Dal 20 gennaio si sentono “liberi di parlare”. E anche di proporre “l’uscita dell’Italia dall’organizzazione mondiale della Sanità (Oms)”. Planando sulla scia del trumpismo tornato al comando negli Stati Uniti, i senatori leghisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai hanno depositato un disegno di legge per abbandonare l’Oms, “uno stipendificio che non fa bene al mondo ma solo ai suoi dipendenti”. “Gli alleati condividano”, hanno tuonato questa mattina in conferenza stampa, supportati dai dati sugli sprechi dell’ente sciorinati dal chirurgo plastico Roy De Vita. La sortita della Lega, però, si è scontrata subito con la prudenza di Forza Italia: “È un passo troppo azzardato”.
La Lega è decisa ad andare fino in fondo e seguire l’esempio di Donald Trump. Se il presidente americano, con uno dei suoi primi atti, ha decretato l’addio degli Stati Uniti all’Oms, “lo possiamo fare anche noi”, è il senso del ragionamento emerso dalla conferenza tenuta oggi dai leghisti Borghi e Bagnai. Nell’auletta dei gruppi, in sala Salvadori alla Camera dei deputati, i senatori del Carroccio sono arrivati con l’annuncio in tasca: “In modo provocatorio – ha precisato Borghi – abbiamo presentato già un emendamento nel decreto milleproroghe. Se andrà in porto bene, altrimenti abbiamo appena depositato un disegno di legge in Senato che chiederemo di calendarizzare il prima possibile”. Il testo prevede l’abrogazione del decreto che dal 1947 lega l’Italia all’Oms. Ma Matteo Salvini è d’accordo, chiediamo: “È un’iniziativa di partito”, ha spiegato ad HuffPost. “Ci sembra la cosa giusta da fare”, ha aggiunto sperando che “ci sia un effetto domino” in altri Paesi. Quali? “Penso all’Argentina di Javier Milei o, se vogliamo restare in Europa, all’Olanda”.
L’affondo leghista si muove su un triplice fronte. Innanzitutto, la tesi secondo cui l’Oms “costa troppo”: “Un terzo del bilancio dell’Oms – è il punto di Borghi – va negli stipendi del personale, non negli aiuti ai bambini dell’Africa”. L’Italia dovrebbe “mettere i circa 100 milioni che versa ogni anno all’Oms nel Sistema sanitario nazionale o in progetti come la lotta all’antibiotico resistenza”. Poi, c’è lo strascico della pandemia, periodo durante il quale, ha sostenuto questa volta Bagnai, “l’Oms ha mandato un messaggio schizofrenico”, diventando “non la soluzione ma un pezzo del problema”. Infine, c’è il cambio di amministrazione americana: “Trump vuole uscire e altri Stati lo seguiranno, siamo atlantisti anche questa volta”, ha ironizzato Borghi.
Sul profilo X del senatore leghista, campeggia un post dell’11 febbraio 2024 in cui elenca i “dieci motivi per cui l’Oms va fermata”: da organizzazione che “non serve a nulla” alle critiche al direttore Tedros Ghebreyesus “coltivato in Etiopia” e con relazioni con Bill Gates. Un punto su cui è tornato spesso Borghi è il cosiddetto trattato pandemico, che chiama “Mes della malattia” e che “per fortuna non è stato approvato”. La certezza è che i leghisti vedano nell’Oms, protagonista nella stagione del Covid-19, un “organismo sovranazionale che detiene un potere eccessivo”. Oppure, per dirla con Bagnai, “un sistema di governance multilaterale che diventa talvolta lo sportello unico dei lobbisti”.
L’economista Bagnai è tornato più volte sugli “insuccessi” dell’Oms in tempo di pandemia: “Il Covid ha dimostrato il fallimento di questa organizzazione”; “l’Oms ha detto che l’Italia stava esportando il virus, invece noi eravamo la vittima”; “hanno sbagliato a indicare l’uso di antinfiammatori”; “il caos mascherine”.
Per non rimanere solo sul piano simbolico, il disegno di legge ha bisogno dell’appoggio degli alleati di governo. Nella maggioranza “c’è un confronto che va avanti da molto tempo”. “Ringrazio il senatore Lucio Malan – ha continuato Borghi, appoggiandosi al sostegno del capogruppo meloniano al Senato, spesso scettico sui vaccini – che ha costruito una posizione non scontata all’ultima assemblea Oms, per bocciare il trattato pandemico”. Più fredda invece la reazione dell’altra gamba del governo, Forza Italia. “Non è sufficiente che un singolo partito possa esprimere una sua posizione per decisioni di questa portata. Ne parleranno i leader, ma mi sembra che sia un po’ passo troppo azzardato…”, ha risposto Paolo Barelli, capogruppo azzurro alla Camera. Ancor più franco il commento di Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati: “L’Oms può e deve essere migliorata, ma uscirne sarebbe sbagliato e controproducente”.
Se il dialogo tra alleati si è fatto già complesso, è stato molto più duro l’attacco partito dai molti scienziati e infettivologi contrari all’iniziativa della coppia Borghi&Bagnai. Uscire dall’Oms è “un’idea comica, perché l’Italia riceve molto più di quello che dà”, ha dichiarato l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco. Ancora: “È una boutade elettorale”, per Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive del San Martino di Genova; “Uscire metterebbe a rischio la salute dei cittadini”, è l’opinione di Antonella Viola, docente di Patologia generale all’Università di Padova.
In sala, in realtà, un medico c’era: Roy De Vita. Con tanto di slide colorate, il primario di chirurgia plastica al Regina Elena di Roma (ma anche volto tv ed ex marito di Nancy Brilli, se volete una nota di colore) ha confessato di aver iniziato questa crociata anti-Oms tanto tempo fa. Il dottore ha mostrato i dati: “Il primo azionista dell’Oms è Bill Gates e questa fa dell’organizzazione un provider privato che lavora per chi la commissiona”. L’accusa di De Vita ha fatto sorridere Borghi e la Lega. Meno gli alleati più moderati, costretti ad inseguire i trumpiani d’America e ora anche quelli d’Italia.
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