Magistrati Bergamo, la protesta contro la riforma: «Liberi di essere forti»

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di
Giuliana Ubbiali

I magistrati bergamaschi a Brescia hanno manifestato il loro dissenso sulla separazione delle carriere:«Non ha niente a che fare la soluzione dei problemi»

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«Desidero suggerire una maggiore apertura alle novità». Mentre l’avvocata Claudia Eccher lo dice, l’aula in Corte d’Appello a Brescia si è già mezza svuotata. A sorpresa, perché l’uscita dei magistrati per protesta contro la riforma Nordio era prevista con l’intervento del rappresentante del ministro della Giustizia, Gaetano Campo. Pm e giudici, numerosi arrivati da Bergamo, si erano già seduti in fondo. Con loro anche il procuratore Maurizio Romanelli nonostante ai capi degli uffici siano riservati i posti nelle prime file.

Con la coccarda spillata sulla toga e la copertina della costituzione in mano, si alzano mentre la consigliera del Consiglio superiore della magistratura, già avvocata di Matteo Salvini, difende la separazione delle carriere. Prima parte il brusio: «Ma io me ne vado», dice qualcuno creando un effetto domino. Anche i magistrati vengono colti di sorpresa perché il parere (con 24 voti su 28) del Csm, il loro organo di autogoverno, è fortemente critico sulla riforma. La consigliera, invece, ne illustra e condivide le finalità sulla «terzietà del giudice», sostiene che «non ci sia nessun intento punitivo o di delegittimazione», che «la magistratura dovrà sempre essere indipendente», che il sistema del sorteggio nella composizione di due distinti Csm per pm e giudici argini la «degenerazione correntistica» e il «legame di gratitudine» tra chi viene eletto e la corrente che lo ha sostenuto. Chiude così: «Auspico un dibattito sereno, stimolante, libero da preconcetti aprioristici».




















































Dopo di lei, l’intervento di Campo, che si annunciava più nel mirino della protesta, glissa la spinosa questione riforma «per rispetto del Parlamento dove è in discussione e del popolo sovrano». Il tema torna centrale con le parole dure del giudice Davide Scaffidi, presidente della sezione distrettuale dell’Anm. Prima nei confronti della consigliera Eccher: «Con smarrimento e indignazione ci siamo allontanati prima, quando la rappresentante del Csm ha esposto un parere personale e non quello deliberato dal Consiglio che lei era chiamata a rappresentare». Poi nei confronti della riforma. «Quali sono i problemi della giustizia? L’eccessiva durata dei processi, la scopertura del personale anche se va dato atto che la situazione è in parte migliorata, i sistemi informatici, i fascicoli da smaltire, la clamorosa scopertura dei giudici di pace. La riforma prevede la separazione delle carriere, un doppio Csm con le nomine mediante sorteggio, un’Alta Corte disciplinare. Non hanno nulla che ha a che fare con la soluzione dei problemi, trovano le radici in questioni ideologiche». Qui i magistrati si alzano in piedi e applaudono.

Il loro timore, tra l’altro, è che con due concorsi separati, il pm finisca per diventare più un poliziotto nell’orbita del potere esecutivo. E che, per evitarlo, ci sia una sorta di fuga dei magistrati verso la funzione del giudice. Lo si è visto dalla scelta di sedersi nelle retrovie, Romanelli lo conferma a margine della seduta: «La mia contrarietà alla riforma è molto forte e rivendico il diritto di dirlo. L’idea che nella Costituzione risulti l’estrazione a sorte come criterio di scelta dei componenti dei due Csm e dell’Alta Corte è molto grave, offensiva per la magistratura e per tutti. I dadi e i bussolotti lasciamoli a qualcosa di meno serio». Aggiunge che «la moltiplicazione degli organi costituzionali ne riduce l’autorevolezza, la riforma va contro l’interesse dei cittadini ad avere un pm indipendente da ogni altro potere e ugualmente forte anche con i potenti». Romanelli cita la storia della magistratura «vissuta con questa Costituzione, con tante persone che hanno pagato quando avrebbero potuto fare i burocrati dei potenti».
A proposito di chi ha pagato con la vita, il procuratore generale Guido Rispoli cita Falcone e Borsellino, che in uno scritto del 1997 parlò «delle ricorrenti tentazioni del potere politico di mortificare i magistrati». Di nuovo tutti in piedi, applauso scrosciante.

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26 gennaio 2025 ( modifica il 26 gennaio 2025 | 11:14)

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