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Si chiama voglia di fare impresa e in termini assoluti anche nel 2024 è stato il Sud a salire sul gradino più alto di questa classifica che comunque continua a sorridere al Paese, sia pure con una leggera frenata rispetto all’anno precedente. L’anagrafe delle imprese italiane, aggiornato puntualmente dai dati di Movimprese, elaborati da Unioncamere e InfoCamere sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio, parla di un saldo positivo di 13.684 unità al Mezzogiorno, frutto della differenza tra 100.715 nuove iscrizioni e 87.031 cessazioni. È il numero più alto tra le macroaree, che conferma il Sud come il territorio in cui è presente lo stock maggiore di imprese attive, oltre 2 milioni sul totale di 5 milioni 876mila censite al 31 dicembre scorso. Rispetto al saldo totale del Paese, che rimane comunque attivo nel 2024 per 36.856 unità (ma con un incremento non trascurabile di cessazioni), siamo ad oltre un terzo.
Il tasso di crescita è stato pari allo 0,67%, un po’ più basso dello 0,72% del 2023 ma comunque superiore alla media nazionale dello 0,62%, calata dello 0,08% sul 2023. Il Nord Ovest resta vicinissimo (0,69%) mentre il Centro si conferma leader con lo 0,80%, pur perdendo qualche decimale come lo stesso Nord Ovest. In coda, molto distaccato, rimane il Nord est che accusa il calo più vistoso (da 0,47% a 0,23%), confermando una tendenza alla denatalità delle imprese iniziata ben prima dell’emergenza pandemica e tutt’altro che conclusa.
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La Campania è la prima regione del Sud per saldo attivo, con un tasso di crescita dell’1,02% nel 2024 (-0,02% sul 2023) inferiore solo a quelli di Lazio (1,63%) e Lombardia (1,12%). Sono state oltre 31mila le nuove imprese iscritte nel 2024 ai registri camerali contro 25mila cessazioni, per una differenza in positivo di 6.197 unità che portano il totale delle imprese a oltre 595mila. Ce ne sono di più in Italia solo in Lombardia (943mila). Tra le province, Napoli è al quarto posto per tasso di crescita (1,58%), dietro Milano (2,02%), Rieti (+1,87% ma con poche centinaia di imprese) e Roma (1,80%): nel 2024 tra capoluogo e area metropolitana ci sono state 17mila nuove nascite di imprese a fronte di 12mila cessazioni. In graduatoria, inoltre, il Sud è ben rappresentato nei primi 10 posti con Sassari, Bari e Brindisi. Ad eccezione, inoltre, di Abruzzo e Molise, tutte le altre sei regioni del Mezzogiorno hanno registrato un tasso di crescita positivo (nove quelle del Centro Nord, con performance negative per Piemonte, Umbria e Marche).
Le tipologia
Ma che tipo di nuove iscrizioni emerge dai dati di Movimprese, che peraltro segnala non senza preoccupazione «uno dei tassi di natalità più contenuti degli ultimi 20 anni» (peggio si è fatto solo durante il Covid) e l’ampliarsi del fenomeno delle “culle” vuote in un numero crescente di Comuni, come vediamo a parte? A livello settoriale, il saldo positivo del 2024 del Paese (+36.856 imprese) riflette dinamiche eterogenee tra i vari comparti. «Oltre l’80% della crescita annuale (29mila imprese) si concentra in soli tre macro-settori: attività professionali scientifiche e tecniche (+10.845 imprese, pari ad un tasso di crescita del 4,40% su base annua); costruzioni (10.636 imprese in più, corrispondenti ad una crescita dell’1,27%); alloggio e ristorazione (+8.125, pari a +1,78%)». In modo quasi speculare, spiega il rapporto, «altri tre grandi comparti hanno pesato in senso negativo sul saldo, con una riduzione apprezzabile del proprio perimetro imprenditoriale: commercio (10.129 imprese in meno, pari a -0,72% contro il -0,60% del 2023), agricoltura, silvicoltura e pesca (-7.457, pari a -1,06%, in linea con l’anno precedente) e attività manifatturiere (-4.137, pari a -0,81% contro -0,56% del 2023).
Provando a territorializzare i dati, sulla scorta delle indicazioni emerse nei mesi scorsi dalle analisi di tutti gli osservatori economici che si occupano di Sud, da Svimez a Srm, da Banca d’Italia a Confindustria, si può ragionevolmente sostenere che al Sud l’incidenza delle costruzioni è stata sicuramente maggiore, a dispetto di quanti prevedevano il peggio per il settore dopo lo stop al Superbonus “prima edizione”. Lo stesso vale per il commercio nell’ambito del terziario allargato che si conferma il più dinamico nel Mezzogiorno (non a caso assorbe la maggiore quota di occupazione complessiva), con il buon andamento del turismo a fare da traino. Luci e ombre invece per il manifatturiero che anche a livello meridionale risente della frenata che sta caratterizzando il comparto in quasi tutta Italia.
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In termini di forme organizzative, alla fine del 2024 il tessuto imprenditoriale italiano appare comunque rafforzato grazie alla significativa espansione delle imprese costituite in forma societaria, cresciute del 3,25% rispetto al 2023 (+60mila unità). Questo progresso avviene a scapito delle altre forme organizzative, il cui numero si si è complessivamente ridotto di oltre 24mila unità (meno 14mila le società di persone, meno 10mila le imprese individuali).
«Oltre all’aspetto della denatalità di impresa di alcuni territori, un andamento che crea disparità tra le nostre regioni – sottolinea il Presidente di Unioncamere, Andrea Prete – vanno valutate ed approfondite le cause che stanno portando a una riduzione della base imprenditoriale di alcuni settori cardine della nostra economia, come il commercio, l’agricoltura e il manifatturiero. Positiva invece la crescita di diversi comparti dei servizi, a partire dalle Attività professionali scientifiche e tecniche».
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