Le auto come passione, i modelli d’epoca firmati da Carla Manfredini

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La prima volta fu nel 1973. Ci volle un mese. Ma il piacere e la soddisfazione la spinsero a proseguire. A quell’epoca, Carla Manfredini era entrata da pochi anni nel Centro Stile Fiat, dopo un diploma da Liceo Artistico ottenuto frequentando l’Accademia delle Belle Arti. Per lavoro disegnava particolari di auto, ma anche di aerei, di treni. Ma la sua passione erano le auto, «quelle datate, storiche, mi hanno sempre affascinato». Ne ha riprodotte più di cento. E non ha intenzione di smettere. Le ha messe in mostra tra dicembre e la prima metà di gennaio nella sede dell’Automotoclub Storico Italiano (Asi) a Villa Rey (in collaborazione con la Fondazione Marazzato), ma anche un sito con il suo nome dove prendere contatti per eventuali acquisti.


Le tecniche e i modelli
Gli originali sono fatti ad acquarello, la cura dei particolari è maniacale: sembra quasi di poter toccare quelle auto, di riuscire a sentire il profumo della pelle e l’odore della gomma, scanditi da intensità diverse del nero utilizzato per dipingerli. Un realismo frutto di studio. «Un nero più freddo per uno e più caldo per l’altro», spiega.

Nonostante abbia trascorso la vita a disegnare soprattutto auto per il Centro Stile dal 1968 al 2005, i veicoli di quel periodo non la entusiasmano. Come quelli attuali. «Tutti uguali», sentenzia. Quando ha incominciato lei, «eravamo quattro donne, siamo arrivate al massimo a essere in otto. Non era facile, per noi», ricorda. All’epoca, l’accoppiata donna-motori era roba da pubblicità o da Saloni internazionali, dove le curve delle une andavano a sottolineare le linee delle altre. Carla e le sue colleghe hanno avuto la soddisfazione di contribuire a creare «molti modelli, non posso dire quali, ma può immaginarlo da solo. Passava quasi tutto da noi», si schernisce. Ogni tanto, passava di lì il padrone di casa, l’avvocato Gianni Agnelli, «persona molto alla mano, sempre cortese e curioso, era interessato a quello che facevamo».

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Per diletto, ha riprodotto con pari passione e attenzione modelli come la De Dion Bouton del 1898, la Ceirano 5 cavalli del 1901, la Bugatti Gran Prix del 1921, al pari di auto diventate iconiche come la Fiat 500 C del 1949, le Ferrari 400 Superamerica del 1963 e la Spider 212 Inter del 1952, la Mercedes 300 SL del 1954 con le ali a gabbiano o la corsaiola Simca Barlow del 1951.


Carla Manfredini davanti alle sue riproduzioni (foto di Claudio Laugeri)

 

I ricordi
Ma le sue capacità stilistiche sono servite anche per disegnare modelli di abiti per una Casa francese di auto, che li voleva intonati a un modello da presentare a un Salone. Oppure, per vergare firme personalizzate «in oro zecchino sulle portiere o sul cruscotto di auto che Fiat regalava a personaggi famosi e atleti». A Carla Manfredini piace ricordare la firma per «la saltatrice in lungo Maria Vittoria Trio. Quando facevo il liceo, anch’io facevo salto in lungo e la vedevo allenarsi».

Presenza, portamento e fascino le hanno anche consentito di soddisfare la sua curiosità, partecipando come comparsa in trentacinque film di registi come Dario Argento, Marco Bellocchio, Marco Tullio Giordana e Paolo Sorrentino. Il primo che le viene in mente è «Il divo», proprio di Sorrentino, sulla vita di Giulio Andreotti.

Tra i tanti ricordi di quei 35 anni al Centro Stile, ce ne sono un paio che la fanno sorridere. Uno riguarda Edoardo Agnelli, figlio dell’Avvocato. Gli piaceva andare in moto, ma ogni tanto aveva qualche piccolo incidente. Per suo vezzo, aveva sostituito il marchio circolare della moto con un «simbolo dello yin e dello yang. Lo disegnavo spesso, ormai lo sapevo a memoria». E poi, le è rimasto impresso quell’emiro, che «voleva allestire un aereo con stanze, come fosse una casa. Oro ovunque, una pacchianeria pazzesca».


Carla Manfredini all’Asi (foto di Claudio Laugeri)

 

Gli altri interessi
Nella sua collezione di lavori ci sono anche più di 600 «pigotte» per l’Unicef, ma anche «la sistemazione delle piastrelle sul terrazzo, impianti elettrici e un tavolo, che ho messo a posto e accorciato. Lavoretti che vengono considerati da uomo, ma mio padre era un militare e ho imparato a fare un po’ di tutto».

Le auto, però, sono sempre nel cuore. La passione segreta di Carla Manfredini la «rossa» di Maranello. Desiderava tanto guidarne una e lo ha fatto: «Era una Ferrari 348», ricorda. E adesso, altri sogni nel cassetto? «Comprare un castello. Anche piccolo, per carità. Sì, mi piacerebbe proprio».



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