La Galleria Nazionale di Praga, museo Narodni Galerie

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Categorie: Opere e artisti / Argomenti: Arte anticaArte contemporaneaArte ModernaMuseiPraga

La Národní galerie di Praga è un sistema di musei di grandissima qualità, che si snodano dal Medioevo fino all’arte contemporanea, con grandi capolavori della pittura europea. Un modo per conoscere una delle capitali più eclettiche del mondo attraverso le sue opere d’arte.

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Praga, tra le capitali europee, è forse la città che assomma più anime: è stata infatti, nel corso della sua lunghissima storia, centro amministrativo e politico del Regno di Boemia e del Sacro Romano Impero, la “mitteleuropea in fiore” (per usare una fortunata definizione di Franco Cardini) sotto il dominio asburgico, e poi successivamente tentativo di sintesi tra socialismo e occidente, e molto altro ancora. Qui, dove etica protestante e morale gesuitica hanno convissuto fianco a fianco, e dove si è sviluppata una floridissima comunità ebraica, si innestano anche caratteri slavi. Nella città i contrasti sembrano trovare un compromesso tra velleità nazionalistiche e ambizioni internazionali: teatro del surrealismo di Kafka e del razionalismo cubista di Kupka, annidata tra oriente e occidente e tra nord e sud, raccontata da milioni di parole d’inchiostro, messa in melodia dai più grandi compositori, Praga è sfaccettata e brillante come un cristallo di Boemia.

Questa complessità è in parte restituita dalla Národní Galerie (Galleria Nazionale) che è un museo d’arte organizzato in più sedi sparpagliate nel vasto centro urbano della capitale ceca, un’istituzione che per dimensioni e qualità ha diritto di figurare accanto ai più importanti musei europei, sebbene forse non goda della medesima fama.

La ricchezza e la potenza della città di Praga durante il lungo medioevo sono riflesse nelle opere esposte nel Convento di santa Agnese nella città vecchia. L’antico monastero fu fondato da Agnese di Boemia, figlia più giovane di Ottocaro I, primo re di Boemia: nei piani del padre, sarebbe dovuta andare in sposa all’imperatore Federico II, ma invece scelse di prendere i voti (venne poi canonizzata nel 1989). Accanto alla monumentale e suggestiva chiesa gotica, dove sotto le volte ogivali riposa la santa e alcuni esponenti della dinastia reale dei Přemyslide, si dispiega lo spazio espositivo. Al suo interno vi si trovano opere datate dal 1200 al 1550, testimoni mute dell’intricata storia del Regno, fatta di cambiamenti di dinastie e di alterne fortune, che certo trovarono il proprio culmine nella seconda metà del XIV secolo con Carlo IV di Lussemburgo, il regnante che spostò di fatto la capitale del Sacro Romano Impero a Praga, trasformando la città con l’edificazione del celebre Ponte Carlo, la cattedrale e una delle prime università in Europa. Il sovrano, che era uomo di cultura, a contatto con i grandi del suo tempo, come Petrarca, si attorniò di artisti che seppero coniugare le tradizioni locali con le innovazioni che provenivano dall’Italia.

Tra i più interessanti è la bizzarra e misteriosa figura del Maestro Teodorico, pittore di corte, di cui si conoscono poche opere, alcune miniature, oltre al ciclo decorativo della cappella della Santa Croce del castello di Karlštejn, dove si conservavano il tesoro imperiale e le reliquie della Passione. Per questo luogo il pittore realizzò alla metà del XIV secolo 133 tavole dipinte, con torme di angeli, di santi e profeti, organizzati secondo una complessa gerarchia. Diverse tavole di questo imponente cantiere si conservano nel museo, e sono opere di grande forza espressiva, dove i santi occupano monumentalmente tutto lo spazio a disposizione, invadendo anche parzialmente le cornici, e mostrando una tipizzazione fisiognomica che pare rivelare una conoscenza della produzione di Vitale da Bologna e Tomaso da Modena, forse conosciuti durante un viaggio in Italia a seguito di Carlo IV.

