“È un mondo nuovo e Bruxelles fa fatica. Cambi per contare”

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Il manifesto conservatore di Donald Trump avrà effetti sull’Ue, che sarà costretta a ripensarsi. Ne è convinto il professor Giovanni Orsina, direttore del dipartimento di Scienze Politiche alla Luiss.

Professore, il conservatorismo di Trump avrà effetti sull’Ue?

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«Avrà effetti eccome. C’è una grande differenza tra questo Trump e quello di otto anni fa. Questo è molto più in armonia con la sua epoca: nel frattempo il mondo si è trumpizzato, per così dire, gli ha dato ragione. Nel 2016 la vittoria di Trump pareva eccentrica, oggi sembra molto più naturale. Potremmo quasi dire che il nuovo presidente sia più un sintomo che una causa, l’emblema di una trasformazione storica più ampia, del passaggio dal mondo di ieri a quello di oggi. E l’Europa è sotto grande pressione proprio perché è stata pensata nel mondo di ieri. E dovrà fare un grande sforzo per adeguarsi a quello di oggi».

Quale sarà l’impatto sull’Ue del nuovo trumpismo?

«L’Ue è stata concepita fra gli anni Ottanta e i Novanta, in un clima storico del tutto differente. Era un mondo di giochi a somma positiva: dalla collaborazione globale avrebbero tratto benefici tutti, i conflitti si sarebbero risolti in maniera pacifica, i valori fondanti dell’Europa si sarebbero espansi ovunque. Era un mondo a bassa intensità di politica. L’Ue ha sfruttato quel momento di depoliticizzazione per nascere sottraendo potere agli Stati nazionali ma, così facendo, è nata depoliticizzata anch’essa. Risultato: fa gran fatica con la politica, con il conflitto, con i giochi a somma zero, quelli in cui si è costretti a scegliere fra priorità».

Ci fa un esempio?

«Difesa o Green Deal? Politica è decidere dove allocare risorse scarse. L’Europa continua a dire che farà entrambe le cose, ma non mi pare così chiaro che ci siano soldi per entrambe. In verità, per il momento non mi pare così chiaro dove si possano trovare i soldi anche solo per una delle due».

L’Italia guidata da Giorgia Meloni, in questo contesto, risulta favorita agli occhi di molti osservatori.

«Noi siamo favoriti perché abbiamo un governo stabile, e già questo non è poco. E poi perché l’Italia ha una leader adeguata a questo tempo. Se siamo in una fase di passaggio dal mondo di ieri a quello di oggi, Meloni è fra quanti appartengono al mondo di oggi. Poi, per carità, l’Italia è favorita relativamente. Il mondo di oggi non è bello, è attraversato da conflitti ed egoismi, è un mondo dove ciascuno bada ai propri interessi. L’Italia è un paese relativamente piccolo e con vari punti deboli, e deve fare molta attenzione a come si muove».

Con l’avvento di Elon Musk, i commentatori hanno iniziato a parlare di «destra tecnocratica». Se quello di Trump è un conservatorismo individualista, che destra esprime Musk?

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«Musk e Trump non perdono troppo tempo con l’ideologia. Sono personalità forti che si servono delle idee, quando pure lo fanno, certo non le servono. Ciò detto, il capitalismo delle big tech è trasformativo, futuristico, mentre il conservatorismo vorrebbe difendere le tradizioni. Il repubblicanesimo americano cerca di tenere insieme tutte le varie destre, ma le contraddizioni ci sono e i conflitti potenziali sono innumerevoli. Già giungono segnali di guerre intestine nell’entourage del nuovo presidente. Dopodiché, le ideologie non sono mai percorsi coerenti e non di rado una qualche soluzione si trova. Il potere aiuta».

La sinistra italiana sembra aver perso il legame immaginifico con i dem Usa. Si ricorderà la segreteria di Veltroni e i toni alla Barack Obama.

«I dem Usa sono a pezzi. Ma, ancora di più, direi che la cultura progressista in generale fa una gran fatica a prendere le misure a questo nuovo mondo. Negli ultimi decenni la sinistra ha puntato forte sul globalismo e sull’individualismo, sulla libertà del singolo in un contesto planetario, disinvestendo dai cosiddetti corpi intermedi. Il passaggio dal mondo di ieri a quello di oggi è segnato da una domanda di comunità alla quale il progressismo non sa più rispondere. La destra invece si è saputa reinventare, sebbene in maniera confusa e contraddittoria, intorno all’idea della nazione.

Che è molto indebolita, ma è ancora presente nella concreta vita quotidiana degli esseri umani. Non per caso, le sinistre che hanno successo alle urne sono quelle sovraniste, come nel caso di Sahra Wagenknecht in Germania».



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