(AGENPARL) – Roma, 23 Gennaio 2025
Il 22 Gennaio, a Ponte Melfa (FR), una numerosissima delegazione di pastori e allevatori estensivi si è riunita per fare il punto della situazione non solo sulle criticità ma anche sulle opportunità da mettere in campo per un rilancio sostenibile del territorio ciociaro, che ponga al centro l’identità culturale e il patrimonio identitario delle comunità locali. Nel corso dello stesso incontro, hanno avuto luogo le elezioni dell’APAC https://www.facebook.com/APAC.pastoralismo.mediterraneo/ che hanno posto alla vice-presidenza dell’associazione l’imprenditrice agricola Stefania Minchella, di Settefrati. “E’ un onore, per me, ricoprire questo ruolo” ha dichiarato il neo vice-presidente “spesso si pensa che la pastorizia sia un’attività esclusivamente maschile, ma non è cosi. Le donne ricoprono ruoli fondamentali all’interno delle nostre aziende zootecniche, facendo il loro meglio per trasferire questi saperi ai propri figli e alle nuove generazioni”. Stefania conosce bene l’importanza di salvaguardare il patrimonio locale, non a caso ha scelto di allevare le capre bianche monticellane, una razza a rischio di erosione genetica la cui selezione è iniziata circa 170 anni fa, proprio grazie agli antenati della famiglia Minchella, originari di Villa Latina e poi diramatisi sul territorio, ed infine anche a Monte San Biagio (l’antica Monticelli), che poi ha dato il nome alla cosiddetta’ ‘capra bianca monticellana’.
Le nuove elezioni APAC hanno permesso anche ad allevatori di altri comuni di entrare a far parte dell’associazione. Tra le ‘new entries’ ci sono rappresentanti di Vellerotonda, Picinisco, Veroli e Castro dei Volsci oltre ai rappresentati già esistenti facenti capo a comuni sia della provincia di Frosinone (Sora, San Donato Val di Comino, Campoli Appennino) che della provincia di Latina (Formia, Spigno Saturnia, Lenola, Sezze).
Con il suo nuovo direttivo, l’APAC riparte dalla Ciociaria con un obiettivo ben preciso: Rivalutare la figura ed il ruolo del pastore, collocando l’allevamento estensivo al centro della pianificazione territoriale dell’Appennino centro-meridionale. “Negli ultimi anni è cresciuta significativamente la consapevolezza circa il ruolo degli allevatori estensivi nella gestione sostenibile dei territori montani e marginali, non solo nell’Appenino ma anche in altre aree interne del mediterraneo, ed in numerosi paesi della Comunità Europea. Tuttavia l’importanza dei servizi ecosistemici offerti dalla pastorizia, in aggiunta al ruolo centrale di quest’ultima in un’ottica di sovranità alimentare, sono spesso affrontati in un modo generico e senza il coinvolgimento diretto degli attori locali” lo afferma Dario Novellino, l’antropologo, e difensore dei diritti umani, che da oltre due decenni affianca gli allevatori nelle loro battaglie per la salvaguardia del mestiere più antico del mondo: quello del pastore.In questo contesto l’associazione APAC vuole stabilire rapporti di attiva collaborazione con i Gal (Gruppo d’Azione Locale) del territorio. I GAL, infatti, sono uno strumento promosso dall’Unione Europea per sviluppare piani e programmi d’interventi dedicati al miglioramento socio-economico delle comunità rurali, basando le proprie iniziative su un approccio partecipativo che sia inclusivo, di tutte esigenze ed esperienze provenienti ‘dal basso’. I GAL sono raggruppamenti di partner pubblici e privati che rappresentano sia le popolazioni rurali, attraverso la presenza di enti pubblici territoriali (comuni, province e comunità montane), sia le organizzazioni degli operatori economici presenti nel territorio. “L’APAC potrebbe giocare un ruolo importantissimo in un partenariato con i Gal, mettendo a disposizione l’enorme bagaglio fatto delle conoscenze consuetudinarie di noi pastori, ultimi custodi dei territori marginali” lo afferma, appunto, il neo vice-presidente Stefania Minchella. E’ ovvio, però, che la trasmissione delle conoscenze