In Repubblica Democratica del Congo i ribelli sono ormai alle porte della capitale


Sempre di più vicino lo scontro tra Ruanda e Repubblica Democratica del Congo. La milizia ribelle M23, sostenuta dal Ruanda, è riuscita negli ultimi 10 giorni a circondare la capitale regionale del Nord Kivu, Goma. Con la morte, avvenuta ieri, del governatore militare del Nord Kivu, l’M23 sta preparando l’assalto alla città dove vivono più di due milioni di persone. La comunità internazionale si dice preoccupata per il peggiorare delle condizioni umanitarie della popolazione civile e riporta che dall’inizio dell’anno sono state sfollate 400.000 persone.

La settimana scorsa con roboanti dichiarazioni il portavoce dell’esercito della Repubblica Democratica del Congo, Guillaume Ndjike Kaiko, affermava che «I ribelli dell’M23 sono stati fermati dalle Forze armate della RDC e sono stati respinti quasi ovunque». Una dichiarazione che sembrava presagire una nuova fase della devastante guerra nelle ricche regioni orientali della Rdc, ma così non è stato. All’inizio di questa settimana infatti la milizia ribelle M23 sostenuta, secondo diverse indagini di Nazioni Unite, Stati Uniti e Congo, dal Ruanda ha sferrato una pesante offensiva riconquistando diverse posizioni perse nelle regioni ricche di minerali del  Nord e Sud Kivu, arrivando a una ventina di chilometri dalla capitale del Nord Kivu, Goma. La città è un polo regionale per il commercio affacciata sul lago Kivu e il suo aeroporto è fondamentale per il trasposto degli aiuti umanitari. Nei lunghi anni di instabilità della regione, Goma è stata rifugio per milioni di persone in fuga dalle violenze. Oggi conta due milioni di abitanti molti dei quali vivono negli enormi campi profughi alla sua periferia. Il governatore provinciale del Sud Kivu, Jean-Jacques Purusi, ha confermato martedì la perdita di Minova, città chiave sulla rotta di approvvigionamento per Goma, aggiungendo che i ribelli hanno catturato anche le città minerarie di Lumbishi, Numbi e Shanje, come riporta Al-jazeera

Mercoledì sono iniziati gli scontri anche a Sake, fondamentale città  nel Nord Kivu, portando l’M23 a poco più di di 20 chilometri dalla capitale regionale. La battaglia per la conquista di Sake sembrerebbe continuare e ancora non ci sono notizie certe su chi abbia il pieno controllo della città. É di ieri la notizia dell’uccisione del governatore del Nord Kivu, il generale Peter Chirimwani, al comando del governo provinciale dal 2023 quando la regione è stata posta sotto legge marziale. Il generale pare che giovedì abbia fatto visita ai soldati sulla linea del fronte dove è stato ferito per poi morire ieri in un ospedale di Kinshasa dove era stato trasferito d’urgenza. La missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite in Congo, MONUSCO, ha affermato che la sua artiglieria pesante ha fatto fuoco contro le posizioni dell’M23 a Sake nelle ultime 48 ore e ha riposizionato le sue forze in punti strategici per rafforzare il suo dispiegamento a Goma e nei dintorni. 

Con l’avvicinarsi della battaglia, negli ultimi 10 giorni, almeno 180.000 persone sono scappate da Goma, fuggitivi che si aggiungono ai più 230.000 sfollati registrati dall’inizio del nuovo anno dalle Nazioni Unite. Il panico è esploso tra la popolazione quando si sono iniziati a sentire i colpi di artiglieria sempre più vicini e si sono visti arrivare centinaia di civili feriti che, arrivati dai villaggi vicini, sono stati portati all’ospedale centrale della città. 

«Stiamo scappando, ma non sappiamo dove stiamo andando perché ovunque le bombe ci seguono» ha raccontato ad Ap David Kasereka mentre saliva in sella a una vecchia moto con in braccio un bambino di 3 anni. A causa dei duri scontri e bombardamenti che stanno avvenendo alla periferia della città, molti civili hanno deciso di rifugiarsi nel centro della capitale regionale, «I pesanti bombardamenti hanno costretto le famiglie di almeno nove insediamenti di sfollati nella periferia di Goma a fuggire in città per cercare sicurezza e riparo» ha affermato ieri Matthew Saltmarsh, portavoce dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). 