L’interno della Chiesa del convento di Sant’Agnese

Allestimenti della collezione medievale
Allestimenti della collezione medievale

Allestimenti della collezione medievale
Allestimenti della collezione medievale

Le opere del Maestro Teodorico
Le opere del Maestro Teodorico

Le opere del Maestro Teodorico
Le opere del Maestro Teodorico

Ma ai modelli italiani sembrano invece sostituirsi esempi del gotico francese nella statuaria, come si evince da una deliziosa scultura nota come la Madonna di Michle, opere di un autore ignoto a cui si attribuisce un piccolo nucleo di sculture. Il gruppo con Madonna e bambino intagliato nel legno di pero è forse l’esempio più significativo dello stile ritmico lineare in Boemia derivato dalle sculture in pietra della Francia centrale. Mentre la ben più tarda tavola con la Morte della Vergine dell’Altare di San Giorgio tradisce derivazioni della scuola olandese, costituendo, come scrisse il critico Jaroslav Pešinam, una delle “prime e supreme manifestazioni della nuova estetica stilistica sul suolo ceco”.

Continuando la visita prende corpo il panorama dell’arte boema capace di coniugare i temi e le forme tratti da un patrimonio europeo comune, con accenti creativi autonomi di grande qualità, un certo gusto morboso per il grottesco e la morte, forse lascito dei lunghi periodi delle guerre hussite, e una grande attenzione per i dettagli domestici che si riflette in dipinti come Sant’Agnese che cura un infermo, dove con dovizia è descritta minuziosamente un’abitazione dell’epoca con i suoi arredi.

Il museo contiene numerosi altri capolavori, valorizzati da un allestimento di rara suggestione che, attraverso l’uso di pannelli e finiture in pietra, metallo e cemento, riesce a restituire le atmosfere tipiche degli ambienti sacri per i quali furono in origine ideati i reperti. Non minor intensità artistica promanano le due collezioni degli Old masters, benché il ruolo degli artisti locali si riduca a un lumicino. Sono conservate in due sontuosi edifici che si fronteggiano e che fanno da cornice alla piazza dove si trova l’ingresso all’imponente Castello di Praga.

Nel rinascimentale Palazzo Schwarzenberg sono custoditi i nomi più altisonanti, opere e autori che furono oggetto dell’interesse collezionistico di Rodolfo II, l’imperatore che, salito al trono, decise dopo pochi anni di spostare nuovamente la corte e di conseguenza la capitale a Praga. Egli è ingenerosamente passato alla storia come il regnante capace di dilapidare il proprio potere e la propria eredità, per dedicarsi a tempo pieno al collezionismo e allo studio dell’occulto. Furono suoi protégés grandi protagonisti della cultura come Tycho Brahe, Keplero, Giordano Bruno, Arcimboldo e molti altri.

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Favorì una florida stagione del manierismo e mise insieme una collezione gigantesca, in gran parte distrutta e smembrata poi dai suoi eredi e dalle varie guerre. Tra gli acquisti operati dall’Imperatore che ancora si conservano nel museo di Praga si trova un capolavoro di Albrecht Dürer, La Festa del Rosario. Si tratta di una grande tela commissionata all’artista dalla comunità tedesca veneziana, per la chiesa di San Bartolomeo a Rialto nella città lagunare. L’opera ebbe largo consenso tra i contemporanei, tra cui Giovanni Bellini e il doge Leonardo Loredan, che in quell’occasione offrì al tedesco il ruolo di pittore della Serenissima, che però declinò.