tradizionali, l’allevamento brado e semi-brado, e tutto il bagaglio dei saperi etno-ambientali – ad esso associati – non potranno mai trovare una loro piena espressione, fino a quando non si saranno compresi i legami profondi tra produzione, trasformazione e commercializzazione, in un ottica di totale rispetto dei diritti agli usi civici (legalmente e costituzionalmente garantiti). In questo senso, gli obiettivi dell’APAC sono perfettamente in linea con quelli di analoghe associazioni di allevatori estensivi, nate più recentemente, nel vicino Molise e in Abruzzo: il Comitato Allevatori e Agricoltori del Molise (CAAT) e l’ETS, ‘Iura Civium ad Bonum Naturae’, con base a Pescasseroli. Alcuni dirigenti di tali associazioni hanno anch’essi partecipato alla riunione dell’APAC, garantendo la propria solidarietà e collaborazione ad iniziative future. Gli obiettivi a lungo termine che l’APAC intende realizzare, a fianco dei partner molisani ed abruzzesi, dovranno porre l’accento sulle forme di gestione innovativa dei sistemi agro-pastorali locali, nonché sulle dinamiche legate al cambiamento intergenerazionale e al drastico calo delle piccole aziende zootecniche, non più in grado di competere con la produzione intensiva di carni e di formaggi. Tra gli obiettivi futuri, c’è anche quello di valutare l’impatto delle politiche nazionali e dell’UE sulla governance dei pascoli, al fine di individuare nuove strategie economiche che favoriscano la resilienza dell’allevamento estensivo e il ripopolamento dei borghi rurali. In riferimento a tutto questo, azioni specifiche per il miglioramento aziendale saranno fondamentali, con interventi strutturali mirati e l’adeguamento delle stesse aziende alle nuove norme di sicurezza. Nel mirino dell’APAC, e dei suoi partner molisani e abruzzesi, c’è la nuova legge Europea sul Ripristino della Natura che, entro il 2030, vuole porre in essere misure di ripristino per almeno il 30% degli habitat vulnerabili e di rilevanza ecologica in tutta l’UE. L’obiettivo a lungo termine è quello di coprire il 60% degli habitat entro il 2040 e il 90% entro il 2050. Adesso, l’Italia, come gli altri stati membri, sono stati chiamati a formulare piani nazionali d’implementazione. L’attuazione di tale normativa europea potrebbe rappresentare un vero pericolo se i partner principali del governo saranno gli ambientalisti ortodossi e i fautori della logica del Rewilding. Quest’ultimi vorrebbero ripristinare gli ambienti avendo in mente un sorta di paesaggio primigenio ed antichissimo, dove la natura era selvaggia e non ancora ‘contaminata’ dall’uomo. La stessa legge, però, potrebbe rappresentare un’opportunità se le associazioni di allevatori, e di tutti coloro che contribuiscono alla gestione dei domini collettivi, saranno coinvolte nel processo, soprattutto nella fase di definizione delle azioni da intraprendere che potrebbero includere il ripristino dei pascoli, il recupero delle vie di transumanza, delle pratiche pastorali di alta quota, degli antichi terrazzamenti, di altre forme di agricoltura eco-sostenibile, etc. In tutto questo, bisognerà sempre porre al centro della questione la Legge 168/2017 sui domini collettivi, tenendo presente che – come la stessa legge recita – il regime giuridico dei beni collettivi “resta quello dell’inalienabilità, dell’indivisibilità, dell’inusucapibilità e della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale”.
Ovviamente, la complessità delle tematiche da affrontare (in particolare quelle inerenti il rispetto del diritti agli usi civici e il godimento dei domini collettivi) richiederà forme di collaborazione con entità nazionali ed europee, come il Consorzio ICCA https://www.iccaconsortium.org/ e la Rete Italiana Territori di Vita che permetteranno di triangolare le voci e le istanze dei pastori dell’Appennino Centro-Meridionale, con quelle di altre comunità – sia al livello nazionale che globale.
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