La “stella della rivelazione” che illumina la nostra vita

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La Parola di Dio, protagonista della domenica 26 gennaio, ci guida a orientare la nostra vita seguendo la “stella della rivelazione”. Le Scritture sante non esauriscono l’agire e il parlare di Dio, ma lo attestano autorevolmente per la nostra salvezza, come ricorda il Concilio Vaticano II. Il testo ispirato è Parola di Dio e parola dell’uomo, frutto di un intervento divino che rispetta la libertà e la cultura dell’autore umano. La rivelazione eccede il testo scritto, come si evidenzia nella Bibbia stessa e nell’evento Cristo, criterio di interpretazione. Per Antonio Rosmini, la Bibbia è “il libro del genere umano” e una risposta universale che unisce sapienza e mistero, scienza e grazia

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Domenica 26 gennaio è dedicata alla Parola di Dio, che siamo chiamati ad ascoltare, onde orientare la nostra esistenza seguendo la “stella della rivelazione”. Dio ha parlato e parla a noi nel cosmo e nella storia. Questo suo mostrarsi/nascondersi nel linguaggio viene attestato nelle Scritture. Tuttavia, fra l’agire e il parlare di Dio nella natura e nella storia e la Bibbia non si dà originariamente una relazione di totale equivalenza e corrispondenza, in quanto il termine “rivelazione” sta a designare l’insieme degli eventi e delle parole attraverso cui Dio si manifesta, che vengono come a cristallizzarsi in quel luogo privilegiato che la fede chiama “parola di Dio” e che sono le Scritture sante. Esse dunque non sono la rivelazione, né si può ragionevolmente ritenere che contengano in tutta la sua ricchezza e nel suo svolgersi e fluire l’agire-parlare di Dio, bensì “attestano” – nella maniera più autorevole possibile, grazie al carisma dell’ispirazione – il realizzarsi di tale comunicazione nostrae salutis causa (per la nostra salvezza), come si esprime il Vaticano II: “i libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle Sacre Scritture” (Dei Verbum, 11).

Il dinamismo della cristallizzazione della Parola di Dio in uno scritto, anzi in un insieme di scritti (Bibbia è insieme un plurale reale e un plurale di eccellenza: “i libri” e “il libro” per antonomasia), viene teologicamente indicato col termine “ispirazione”, che peraltro nell’accezione di Tommaso d’Aquino è sinonimo di “rivelazione”. Il termine, che contiene un esplicito riferimento allo Spirito e dunque alla dimensione pneumatologica della rivelazione, sta a indicare un particolare intervento divino che spinge l’uomo a parlare (profezia), agire (storia), scrivere (scrittura) in favore della comunità.Tale intervento divino obbedisce anch’esso alla legge dell’incarnazione, per cui il testo ispirato è da considerarsi nella sua interezza parola dell’uomo e Parola di Dio, né è consentito attribuire soltanto all’autore umano o a quello divino parti di esso. E neppure l’autore umano si può considerare mero strumento nelle mani dell’Autore divino, in quanto questi ne rispetta profondamente la cultura, la mentalità, la libertà, il linguaggio.

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La consapevolezza dell’eccedere della dinamica della rivelazione in rapporto al testo ispirato è espressa ed attestata all’interno della stessa Bibbia. Si dà dunque un’eccedenza della realtà della rivelazione in rapporto alla sua attestazione privilegiata che è la Scrittura, la quale lascia intravedere un’incredibile pluralità di modi e di espressioni dell’autocomunicazione di Dio, mentre ce ne offre il criterio fondamentale di discernimento e di interpretazione nell’evento Cristo in Eb 1,1-2:

“Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni [ma dobbiamo tradurre ‘in questi tempi che sono gli ultimi’], ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo”.

Un’annotazione particolarmente pregnante riguardo alle Scritture la traiamo dall’opera più nota di Antonio Rosmini, Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa, dove, mentre riflette sulla insufficiente educazione del clero, scrive:

“La divina Scrittura era l’unico testo dell’istruzione popolare ed ecclesiastica. Questa Scrittura, che è veramente il libro del genere umano, il libro, la scrittura per antonomasia. In un tal codice l’umanità è dipinta dal principio sino alla fine; comincia coll’origine del mondo, e termina colla futura sua distruzione; l’uomo si sente se stesso in tutte le modificazioni di cui è suscettivo, vi trova una risposta precisa, sicura e fino evidente, a tutte le grandi interrogazioni che ha sempre a fare a se stesso; e la mente di lui vi resta appagata colla scienza e col misterio, come il suo cuore vi resta pure appagato colla legge e colla grazia. Egli è quel libro ‘grande’ di cui parla il profeta scritto ‘collo stilo dell’uomo’ [Is 8, 1]; perocché in quel libro l’eterna verità parla in tutti que’ modi, a cui si piega l’umana loquela: ora narra, ora ammaestra, ora sentenzia, ora canta: la memoria vi è pasciuta colla storia; l’immaginazione dilettata colla poesia; l’intelletto illuminato colla sapienza; il sentimento commosso in tutti insieme questi modi: la dottrina vi è così semplice, che l’idiota la crede fatta a posta per sé; e così sublime, che il dotto dispera di trovarci il fondo: il dettato sembra umano, ma è Dio che in esso parla”.





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