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La riforma delle pensioni rimane un tema caldo, anche perchè la Legge di Bilancio non ha portato grandi novità nel sistema pensionistico italiano. La Legge Fornero continua a prevedere requisiti molto rigidi per accedere alla pensioni e per superarli è necessario dare una maggiore flessibilità al sistema previdenziale italiano e le soluzioni, negli anni, sono state proposte in diverse occasioni.
Si tratta di soluzioni studiate approfonditamente da personaggi che del mondo previdenziale ne sanno, ma fino ad ora non sono state mai prese in considerazione preferendo prorogare misure in uso l’anno precedente, come la quota 103, l’Ape sociale e l’Opzione donna.
Ma quali sono le soluzioni che maggiormente sono emerse tra quelle proposte e che potrebbero rappresentare un’alternativa valida? Andiamole ad analizzare.
Pensione a 64 anni con 20 anni di contributi per tutti
Una proposta significativa prevede la possibilità di andare in pensione a 64 anni con soli 20 anni di contributi e accettando un ricalcolo interamente contributivo. Si tratta della possibilità di estendere a tutti i lavoratori quella che oggi viene chiamata pensione anticipata contributiva.
Ad oggi la misura permette il pensionamento solo a coloro che ricadono nel sistema contributivo, ma prevede anche il paletto molto stringente dell’importo della pensione che, nel peggiore dei casi, deve essere di almeno 3 volte l’assegno sociale Inps.
La proposta di estenderla a tutti, riducendo il paletto dell’importo dell’assegno avrebbe un duplice obiettivo: da una parte permettere l’utilizzo della misura anche a chi oggi ricade nel sistema retributivo, dall’altra, prevedendo il ricalcolo contributivo, permettere un risparmio ingente sulle pensioni erogate.
“Quota 41” per tutti i lavoratori
Un’altra soluzione proposta è l’implementazione della quota 41 per tutti, che permetterebbe ai lavoratori di andare in pensione una volta maturati 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica.
Attualmente, la Legge Fornero prevede requisiti contributivi più elevati, rendendo difficile l’accesso anticipato alla pensione e l’attuale quota 41 permette l’accesso soltanto ai lavoratori precoci (con almeno 12 mesi di contributi versati prima del compimento dei 19 anni di età) ch che rientrano in precisi profili di tutela (caregiver, invalidi, disoccupati e gravosi).
L’adozione della quota 41 offrirebbe una via d’uscita più equa per coloro che hanno iniziato a lavorare in giovane età, riconoscendo il lungo periodo di contribuzione al sistema previdenziale.
Pensione con formula basata su età e contributi
La terza proposta riguarda la reintroduzione di un sistema che combina età anagrafica e anni di contributi, simile alla precedente quota 100.
Ad esempio, permettere il pensionamento a partire dai 62 anni di età con almeno 38 anni di contributi, oppure dai 64 anni con 36 anni di contributi. Questo modello offrirebbe maggiore flessibilità, adattandosi alle diverse carriere lavorative e alle specifiche esigenze dei lavoratori. A differenza della quota 100, però, permetterebbe una maggiore elasticità, visto che un lavoratore che lavora da più anni potrebbe andare in pensione prima di uno che lavora da meno anni (compenserebbe l’età con i maggiori contributi versati).
La pensione con quota 92
La proposta di attuare una quota 92 per poter andare in pensione circola da diversi anni. Avanzata da Cesare Damiano e Graziano del Rio la formula prevedeva di andare in pensione con una quota 92 che si ottiene sommando l’età di 62 anni con almeno 30 anni di contributi. Si tratta di una misura che sarebbe accessibile a tutti, che quasi ogni lavoratore potrebbe cogliere e proprio per questo necessita di restrizioni.
Si era parlato di limitare la quota 92 solo ai lavoratori fragili per permettere loro di uscire dal mondo del lavoro più facilmente. L’ipotesi, però poteva anche prevedere di estendere la possibilità a tutti i lavoratori ma con una forte penalizzazione sull’assegno: il 3% in meno per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni. Chi usciva, quindi, a 62 avrebbe avuto una penalizzazione del 15% sull’assegno pensionistico.
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