Monte Paschi sferra l’attacco a Mediobanca, si tratta del crocevia più delicato dall’intera finanza nazionale perchè porta dritto dritto al controllo di Generali, la maggiore multinazionale del Paese insieme a Eni ed EssilorLuxottica.
La clamorosa scalata di Mps passa da un’Offerta pubblica di scambio da 13,3 miliardi sul 100% delle azioni di quello che è stato il tempio di Enrico Cuccia e che oggi è la moderna merchant bank guidata da Alberto Nagel con interessi diversificati dal corporate e investment banking al retail (con Mediobanca Premier) fino al credito al consumo (con Compass).
Il premio proposto dall’istituto di Rocca Salimbeni è pari al 5,03% rispetto ai prezzi seganti ieri da Piazzetta Cuccia in Borsa: il concambio è stato fissato a 2,3 azioni di nuova emissione di Mps per ogni titolo esistente di Mediobanca. Sul tavolo ci sono quindi l’equivalente di 15,992 euro per azione in termini di prezzo implicito. Nulla però in contanti, tutto carta contro carta.
Siena dice di voler così dare vita al terzo polo bancario italiano alle spalle di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Mps, che vede il ministero del Tesoro di Giancarlo Giorgetti ancora come primo socio accanto all’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone e la Delfin di Francesco Milleri, aggiunge che i due brand – Mps e Mediobanca – saranno preservati nel loro differente posizionamento consentendo alle famiglie e alle imprese nazionali di accedere a un’ampia piattaforma di servizi finanziari. Specifica che le nozze assicurano una significativa creazione di valore per tutti gli azionisti, grazie a una maggiore redditività rispetto a quella delle due realtà oggi separate.
Il tutto a fronte di una forte solidità patrimoniale (Cet One proforma al 16%), efficienza (Rote prossimo al 14%) e dividendi in aumento. Circa 700 milioni le sinergie ante imposte attese annue, di cui 300 milioni da ricavo e altrettante legate al taglio dei costi, infine 100 milioni di benefici sul fronte della raccolta (funding).
“Con questa operazione di natura industriale vogliamo segnare un nuovo approccio nel percorso di consolidamento del settore bancario che in maniera innovativa crea valore da subito sia per gli azionisti di MPS che di Mediobanca, e ritengo anche per l’intero sistema Paese. Puntiamo a un nuovo campione nazionale, con due brand di eccellenza, che vogliamo proteggere e ancor più valorizzare. Un nuovo e moderno gruppo bancario altamente competitivo, leader in business specialistici chiave e con una forte solidità patrimoniale, che si pone l’obiettivo di svolgere in modo sempre più virtuoso il ruolo di sostegno a famiglie, imprese e comunità locali”, ha dichiarato l’amministratore delegato di Mps, Luigi Lovaglio.
L’operazione permette inoltre di usare in modo più rapido le Dta, acronimo di Deferred Tax Assets cioè crediti di imposta, ora in pancia a Mps, trasferendo così da Siena agli azionisti della “preda” Mediobanca un valore attuale netto stimato di 1,2 miliardi; a conti fatti pari più o meno al 10% della capitalizzazione di PIazzetta Cuccia.
“Insieme e a beneficio di tutti gli azionisti, abbiamo l’opportunità di creare un player con un modello di banca globale best- in-class e resiliente, facendo leva su competenze distintive e complementari, capillari reti distributive e agili piattaforme digitali. Una combinazione di business unica di talenti, know-how, brand e valori. La giusta sintesi per un’eccellenza italiana su cui costruire un futuro di crescita e innovazione a beneficio di clienti, dipendenti, azionisti e tutti gli altri stakeholder”, ha concluso il banchiere che è stato anche il fautore del pieno rilancio di Mps dopo la sua crisi e il salvataggio di Stato.
Arriva intanto il plauso della Fabi, il primo sindacato del settore bancario guidato da Lando Maria Sileoni, uomo dal raffinato fiuto politico e profondo conoscitore delle leve che muovono il sistema: “L’offerta pubblica di scambio del Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca rappresenta un’azione strategica di grande rilevanza, decisa, da chi ha una visione chiara del futuro del settore, della finanza e del Mondo, anche al di fuori dei soliti schemi e rituali. L’operazione potrebbe contribuire a completare le dinamiche del sistema finanziario italiano, in un contesto di forte consolidamento”, afferma Sileoni chiedendo come è naturale per un sindacato “un piano industriale chiaro e trasparente, che tuteli le lavoratrici e i lavoratori, la clientela e i territori. La Fabi, assieme alle altre organizzazioni sindacali, vigilerà su tutto il percorso”.
Come ha spiegato in questo articolo Nicola Porro dietro all’Offerta pubblica di Monte Paschi su Mediobanca però c’è ben altro. In gioco c’è anche il destino delle Generali, di cui Mediobanca indirizza da sempre le sorti forte del suo 13% del capitale.
Lo stesso amministratore delegato del Leone, Philippe Donnet è in scadenza con la prossima assemblea e cerca il rinnovo del mandato. Senza contare che Nagel è tallonato al suo interno da Caltagirone e Milleri che hanno preso posto anche in questo caso nel libro soci per chiedere una svolta.
Generali è infatti in trattativa per unire le proprie attività di risparmio gestito con la francese Natixis. Operazione che è stata accolta con un fuoco di sbarramento da parte di maggioranza e opposizione in nome del risparmio nazionale.
Non solo, ancora volta Caltagirone e Milleri sono in prima fila anche nel capitale di Banco Bpm, sui cui Unicredit di Andrea Orcel ha lanciato un’offerta pubblica di scambio che ha sconquassato i piani del governo di creare il terzo polo del credito attorno a Piazza Meda e appunto a Mps.
Un grande intreccio. Ora l’attacco finale di Mps direttamente su Mediobanca. In Borsa, come quasi sempre accade chi lancia l’Opa cade e la preda sale: mentre scriviamo Mps crolla così del 7% circa, mentre Mediobanca sale del 3% circa. Positivi anche Banco Bpm e Unicredit. Il conflitto è solo all’inizio.
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