Il dipinto fondato su una briosa cromia mostra una maestosa e affollata composizione, dove gli spettatori del momento sacro si attestano come saggi di grande ritrattistica, tra cui si riconoscono papa Sisto IV e l’imperatore Massimiliano I, oltre che l’autoritratto dello stesso Dürer. Dalla celebrata Wunderkammer dell’Imperatore viene anche il bronzetto di cavallo di Adriaen de Vries, che nella sua posa in marcia fa sfoggio di quella ricerca naturalistica di figure involute in movimenti dinamici e liberi, tipiche delle opere di Giambologna. Sempre di committenza imperiale è probabilmente anche il dipinto di Hans von Aachen con il Suicidio di Lucrezia, dove un nudo dall’elegante modellatura e disinvolta sprezzatura è venato da una suadente carica erotica, esibendo quei caratteri del manierismo sviluppatosi sotto Rodolfo.

Ancora numerosi sono i capolavori del museo, in parte provenienti dalla collezione dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Este e da quelle di aristocratici, tra cui vale la pena citare importanti opere del Bronzino come il Ritratto di Cosimo I e quello della consorte Eleonora di Toledo, un sontuoso polittico di Antonio Vivarini, diversi fascinosi dipinti della scuola tedesca tra cui di Hans Holbein il Vecchio e di Lucas Cranach, una tela raffigurante un Cristo di rara e spiccata umanità di El Greco.

Anche la sezione barocca è di straordinaria ricchezza: tra le opere si menziona un Suicidio di Lucrezia di Simon Vouet, proveniente dalla collezione del cardinale Mazzarino, tra gli apici pittorici dell’esperienza italiana del francese allora fortemente influenzato da Guido Reni, e poi un ritratto di ottima qualità di uno Studioso in abiti mediorientali di Rembrandt, unica opera dell’olandese presente nelle collezioni pubbliche ceche. La preziosa raccolta testimonia il gusto collezionistico della colta aristocrazia boema, che rese Praga uno dei centri dello sviluppo del barocco e del rococò, con molti artisti locali che seppero raccogliere la lezione di Rubens (anche lui presente in museo), noto attraverso alcune opere realizzate per le chiese della capitale ceca, tendenza guidata dai pittori di spicco quali Karel Škréta, Petr Brandl e lo scultore Mathias Bernard Braun.

La collezione degli Old masters II continua nel barocco Palazzo Sternberg, dove il visitatore viene accolto dall’impressionante tela di Lorenzo Costa rappresentante l’Investitura di Federico Gonzaga a capitano della Chiesa, saccheggiata nel XVII secolo dal Palazzo San Sebastiano di Mantova. Mozzafiato è la lunga sala dove sono custodite una collezione di icone cristiane russe e la più grande raccolta di primitivi italiani conservata fuori dall’Italia, che si deve in particolare all’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria. Questa numerosissima sfilata di tavole d’oro, che sporgono da ogni lato della stanza, mostra nomi importanti di protagonisti attivi a Siena, Firenze, Venezia o Padova, dai Lorenzetti a Lorenzo Monaco, e poi Andrea di Giusto, Vivarini e tanti altri. Nel museo si conservano altri dipinti di grande qualità come un Dosso Dossi, Alessandro Allori, Jacopo Bassano e Jusepe Ribera, saggi di pittura fiamminga e olandese, tra cui Pieter Brueghel il giovane, Anthony van Dyck, e Frans Hals. Tra i pezzi più strabilianti figura il grande retablo con il ciclo della Passione di Cristo dipinto da Hans Raphon. L’opera firmata con la data del 1499 contava originariamente 41 pannelli e fu realizzata per una chiesa di Gottinga, in Bassa Sassonia. Durante la Guerra dei Trent’anni per metterla in salvo dalle truppe svedesi fu portata a Praga, dove oggi si conservano 13 pannelli, spartiti tra quelli rappresentanti la vita di Cristo e gli episodi accaduti dopo la morte, tutte scene svolte con grande vividezza ed efficacia narrativa.

