Antonio dice di averlo fatto «perché l’assicurazione costa meno di un terzo, e perché non c’è nulla di male…». Vincenzo, a denti stretti, ammette che «così non si pagano le multe». Gennaro è più diretto ancora: «Qui ’o fanno tutt’. E io chi songo, ’o scemo d’o paese?». Ecco spiegata – in tre battute veraci, raccolte per strada – l’origine della strana invasione delle targhe polacche a Napoli. Da Posillipo a Mergellina, dal Vomero ai Quartieri spagnoli, in città oggi circolano all’incirca 35 mila veicoli con una targa dell’Est: sono soprattutto polacche, meno frequentemente bulgare.
Il fenomeno, va detto, non è un’esclusiva campana. In tutta Italia sono all’incirca 50 mila le auto che esibiscono la targa di uno dei due Paesi. È a Napoli, però, che la statistica raggiunge vette sorprendenti, se non inarrivabili: su 699.873 vetture immatricolate in provincia al 31 dicembre 2023 (l’ultimo dato disponibile) più o meno una ogni 20 è polacca o bulgara. Per questo, chiunque negli ultimi tempi abbia guidato all’ombra del Vesuvio non può che essersene accorto, e stupito. Spesso si tratta di auto di grossa cilindrata, ma non sono esenti le utilitarie e perfino le moto e i ciclomotori. Questo accade perché i loro proprietari hanno cancellato i veicoli dal Pra, il Pubblico registro automobilistico italiano, poi li hanno re-immatricolati a Varsavia (o a Sofia), cedendolo fittiziamente a una locale società di leasing, e infine li hanno «noleggiati» in Italia.
Il sistema è tanto facile quanto efficace. Per essere in regola con la legge, almeno finora, basta che il veicolo straniero sia comunque registrato al Reve, il Registro dei veicoli esteri, introdotto nel marzo 2022. Se si viene fermati da un vigile, gli si mostra il «regolare» contratto con i timbri dell’agenzia straniera, e nessuno può farti nulla. E per evitare il minimo rischio di perdere l’effettiva proprietà dell’auto è sufficiente una banale scrittura privata, stipulata con l’agenzia di leasing, che consentirà al proprietario italiano di rientrare in possesso del suo mezzo in qualsiasi momento.
Il costo dell’operazione, in totale, si aggira attorno agli 800 euro per il primo anno, ma già dal secondo si dimezza. E il risparmio è davvero forte perché il trucco, che comunque è formalmente legale, permette di eludere il versamento della tassa di circolazione (il veicolo non è italiano…) e di pagare meno di un terzo i premi assicurativi sulla Rc-auto. È proprio il costo delle polizze a spiegare perché il fenomeno sia tanto frequente proprio a Napoli, dove la maggiore rischiosità, anche per l’alta incidenza delle truffe su sinistri e furti, impone i premi più elevati d’Italia. Secondo le stime dell’Osservatorio Rc-auto del sito online Assicurazione.it, nel dicembre 2024 il premio medio pagato in provincia di Napoli è stato di 1.127 euro a veicolo, quasi il doppio dei 644 calcolati come media italiana. A Varsavia e a Sofia, però, i prezzi sono molto più bassi: scendono rispettivamente a 400 e a 500 euro.
Si risparmia parecchio, certo. Ma il trucco della targa dell’Est permette anche altri vantaggi, visto che – di fatto – non si pagano più le multe per le soste vietate, per gli eccessi di velocità, per gli ingressi indebiti nelle Ztl… Questo accade perché la registrazione al Reve, in teoria, dovrebbe permettere d’individuare velocemente il proprietario estero cui inviare la sanzione; nella realtà, invece, la nostra burocrazia è lenta e svogliata. E anche le pochissime volte in cui l’agenzia di leasing straniera riceve la notifica della contravvenzione, di solito, non risponde nemmeno.
Il trucco delle targhe dell’Europa orientale crea però un altro problema, ancora più serio: in caso d’incidente causato da un’auto o da una moto polacca o bulgara, infatti, quasi sempre il mezzo risulta assicurato in modo inadeguato e il suo proprietario «estero» spesso non è rintracciabile. A volte accade che le agenzie di Varsavia e di Sofia non esistano proprio. E tutto questo si trasforma in un vero guaio per chi subisce il danno. Certo, alla fine di un lungo procedimento giudiziario può anche capitare che il conducente che ha causato il sinistro sia costretto a pagare i danni di tasca sua. Ma la giustizia italiana, si sa, è sempre in ritardo ed è tortuosa, e arrivare a quel risultato è difficile.
A ben poco servono anche posti di blocco e controlli. Lo scorso novembre, sempre nel capoluogo partenopeo, i carabinieri hanno fermato 418 veicoli «anomali» ma hanno potuto sequestrarne appena 19, e solo perché targhe o documenti erano evidentemente fasulli. Un mese prima, in un’agenzia di pratiche auto di Casoria, la Guardia di finanza aveva sequestrato un pacco che conteneva 21 targhe polacche, 14 carte di circolazione e sei contratti di compravendita. S’è scoperto che l’agenzia era collegata a una società polacca fallita nel 2020, e il suo proprietario è stato denunciato per truffa. Ma è la classica goccia nel mare…
Anche le modifiche normative, almeno finora, hanno avuto effetti molto relativi. Nell’ottobre 2018 Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno, aveva stabilito per decreto che ogni veicolo immatricolato all’estero potesse continuativamente circolare in Italia non oltre i 60 giorni.
Ma nel dicembre 2021 la Corte di giustizia europea aveva cassato la norma perché «contrastante con il diritto di libera circolazione dei cittadini e delle merci all’interno dell’Unione».
Ora Salvini è tornato all’attacco. La sua riforma del Codice della strada, entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno, stabilisce all’articolo 93-bis che i residenti in Italia non possano circolare per più di tre mesi con veicoli immatricolati all’estero, e che dopo quel periodo debbano essere di nuovo immatricolati in Italia ed essere coperti da un’assicurazione conforme alle norme italiane. In caso contrario, il nuovo Codice prevede una sanzione da 400 a 1.600 euro e il blocco amministrativo della vettura.
Fine della strana invasione delle targhe polacche? Chissà. Si vedrà se non interverranno nuove bocciature della giustizia europea, ma anche se le nuove norme saranno rispettate per davvero, e quanto tempo ci vorrà prima che riescano a «penetrare» nell’uso collettivo. Non bisogna dimenticare, del resto, che l’Associazione delle compagnie assicurative ha appena denunciato che in Italia, su un parco di oltre 40 milioni di vetture, ne circolano almeno 2,8 milioni del tutto prive di copertura Rc-auto. Che in effetti sarebbe obbligatoria per legge dal dicembre 1969: in quel caso, non è bastato nemmeno oltre mezzo secolo. n
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