare loro dei nazisti. Certo, se pure il trinariciuto storce il naso agli attacchi ideologici al ministro leghista e addirittura auspica uno studio del Vangelo di Marco, perché scritto in greco, significa che la sinistra di oggi è proprio fuori dal tempo. Non solo quello presente, ma anche quello passato; figuriamoci per il futuro.

 

 

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