Il Palazzo Sternberg e il Palazzo Schwarzenberg che si fronteggiano incorniciando l’entrata del Castello di Praga
Il Palazzo Sternberg e il Palazzo Schwarzenberg che si fronteggiano incorniciando l’entrata del Castello di Praga

Albrecht Dürer, La Festa del Rosario (1506; olio su tavola, 162x194,5 cm; Praga, Národní Galerie)
Albrecht Dürer, La Festa del Rosario (1506; olio su tavola, 162×194,5 cm; Praga, Národní Galerie)

El Greco, Cristo in preghiera (1585 − 1597; olio su tela, 51 x 46 cm; Praga, Národní Galerie)
El Greco, Cristo in preghiera (1585 − 1597; olio su tela, 51 x 46 cm; Praga, Národní Galerie)

I ritratti di Eleonora di Toledo e di Cosimo I di Agnolo Bronzino
I ritratti di Eleonora di Toledo e di Cosimo I di Agnolo Bronzino

La sala con i capolavori rinascimentali
La sala con i capolavori rinascimentali

La galleria delle opere barocche
La galleria delle opere barocche

Adriaen de Vries, Cavallo in marcia (1610; bronzo; Praga, Národní Galerie)
Adriaen de Vries, Cavallo in marcia (1610; bronzo; Praga, Národní Galerie)

La straordinaria sala con l’esposizione delle icone e dei primitivi italiani. Foto: Katarína Hudačinová
La straordinaria sala con l’esposizione delle icone e dei primitivi italiani. Foto: Katarína Hudačinová

Hans Raphon, Altare della Passione (1499; Praga, Národní Galerie). Foto: Katarína Hudačinová
Hans Raphon, Altare della Passione (1499; Praga, Národní Galerie). Foto: Katarína Hudačinová

Pieter Brueghel il giovane, L’adorazione dei Magi (olio su tavola, 39 x 56 cm; Praga, Národní Galerie)
Pieter Brueghel il giovane, L’adorazione dei Magi (olio su tavola, 39 x 56 cm; Praga, Národní Galerie)

Ma la vera punta di diamante della Galleria Nazionale è la sterminata collezione d’arte moderna e contemporanea che trova posto nel Palazzo delle Fiere, edificio gigantesco, gioiello dell’architettura funzionalista ceca, collocato nella zona nord della città, defilato dal centro storico. Il palazzo in cemento armato risale agli anni Venti del XIX secolo, quando fu costruito per ospitare fiere campionarie e mercantili. All’interno si sviluppa su otto piani articolati attorno ad un atrio centrale sul quale si innestano scenografici ballatoi e balconi. La collezione stessa si divide in numerosi temi ed esposizioni che hanno il pregio di non adottare criteri puramente cronologici o per scuole, ma che in maniera continuativa presentano l’arte ceca a confronto con quella internazionale.

La prima sezione offre uno spaccato sulla statuaria pubblica in Repubblica Ceca, mostrando sculture e bozzetti che hanno accompagnato realizzazioni monumentali, esponendo un affastellamento di forme neoclassiche, liberty, veriste, cubiste e razionaliste. Segue l’esposizione permanente 1796–1918: Art of the Long Century, attraverso la quale si possono seguire non solo le vicende dell’arte locale e internazionale, ma anche il gusto collezionistico che ha portato a musealizzare determinate opere. Le date che individuano questa partizione si riferiscono come inizio alla fondazione della Società degli amici patriottici delle arti a Praga, realtà che dette notevole impulso allo sviluppo delle arti in terre ceche, fondando il museo e contestualmente l’Accademia delle Belle Arti, e come termine l’indipendenza dello stato dall’Impero austro ungarico.

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Il milieu artistico culturale di Praga rimase a lungo in evidente connessione con quello di Vienna, e in parte con Monaco, fino a quando l’Impero non si dissolse dopo la Prima guerra mondiale: con la nascita della Repubblica Cecoslovacca queste terre smisero di ambire ai modelli filoaustriaci per eleggere come principale riferimento Parigi, e il museo iniziò a riempirsi di quadri fondamentali dei principali protagonisti dell’arte francese.

