Bruno (Ali): ‘Riordino gioco, più risorse per i Comuni’

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Quando si parla di gioco e territori, e del dibattito che li ha visti protagonisti in questi anni, non si possono dimenticare le associazioni che più spesso sono finite in prima linea, a volte con posizioni intransigenti, ma che possono offrire spunti di confronto e discussione fra le varie parti in causa.

Fra loro c’è anche Ali-Autonomie locali italiane, alla quale aderiscono circa 1.200 Comuni Italiani, 3 Città metropolitane, 20 Province, una Regione, e che è presieduta dal settembre 2024 dal sindaco di Roma Capitale, Roberto Gualtieri.

A rappresentarne la visione, e a raccontarne le iniziative, è Giovanna Bruno, sindaca di Andria (Bt) e vicepresidente di Ali con delega alla legalità, in un’intervista pubblicata sul numero di gennaio della rivista Gioco News (consultabile integralmente online a questo link).

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Quali sono le iniziative messe in campo dal Comune di Andria in materia di contrasto al gioco patologico?

“Il Comune di Andria ha adottato un approccio articolato e integrato per affrontare la problematica del gioco d’azzardo patologico, che rappresenta una vera emergenza sociale. La nostra azione si è basata su tre pilastri fondamentali: regolamentazione, sensibilizzazione e assistenza. Per quanto riguarda la regolamentazione, abbiamo introdotto limiti orari rigorosi per il funzionamento degli apparecchi da gioco, riducendo la loro disponibilità nelle fasce più a rischio della giornata, come le ore serali. Inoltre, abbiamo applicato i cosiddetti distanziometri, ovvero norme che impongono una distanza minima tra le sale gioco e i luoghi sensibili, come scuole, chiese, centri giovanili e strutture sanitarie. Questo strumento ha un impatto diretto sulla prevenzione, poiché limita la possibilità di accesso al gioco, soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione, come i giovani e gli anziani.

Sul fronte della sensibilizzazione, Andria ha avviato numerose campagne informative, sia a livello locale sia in collaborazione con altre istituzioni e associazioni. Queste iniziative hanno coinvolto scuole, famiglie e realtà associative, puntando a educare i cittadini sui rischi legati al gioco patologico. Abbiamo distribuito materiale informativo e organizzato incontri nelle scuole per parlare apertamente di ludopatia, cercando di sfatare miti e promuovere una cultura di consapevolezza.

Infine, sul piano dell’assistenza, ci siamo impegnati a rafforzare i servizi di supporto psicologico per i giocatori problematici e le loro famiglie, collaborando strettamente con le Asl locali e i centri di salute mentale. È stata creata una rete di sostegno che include servizi di consulenza gratuiti, programmi di recupero e gruppi di auto-aiuto, affinché chi vive questa condizione non si senta abbandonato.”

Secondo lei distanziometri, spostamento delle attività di gioco nelle zone industriali e limiti orari al funzionamento degli apparecchi sono davvero un deterrente per i giocatori problematici o meglio investire sulla prevenzione e l’informazione?

“Da un’indagine commissionata nel 2018 dall’Istituto superiore di sanità è emerso che nel nostro Paese una persona ogni 39 si dedica al gioco d’azzardo in modo patologico, con ‘un comportamento di gioco che genera conseguenze negative per sé stessi, per le persone che li circondano, come la rete sociale, e per la comunità in generale’, secondo una delle definizioni date dall’Iss. Anche tra i giovani i dati sono allarmanti, e i numeri in generale sono in costante aumento. Il Libro blu dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli del 2022 riporta che in Italia nel 2022 si sono giocati ben 136 miliardi di euro con un aumento del 22 percento rispetto al 2021, e mostra un rapporto tra la condizione economica e la propensione a giocare: come ha ben spiegato ‘Il libro nero dell’azzardo – La crescita impetuosa dell’azzardo online in Italia. Mafie, dipendenze e giovani’, redatto da Federconsumatori e Cgil, in collaborazione con la Fondazione Isscon, ‘esiste una relazione inversa fra la situazione socioeconomica finanziaria e l’incremento della raccolta complessiva dei giochi d’azzardo. All’acutizzarsi della crisi (reale o percepita) corrisponde una crescita della propensione al gioco e una conseguente contrazione dei consumi.

Motore di questa dinamica, alimentata dalla crescente pubblicizzazione dei giochi d’azzardo legali, è l’idea illusoria di una vincita in grado di garantire la risoluzione in un colpo solo dei problemi economici correlati alla crisi’.

