Quante donne hanno la partita IVA in Italia?

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  • L’Italia è al primo posto per numero di partite IVA rosa;
  • Cagliari è al provincia con più lavoratrici indipendenti in percentuale (40,5%);
  • Il 56% delle donne imprenditrici lavora nel settore dei servizi.

L’Italia è il paese europeo con più partite IVA al femminile. Lo rivela uno studio1 della Cgia di Mestre sul numero di professioniste e imprenditrici nell’area UE, ed è un dato che va approfondito perché “convive” con un altro record (negativo, però).

Le donne titolari di partita IVA nel 2023 sono state 1.610.000 in Italia, più numerose che in Francia e Germania (notoriamente con più abitanti) dove rispettivamente ne erano presenti 1.433.100 e 1.294.100.

A sorprendere è proprio il fatto che la popolazione femminile francese e tedesca, in età lavorativa, supera nettamente quella italiana (+1,9 milioni di donne in Francia e addirittura +7,3 milioni in Germania), il che rende i numeri ancora più rilevanti, in proporzione.

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Donne con partita IVA in Europa

Nel nostro Paese, tuttavia, si registra anche il più basso tasso di occupazione femminile d’Europa (Eurostat 2024), dato che sembrerebbe contrastare, a questo punto, con tanta propensione all’imprenditorialità. Perché dunque così tante donne aprono la partita Iva in Italia?

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Perché tante donne imprenditrici

La popolazione femminile italiana compresa tra i 20 e i 64 anni conta 17.274.251 donne. Le titolari di partita IVA, come già riportato, sono 1.610.000.

Si tratta di titolari o socie di imprese e di attività commerciali ma anche di libere professioniste che lavorano da sole e senza dipendenti. Donne che, soprattutto dopo la maternità, trovano nell’autoimpiego l’unico modo per inserirsi nuovamente nel mercato del lavoro, avere un’indipendenza economica ma anche realizzare le proprie ambizioni di tipo professionale.

Il fattore motivazionale

Dati Istat alla mano infatti, proprio le donne imprenditrici o le freelancer risultano essere più giovani e istruite rispetto ai colleghi/competitor uomini.

Motivo per cui il fattore motivazionale risulta rilevante nella scelta di intraprendere un percorso imprenditoriale, pur di lavorare dopo anni di studi accademici e aspirazioni per il proprio futuro lavorativo.

Il fattore strutturale

L’altro motivo per cui le donne hanno la partita IVA in Italia invece si lega a un fattore di tipo strutturale, data la precarietà del lavoro, la carenza di servizi sociali e di assistenza all’infanzia nonché di una rete di supporto valida per una donna che diventa madre.

In questo senso, spesso l’autoimprenditorialità diventa una necessità per meglio conciliare la gestione della casa e dei figli, nonché per trovare uno sbocco lavorativo che le garantisca indipendenza non solo economica ma anche psicologica e culturale.

Donne che assumono donne

Proprio gli aiuti all’imprenditoria femminile (non solo a livello sociale ma anche economici) potrebbero rappresentare un input decisivo per aumentare l’occupazione delle donne in Italia. Studi internazionali hanno infatti dimostrato che le donne tendenzialmente assumono altre donne, di sicuro in maniera maggiore rispetto agli uomini.

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Al netto degli incentivi anche fiscali, disponibili per chi assume donne, l’imprenditoria femminile può potenziare gli investimenti per l’appunto nei settori dei servizi per la prima infanzia, storicamente inadeguati nel nostro Paese. L’effetto sarebbe la creazione di nuovi posti di lavoro in ambiti a maggior tasso di prevalenza femminile.

A ogni modo la tendenza delle donne ad assumere altre donne è generalizzata e si estende anche ad altri settori.

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Donne con la partita IVA in Italia: dove vivono e settori d’impiego

Sempre secondo gli ultimi dati aggiornati e diffusi dalla Cgia di Mestre, emerge che il settore dei servizi è quello in cui più elevata è la presenza di donne imprenditrici (il 56% del totale).

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Servizi alla persona, ad esempio parrucchiere o estetiste ma anche titolari di lavanderie e spa, e servizi alle imprese, dalle agenzie di viaggio e immobiliari a quelle di marketing e pubblicitarie nonché studi di commercialisti o consulenti del lavoro.

Circa il 20% delle donne imprenditrici lavora nel commercio, il 10% nell’Horeca (comparto alberghiero e di ristorazione), solo il 6% nell’industria e nell’agricoltura.

La maggior parte delle donne che hanno la partita IVA in Italia vive al Sud, un dato che a questo punto non sorprende, se la chiave di lettura è l’inversa proporzionalità con il tasso di occupazione.

In cima alla classifica nazionale, c’è Cagliari con il 40,5% di imprese a guida femminile, a seguire Benevento con il 30,5%, Avellino con il 30,2% e Nuoro con il 29,3%. Considerando invece il numero delle imprese in valore assoluto (e non in percentuale), la città più “rosa” d’Italia è Roma, seguono Milano e Napoli.

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