A causa dello scontro tra Repubblica Democratica del Congo e del Ruanda dall’inizio dell’anno sono state sfollate 400.000 persone

«La popolazione di Goma ha sofferto molto, come altri congolesi», ha detto un portavoce dell’M23, Lawrence Kanyuka,  giovedì su X. «L’M23 è in viaggio per liberarli e devono prepararsi ad accogliere questa liberazione». Parole che però non trovano riscontro nei racconti dei civili in fuga dalle città conquistate, che parlano di stupri uccisioni sommarie e arruolamento nella milizia di giovani e giovanissimi. 

L’M23 è uno dei più di 100 gruppi armati che si contendo il controllo delle miniere e delle vie commerciali nel Congo orientale. Nata il 23 marzo del 2009, l’M23 è formata da soldati di etnia tutsi che iniziarono la prima avanzata verso Goma, per poi conquistarla e tenerla per qualche settimana, nel 2012. Rimasta dormiente per un decennio, nel 2022 la milizia ha ricominciato a minacciare le regioni orientali della Rdc, riuscendo, negli ultimi 10 giorni, a conquistare più territorio di quanto non avesse fatto negli ultimi due anni e mezzo. Secondo indagini indipendenti delle Nazioni Unite e non solo, la milizia è sostenuta logisticamente e numericamente dal Ruanda. Kigali ha sempre negato queste accuse anche se ha ammesso la presenza di truppe e postazioni missilistiche ruandesi sul suolo congolese. La motivazione del dispiegamento di questi effettivi è sempre stata la difesa dei confini del Ruanda soprattutto dalle milizie hutu che dopo essersi macchiate del genocidio ruandese sono fuggite in Congo. 

Ormai però è chiaro il sostegno all’M23 che ha come missione quella di  prendere il controllo delle maggiori città e miniere della regione, per poi contrabbandare i minerali in Ruanda. «Gli studi hanno da tempo evidenziato il contrabbando di risorse dal Congo al Ruanda», ha affermato Ladd Serwat, analista senior per l’Africa presso l’Armed Conflict Location & Event Data Project. «I funzionari congolesi accusano sempre più il Ruanda di volere il controllo sulle risorse della regione e di voler annettere parti del Congo». Nei territori sotto il suo controllo l’M23 implementa il proprio sistema fiscale, gestisce un governo locale e controlla le risorse naturali.

Milizie dell’M23

La tensione e gli scontri non sono mai stati così gravi come lo sono ora, e la paura che le cose possano degenerare in una vera e propria guerra regionale non è poi così improbabile. Mercoledì infatti il portavoce del governo di Kinshasa, Patrick Muyaya, ha dichiarato a France24 che la guerra con il Ruanda «è un’opzione da considerare». Un’eventualità che inasprirebbe la già gravissima crisi umanitaria che vede più di 7 milioni di sfollati interni e centinaia di migliaia di morti che si aggiungono ai milioni di morti che il Congo orientale ha collezionato dalla fine della trentennale dittatura di Mobutu Sese Seko nel 1998. Anche il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, giovedì sera ha condannato duramente la rinnovata offensiva dell’M23, affermando che «questa offensiva ha un impatto devastante sulla popolazione civile e ha aumentato il rischio di una guerra regionale più ampia». Per lunedì è stata convocata una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza dell’Onu per affrontare la crisi congolese. Chiesta da Kinshasa e sostenuta dalla Francia la convocazione della riunione ha lasciato spazio a delle critiche da parte del governo congolese che per voce del suo ministro degli Esteri, Thérèse Kayikwamba Wagner, ha criticato l’inattività del Consiglio di Sicurezza dell’ONU affermando che «questa crisi è soprattutto il risultato dell’inazione del Consiglio, nonostante l’internazionalizzazione del conflitto e le prove evidenti della presenza ruandese sul suolo congolese». 

[di Filippo Zingone] 





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