Dal trionfo dello storicismo patriottico, passando per le accensioni liriche romantiche alla Delacroix (presente in museo con alcuni smaglianti dipinti), verismo e impressionismo, al simbolismo espressionista di Franz von Stuck (di cui figurano numerosi quadri), fino all’incrocio tra Jugendstil, Art nouveau e stilemi della Secessione, per giungere alle ricerche delle avanguardie, tra cubismo, fauve e astrazione. Questo caleidoscopio di forme e colori trabocca da ogni parte del museo, ed è quasi la stessa traiettoria che sembra aver attraversato con la sua arte František Kupka, pittore ceco, che seppe sperimentare in tutte le direzioni e di cui in museo si conservano notevoli testimonianze.

Resta comunque impresa ardua tentare di descrivere un’esposizione organizzata come tanti contenuti ipertestuali attorno a numerosi temi che confrontano artisti molto differenti tra loro.

La sezione sui ritratti mette accanto pittori accademici a opere assolute della storia dell’arte internazionale come il Ritratto di Joachim Gasquet di Paul Cézanne, biografo dell’artista francese, critico e filosofo, che è reso con grande forza plastica senza l’uso di chiaroscuri.

Segue un delicatissimo ritratto di Antonin Proust di Édouard Manet, un autoritratto di Pablo Picasso dipinto nel medesimo anno de Les demoiselles d’Avignon e lo straordinario Io, ritratto-paesaggio del doganiere Rousseau, che mostra una nuova maturità dell’arte, capace di liberarsi da ogni regola della rappresentazione, per garantire una maggiore efficacia espressiva. Accanto a questi mostri sacri figurano senza imbarazzo alcuni artisti cechi, Bohumil Kubišta, Emil Filla, il già menzionato Kupka e molti altri pittori di grande talento.

La sezione 1796–1918: Art of the Long Century mette in mostra svariati altri capolavori dagli allucinati ritratti di Oskar Kokoschka, alla decadenza delle carni e delle forme uscite dal pennello di Egon Schiele, le denunce sociali di Honoré Daumier, le ricerche continue di Picasso capace con Nudo seduto di preannunciare gli esiti stilistici del ritorno all’ordine e della pittura mediterranea degli anni successivi, l’esplosione coloristica ed esistenziale della Vergine di Gustav Klimt, fino all’avventura Art nouveau parigina di Alfred Mucha o il rifugio nel primitivismo di Paul Gauguin.

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Il Palazzo delle Fiere, sede delle collezioni moderne e contemporanee. Foto: Tomas Slavik
Il Palazzo delle Fiere, sede delle collezioni moderne e contemporanee. Foto: Tomas Slavik

L’interno del Palazzo delle Fiere
L’interno del Palazzo delle Fiere

Paul Cézanne, Ritratto di Joachim Gasquet (1896—1897; olio su tela, 65,5 x 54,5 cm; Praga, Národní Galerie)
Paul Cézanne, Ritratto di Joachim Gasquet (1896—1897; olio su tela, 65,5 x 54,5 cm; Praga, Národní Galerie)

Henri Rousseau, Io, ritratto- paesaggio (1890; olio su tela, 146 x 113 cm; Praga, Národní Galerie)
Henri Rousseau, Io, ritratto-paesaggio (1890; olio su tela, 146 x 113 cm; Praga, Národní Galerie)

Pablo Picasso, Nudo seduto (1906; olio su tela, 151 x 100 cm; Praga, Národní Galerie)
Pablo Picasso, Nudo seduto (1906; olio su tela, 151 x 100 cm; Praga, Národní Galerie)

Gli allestimenti della sezione Art of the Long Century
Gli allestimenti della sezione Art of the Long Century

Gli allestimenti della sezione Art of the Long Century
Gli allestimenti della sezione Art of the Long Century

Gustav Klimt, La vergine (1912 – 1913; olio su tela, 190 × 200 cm; Praga, Národní Galerie)
Gustav Klimt, La vergine (1912 – 1913; olio su tela, 190 × 200 cm; Praga, Národní Galerie)

