Sin di Venezia – Porto Marghera, bonifiche al rallentatore: solo il 21% della superficie a terra e lo 0,1% della falda sono stati risanati

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Le bonifiche nel Sin (Sito di interesse nazionale) di Venezia-Porto Marghera continuano a essere un nodo irrisolto, frenate da una burocrazia soffocante e da finanziamenti instabili. Dopo decenni di attività industriali inquinanti, solo il 21% della superficie a terra e appena lo 0,1% della falda risultano bonificati. Questo immobilismo pesa gravemente sui cittadini e sullo sviluppo economico e sociale del territorio, che rimane ancorato a un passato industriale insostenibile.

Con un appello incisivo, Acli, Agesci, Arci, Azione cattolica italiana, Legambiente e Libera chiedono lo sblocco delle risorse necessarie per il risanamento ambientale, l’attivazione di controlli e monitoraggi costanti e una rigenerazione dell’area basata su progetti di transizione ecologica. Le associazioni, unite nella campagna nazionale “Ecogiustizia Subito, in nome del popolo inquinato”, hanno portato il caso del Sin di Venezia-Porto Marghera al centro della terza tappa della loro mobilitazione.

Questa mattina, davanti alla Regione Veneto e alla presenza dell’assessore Roberto Marcato, si è svolto un flash mob durante il quale è stata simbolicamente pronunciata una “sentenza di condanna” contro chi ha inquinato e tratto profitto dalle attività industriali dell’area. Una denuncia simbolica che punta il dito contro decenni di politiche inadeguate, sottolineando la necessità di interventi immediati per tutelare la salute pubblica e l’ambiente.

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Dal 1998, anno in cui Porto Marghera è stato classificato come Sin, le bonifiche procedono a un ritmo incompatibile con l’emergenza ambientale in corso. Su 1.618 ettari complessivi, soltanto 339 ettari di superficie a terra sono stati bonificati, mentre per le aree private i progressi sono ancora più limitati: appena il 5%, e solo a scopi produttivi. L’ultimo aggiornamento sulla perimetrazione del Sin risale a più di dieci anni fa e ha escluso zone cruciali, come i canali portuali e alcune aree lagunari gravemente compromesse. Questa scelta non solo ha ridotto il perimetro d’azione del Ministero dell’ambiente, ma ha anche creato un pericoloso precedente per altri Sin italiani.

In questo contesto, le associazioni hanno promosso un confronto con sindacati, organizzazioni locali e cittadini, evidenziando i nodi critici della gestione delle bonifiche e formulando 8 proposte concrete per superare lo stallo.

Si chiede innanzitutto il finanziamento immediato delle opere più urgenti, come il marginamento del Nuovo Petrolchimico e di Fusina, e la velocizzazione dei trasferimenti di fondi dai Ministeri agli enti locali per garantire risorse certe e tempestive.

Si propone di ripristinare finanziamenti stabili alla Legge Speciale per Venezia e di destinare ulteriori risorse alla transizione ecologica, favorendo la rigenerazione produttiva dell’area e la creazione di posti di lavoro nell’economia verde.

Le associazioni sollecitano inoltre una semplificazione delle procedure per le bonifiche private, spesso rallentate da vincoli burocratici, e un ampliamento dei monitoraggi da parte dell’Arpav, con maggiore accessibilità dei dati raccolti.

Infine, si chiede di promuovere forme di monitoraggio civico per vigilare sull’avanzamento dei lavori e l’uso corretto delle risorse, nonché di coinvolgere la comunità locale in progetti partecipati, dalla riforestazione urbana alla valorizzazione delle aree verdi, dalla mobilità sostenibile alla fitodepurazione dei corsi d’acqua.

Non mancano, infine, critiche al passato. In particolare, le associazioni contestano alcune delle opere previste dall’accordo di programma del 2012, come l’utilizzo di nuove edificazioni come metodo per la messa in sicurezza di terreni contaminati, giudicandole poco efficaci e potenzialmente dannose.

«Le leggi, come quella che ha istituito in Italia i Siti di Interesse Nazionale, devono garantire giustizia, e il mancato rispetto delle prescrizioni equivale ad ampliare l’ingiustizia, in questo caso ambientale», hanno dichiarato le associazioni. «Le bonifiche del SIN di Venezia-Porto Marghera rappresentano uno strumento di tutela che va rispettato innanzitutto per i cittadini, che dopo decenni continuano a subire le emissioni delle attività industriali presenti nel sito. Per questo, oltre alle necessarie bonifiche, sarebbe utile attivare una continua sorveglianza epidemiologica della popolazione, insieme a studi analitici ‘ambiente e salute’ in grado di integrare i dati sanitari con quelli sull’esposizione ambientale e lavorativa».

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La campagna “Ecogiustizia Subito” proseguirà il suo percorso in altre aree critiche d’Italia. Dopo Venezia-Porto Marghera, le prossime tappe saranno Augusta-Priolo-Melilli, Brescia e Napoli. L’obiettivo è sempre lo stesso: chiedere bonifiche certe, applicare il principio “chi inquina paga” e promuovere una transizione ecologica capace di garantire il futuro delle comunità e dei territori.



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