L’intelligenza artificiale sia «al servizio di uno sviluppo più sano, più umano, più sociale e più integrale» e diventi «parte degli sforzi per conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano dei rapporti sociali». Lo scrive Papa Francesco nel messaggio — che pubblichiamo di seguito in una nostra traduzione dall’inglese — inviato oggi, 23 gennaio, a Klaus Schwab, presidente del World Economic Forum, in occasione del raduno annuale in corso a Davos-Klosters, in Svizzera, fino a domani.
Il tema dell’incontro di quest’anno del Forum economico mondiale, “Collaboration for the Intelligent Age”, offre una buona opportunità per riflettere sull’Intelligenza Artificiale come strumento non solo di cooperazione, ma anche per fare riunire i popoli.
La tradizione cristiana considera il dono dell’intelligenza come un aspetto fondamentale della persona umana creata “a immagine di Dio”. Al tempo stesso, la Chiesa cattolica è sempre stata protagonista e sostenitrice del progresso della scienza, della tecnologia, delle arti e di altre forme di impresa umana, considerandoli ambiti di «collaborazione dell’uomo e della donna con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 378).
L’IA è concepita per imitare l’intelligenza umana che l’ha progettata, suscitando così una serie unica di interrogativi e di sfide. Diversamente da molte altre invenzioni umane, l’IA è addestrata sui risultati della creatività umana, il che le permette di generare nuovi artefatti con un grado di abilità e una velocità che spesso emulano o superano le capacità umane, suscitando importanti preoccupazioni riguardo al suo impatto sul ruolo dell’umanità nel mondo. Inoltre, i risultati che l’IA è in grado di conseguire sono quasi indistinguibili da quelli degli esseri umani, sollevando domande riguardo al suo effetto sulla crescente crisi di verità nel forum pubblico. Inoltre, questa tecnologia è progettata per apprendere e compiere determinate scelte in autonomia, adattandosi a nuove situazioni e fornendo risposte non previste dai suoi programmatori, sollevando quindi importanti interrogativi relativi alla responsabilità etica, la sicurezza umana e le implicazioni più ampie di tali sviluppi per la società.
Mentre L’IA è un conseguimento tecnologico straordinario capace di imitare determinati output associati all’intelligenza umana, questa tecnologia fa «una scelta tecnica tra più possibilità e si basa o su criteri ben definiti o su inferenze statistiche. L’essere umano, invece, non solo sceglie, ma in cuor suo è capace di decidere» (Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale, Borgo Egnazia [Puglia], 14 giugno 2024).
Di fatto, l’uso stesso della parola “intelligenza” collegato all’IA è inappropriato, poiché l’IA non è una forma artificiale di intelligenza umana bensì un suo prodotto. Se usata correttamente, l’IA aiuta la persona umana a realizzare la sua vocazione, in libertà e responsabilità.
Come ogni altra attività umana e ogni sviluppo tecnologico, l’IA deve essere ordinata alla persona umana e diventare parte degli sforzi per conseguire «una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano dei rapporti sociali», che hanno «più valore dei progressi in campo tecnico» (Gaudium et spes, n. 35; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2293).
Esiste però il pericolo che l’IA venga usata per promuovere il “paradigma tecnocratico”, secondo il quale tutti i problemi del mondo possono essere risolti con i soli mezzi tecnologici. In questo paradigma, la dignità e la fraternità umana sono spesso subordinate alla ricerca dell’efficienza, come se la realtà, la bontà e la verità emanassero intrinsecamente dal potere tecnologico ed economico. Tuttavia, la dignità umana non deve mai essere violata a favore dell’efficienza. Gli sviluppi tecnologici che non migliorano la vita di tutti, ma che invece creano o aumentano disuguaglianze e conflitti, non possono essere definiti vero progresso. Perciò l’IA deve essere messa al servizio di uno sviluppo più sano, più umano, più sociale e più integrale.
Il progresso contrassegnato dalla nascita dell’IA esige una riscoperta dell’importanza della comunità e un rinnovato impegno a prendersi cura dalla casa comune che ci è stata affidata da Dio. Per gestire le complessità dell’IA, i governi e le aziende devono esercitare la dovuta diligenza e vigilanza. Devono valutare in modo critico le singole applicazioni dell’IA in particolari contesti al fine di determinare se l’uso della stessa promuove la dignità umana, la vocazione della persona umana e il bene comune. Come accade per molte tecnologie, gli effetti dei diversi usi dell’IA possono non essere sempre prevedibili dal principio. Man mano che l’applicazione dell’IA e il suo impatto sociale diventano più evidenti nel tempo, occorre adottare risposte adeguate a tutti i livelli della società, secondo il principio di sussidiarietà, con singoli utilizzatori, famiglie, società civile, aziende, istituzioni, governi e organizzazioni internazionali che si adoperano al livello a loro proprio per assicurare che l’IA sia volta al bene di tutti. Oggi ci sono importanti sfide e opportunità laddove l’IA viene posta in un quadro di intelligenza relazionale, dove ognuno condivide la responsabilità per il benessere integrale degli altri.
Con questi sentimenti offro i miei oranti buoni auspici per le deliberazioni del Forum e invoco volentieri su tutti i partecipanti un’abbondanza di benedizioni divine.
Dal Vaticano, 14 gennaio 2025
Francesco
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