Alla luce di quanto sottolineato, credo fermamente che queste misure rappresentino strumenti utili, ma non possono essere considerate una soluzione definitiva o esclusiva. I distanziometri e i limiti orari hanno un impatto concreto sulla riduzione della disponibilità di gioco, il che è particolarmente rilevante per chi sviluppa dipendenze in risposta a una facilità di accesso eccessiva. Tuttavia, sappiamo che i giocatori problematici non dipendono solo dalla vicinanza fisica a una sala giochi: il problema è molto più complesso e richiede un approccio sistemico.

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Spostare le attività di gioco in zone industriali, ad esempio, può servire a ‘decentralizzare’ il fenomeno e ridurre il rischio di esposizione per categorie fragili come i giovani, ma non basta a impedire che una persona dipendente cerchi alternative, magari online. Per questo motivo, credo che la vera svolta si giochi sul piano della prevenzione e dell’informazione. Investire in programmi educativi mirati, che inizino già nelle scuole, può aiutare le nuove generazioni a sviluppare una maggiore consapevolezza dei rischi legati al gioco d’azzardo.

L’informazione non deve fermarsi qui: è fondamentale raggiungere anche gli adulti, utilizzando canali come i social media, i centri di aggregazione e le parrocchie. I messaggi devono essere chiari, accessibili e, soprattutto, costanti. Inoltre, il sostegno a chi è già vittima della ludopatia deve includere campagne di sensibilizzazione che informino sulle risorse disponibili, come centri di ascolto e programmi di recupero.”

Lei è favorevole a un riordino nazionale del gioco fisico? Quali regole di base dovrebbero esserci?

“Sì, un riordino nazionale è assolutamente necessario. Attualmente, la situazione normativa sul gioco d’azzardo fisico è frammentata, con differenze significative tra regioni e comuni. Questo crea una disparità territoriale che non è accettabile, perché la tutela dei cittadini dovrebbe essere garantita in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.

Le regole di base dovrebbero includere: distanziometri uniformi – è essenziale che ogni punto gioco rispetti una distanza minima dai luoghi sensibili, senza eccezioni o deroghe; limiti orari standardizzati – il gioco deve essere regolamentato anche negli orari, con fasce orarie che rispettino il benessere dei cittadini e riducano il rischio di comportamenti compulsivi; tracciamento delle giocate – l’uso di strumenti tecnologici per monitorare le giocate può aiutare a prevenire comportamenti patologici, consentendo una maggiore trasparenza e un controllo efficace da parte dello Stato; formazione obbligatoria per gli operatori del settore – chi lavora nel settore del gioco deve essere formato per riconoscere i segnali di dipendenza e sapere come indirizzare i clienti verso risorse di aiuto; riduzione progressiva dell’offerta – questo punto è fondamentale. È necessario lavorare a una riduzione graduale del numero di sale giochi e apparecchi da gioco, ma anche dei gratta e vinci. Occorre puntare a una diminuzione dell’impatto sociale del settore. L’esagerata offerta di gioco ha creato milioni di persone dipendenti dal gioco e lo stato paga le cure. Un vero controsenso. Queste regole devono essere accompagnate da risorse economiche e strumenti operativi per i Comuni, che si trovano spesso in prima linea nell’affrontare le ricadute sociali della ludopatia.”

Che ne pensa dell’idea di far partecipare gli enti territoriali agli utili derivanti dal gioco, come approvato dalla Conferenza unificata a gennaio 2024, per organizzare campagne di informazione e prevenzione del gioco patologico?

“Trovo che l’idea di destinare una parte degli utili derivanti dal gioco d’azzardo a campagne di informazione e prevenzione contro il gioco patologico possa sembrare, a prima vista, un compromesso interessante, ma non lo è, perché non affronta la questione alla radice. Il gioco d’azzardo patologico è un problema sociale che causa enormi sofferenze a individui e famiglie, con pesanti ricadute economiche e sanitarie anche per gli enti locali: pensare di finanziare la prevenzione utilizzando risorse che provengono proprio dal sistema che alimenta queste dipendenze è assolutamente contraddittorio.

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Come sindaco, ritengo prioritario adottare politiche che riducano l’offerta di gioco d’azzardo sul territorio. La nostra attenzione non dovrebbe essere focalizzata solo sulla gestione dei danni, ma sulla prevenzione vera e propria. Le leggi nazionali degli ultimi anni, come il decreto che ha limitato la pubblicità del gioco d’azzardo e il divieto di sponsorizzazioni, vanno nella giusta direzione, ma serve fare di più.

