Tra magistrati e governo è scontro totale: toghe fuori dall’aula in tutta Italia

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di
Fulvio Bufi

Durante le cerimonie per l’avvio dell’anno giudiziario, i magistrati hanno abbandonato le aule in tutta Italia: a Napoli mentre parlava il ministro della Giustizia Carlo Nordio

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NAPOLI – Sono più di quattrocento, la maggior parte indossa la toga, e chi non ce l’ha porta almeno una coccarda tricolore appuntata sulla giacca. Sono pubblici ministeri, procuratori, giudici, magistrati in pensione. Occupano quasi per intero le file di sedie nella seconda metà dell’immenso Salone dei Busti di Castel Capuano. E appena al microfono va il ministro Nordio, si alzano e se ne vanno. Ognuno ha in mano una copia della Costituzione, e tutti pare che la seguano tenendola in alto mentre sfilano in direzione opposta a quella da dove sta parlando l’uomo che in Italia governa la Giustizia.

È il giorno in cui nei distretti di Corte d’Appello si celebra la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, che arriva nel pieno dello scontro tra governo e Associazione nazionale magistrati su riforma della giustizia e separazione delle carriere. E quello che accade a Napoli si ripete uguale a Roma, a Milano, a Torino, Palermo. Ovunque.




















































Nell’aula Europa della Corte d’Appello della Capitale a rappresentare il governo c’è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mantovano. E pure lì i magistrati aderenti all’Anm escono quando lui inizia il suo intervento. Toghe, coccarde e Costituzione sono schierate esattamente come a Napoli. Ma a Roma sono esposti anche cartelli che citano una frase pronunciata nel 1955 da Piero Calamandrei durante un ciclo di conferenze sulla Costituzione. «Se volete andare in pellegrinaggio dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne, nelle carceri, nei campi, dovunque è morto un italiano per riscattare la nostra libertà, perché è lì che è nata questa nostra Costituzione».

A Milano la protesta (che nelle forme sarà poi uguale alle altre) ha un prologo: giudici e pubblici ministeri schierati sul grande scalone all’ingresso del Palazzo di Giustizia. Esattamente come fecero, poco meno di dodici anni fa, i parlamentari berlusconiani per contestare l’operato delle toghe milanesi impegnate nel processo Ruby.

Presidenti di Corte d’Appello e procuratori generali hanno, come di consueto, fornito valanghe di dati su reati, inchieste, processi, sequestri e sull’eterna carenza di organici. Ma stavolta lo scontro toghe-governo si è imposto su tutto e dappertutto. E se la presidente del Consiglio Meloni commenta da Jeddah la giornata nei tribunali italiani dicendo che «le proteste sono sempre legittime ma mi rammarica questo atteggiamento dell’Anm per cui ogni riforma sul tema giustizia diventa un’Apocalisse», il ministro Nordio, da Napoli, definisce «improprio» «pensare che un ex magistrato come me possa avere come obiettivo quello di umiliare la magistratura».

Ma a chiarire il pensiero dell’Anm sulla riforma, al di là delle argomentazioni tecniche, si rivelano efficaci le parole della presidente della sezione napoletana dell’Associazione, Cristina Curatoli: «Intendiamo garantire la nostra funzione in nome del solo popolo italiano», e perciò «sentiamo la necessità di difendere i valori alla base della nostra carta costituzionale da riforme che avranno l’effetto di scardinare i principi di indipendenza e autonomia che i padri costituenti hanno fortemente voluto».

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25 gennaio 2025 ( modifica il 25 gennaio 2025 | 21:53)

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