Egon Schiele, Donna incinta e morte (1911; olio su tela, 100 x 100 cm; Praga, Národní Galerie)
Egon Schiele, Donna incinta e morte (1911; olio su tela, 100 x 100 cm; Praga, Národní Galerie)

La vergine di Klimt e Amorpha Fuga in due colori di František Kupka a confronto, in primo piano un bronzo di Rodin
La Vergine di Klimt e Amorpha Fuga in due colori di Kupka a confronto, in primo piano un bronzo di Rodin

Alcune delle sale della sezione 1918-1938 Prima Repubblica
Alcune delle sale della sezione 1918-1938 Prima Repubblica

Alcune delle sale della sezione 1918-1938 Prima Repubblica
Alcune delle sale della sezione 1918-1938 Prima Repubblica

Alcune delle sale della sezione 1918-1938 Prima Repubblica
Alcune delle sale della sezione 1918-1938 Prima Repubblica

Gli allestimenti della sezione End of The Black-and-White Era
Gli allestimenti della sezione End of The Black-and-White Era

Gli allestimenti della sezione End of The Black-and-White Era
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Gli allestimenti della sezione End of The Black-and-White Era

Continuando per i piani, Prima Repubblica Cecoslovacca presenta la produzione dello Stato cecoslovacco dal 1918 al 1938. L’itinerario fraziona gli spazi immergendo i visitatori negli ambienti espositivi dell’epoca, dove accanto agli artisti locali figurano nuovamente i grandi nomi internazionali, come quello di Matisse, Van Gogh o Renoir. Le sale sono ordinate per restituire il clima visivo e creativo dei vari centri culturali divisi per città, e le opere d’arte, che non si limitano solo ai dipinti e alle sculture, ma comprendono libri, design, grafica e teatro, non sono presentate come artefatti isolati, ma come elementi di un complesso sistema di relazioni sociali e istituzionali, ricostruendo una scena artistica stratificata.

Completano la visita le altre due sezioni permanenti End of The Black-and-White Era e 1956–1989: Architecture for All. La prima presenta una lunga riflessione proponendo le opere d’arte come una testimonianza dei tempi, un insieme di forze non solo puramente autoriali, ma anche sociali, politiche ed economiche. Le opere riflettono il succedersi degli eventi, le committenze pubbliche del regime comunista, l’isolamento da una scena internazionale, gli aneliti libertari che accompagnarono la rivoluzione di Velluto e molto altro ancora. L’ultima esposizione indaga invece il fenomeno dell’architettura da una realtà industriale a quella post, nuove concezioni di abitare lo spazio e i progetti di vita collettivista del socialismo. Completano il percorso numerose esposizioni temporanee.

Attraverso molteplici sedi e frastagliate collezioni, fra le quali va aggiunta anche una interamente dedicata all’arte asiatica, la Galleria Nazionale di Praga propone un variegato universo artistico, dove l’arte non viene presentata, come da consumata tradizione, in una parabola in continua evoluzione di movimenti e autori, ma viene restituita nella sua complessità, analizzandone il contesto, le interrelazioni fra il periodo e la società, ridando all’arte quella sua polivalenza di valori che non si limitano soltanto al mero esperimento estetico, ma che ne fa un artefatto, testimonianza viva di una comunità con le proprie preoccupazioni e aneliti.

Impreziosisce l’offerta una pluralità di sedi dall’alto valore architettonico e allestitivo, le quali ospitano oltre a numerose mostre temporanee (che rendono il percorso in continua evoluzione) anche giardini e splendidi spazi per il relax. Visitando la Národní galerie viene da usare le parole di Angelo Maria Ripellino nel celebre libro Praga magica, quando scriveva “Non avrà fine la fascinazione, la vita di Praga.”

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Jacopo Suggi

L’autore di questo articolo: Jacopo Suggi

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Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell’arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall’arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.



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