La Regione Puglia, ad esempio, con la sua legge regionale contro le ludopatie, ha mostrato una forte determinazione imponendo limiti rigorosi, come il rispetto delle distanze minime tra i luoghi sensibili (scuole, luoghi di culto, centri giovanili) e le sale gioco. È un modello che supporto pienamente. Tuttavia, sono consapevole delle difficoltà legate all’attuazione pratica di queste normative, soprattutto quando ci si scontra con gli interessi economici delle grandi società del settore. Gli enti territoriali hanno il dovere di rendere queste leggi effettive, vigilando con attenzione e coinvolgendo attivamente i cittadini.

Un possibile strumento potrebbe essere la creazione di un fondo nazionale alimentato specificamente per combattere il vizio del gioco, i trucchi persuasivi utilizzati dalle piattaforme e società del gioco e le ludopatie. Questo fondo dovrebbe essere indipendente dagli utili del settore, eliminando così la contraddizione. Sarebbe una soluzione accettabile, ma per arrivarci servirebbe una discussione collettiva che, purtroppo, non abbiamo ancora affrontato in modo serio e strutturato.

Non possiamo dimenticare che dietro al gioco d’azzardo si celano storie di disperazione: famiglie rovinate, giovani intrappolati in un circolo vizioso e persone vulnerabili esposte a un sistema che sfrutta la fragilità umana. Da sindaco, mi oppongo fermamente a un sistema che, anche indirettamente, legittimi un fenomeno così pericoloso per la nostra società.

Dobbiamo costruire una comunità che promuova alternative sane al gioco d’azzardo, come attività culturali, sportive e ricreative, che rafforzino i legami sociali e migliorino la qualità della vita. Non possiamo permettere che i Comuni siano costretti a dipendere dagli introiti di un settore che alimenta dipendenze. Le nostre priorità devono essere la prevenzione, la salute e il benessere dei cittadini.”

In ultimo, sarebbe possibile tracciare una sintesi delle azioni messe in campo-promosse anche in partnership da Ali Autonomie negli ultimi anni in materia di gioco, anche a livello regionale? Così da fare un quadro generale per i nostri lettori.

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“Ali ha da sempre una visione che combina la tutela della legalità e il benessere delle comunità locali. Negli anni passati, abbiamo promosso diverse iniziative a livello nazionale e regionale, cercando di offrire supporto concreto ai Comuni e sensibilizzare l’opinione pubblica.

Tra le azioni più significative, ricordo nel 2013-2014 la campagna di raccolta firme, che abbiamo promosso insieme a Terre di mezzo e Scuola delle buone pratiche, e a cui hanno partecipato molti comuni, per una proposta di legge di iniziativa popolare che desse più potere e prerogative ai sindaci nella lotta per la legalità e contro il gioco d’azzardo, ad esempio sull’apertura di sale da gioco, proprio perché è compito del sindaco salvaguardare il benessere dei propri cittadini.

Un altro aspetto rilevante è stata la collaborazione con il professor Maurizio Fiasco, una delle principali autorità italiane in materia di gioco d’azzardo e ludopatia. Grazie al suo contributo, Ali ha potuto approfondire le dinamiche sociali ed economiche legate al fenomeno e proporre misure ancora più mirate e incisive. Insieme, abbiamo organizzato convegni, redatto linee guida per i Comuni e promosso una formazione specifica per gli amministratori locali, fornendo loro strumenti operativi per contrastare il gioco patologico.

A livello locale, Ali ha supportato molti Comuni nell’elaborazione di regolamenti che prevedessero distanziometri, limiti orari e altre misure preventive. Inoltre, abbiamo organizzato numerosi convegni e tavole rotonde con esperti del settore, amministratori locali e associazioni, per creare consapevolezza e stimolare il dialogo su soluzioni innovative. Un altro aspetto centrale è stata la formazione degli amministratori locali, ai quali abbiamo fornito strumenti e conoscenze per affrontare il problema in modo efficace.

L’impegno di Ali è stato quello di creare una rete tra Comuni, associazioni e cittadini, perché siamo convinti che solo attraverso la collaborazione si possa affrontare una sfida così complessa. La lotta alla ludopatia è una responsabilità collettiva.

La Rete tra i Comuni consente il mutuo scambio di buone pratiche amministrative che, lì dove hanno raccolto risultati concreti, diventano modello anche per altri enti locali.
La forza di Ali, anche su questo tema così sensibile, è un po’ tutta in questo gioco di squadra.”





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