GIANCARLO ELIA VALORI
Honorable de l’Académie des Sciences de l’Institut de France Professore Emerito dell’Università di Pechino
Perché ricordare, oggi l’Olocausto?
Non si tratta certo, e comunque sarebbe doveroso, di ricordare il più efferato crimine di massa dei tempi moderni. Né la questione si pone solo riguardo all’entità colossale del crimine compiuto, e anche questo sarebbe comunque doveroso.
La vera questione, riguardo alla memoria dell’Olocausto, è che in esso si riassumono tutti i più profondi e stabili pericoli per la civiltà moderna e per la identità europea e occidentale. Negare la verità dell’Olocausto, significa banalizzare la vera grande crisi della società europea e occidentale nell’era moderna.
Quindi, ricordare l’efferatezza della Shoah è un modo per chiarire la differenza tra Occidente e barbarie, tra politica e sterminio, tra identità europea e valori universali di pace, tolleranza, libertà. Se l’Europa banalizza l’Olocausto, perde sé stessa e i motivi della sua esistenza e la propria identità come continente e civiltà politica. L’Ebraismo è parte fondamentale di questa identità profonda: l’Europa antisemita, anche quando non ha teorizzato esplicitamente l’assassinio di massa degli Ebrei, si è sempre pensata come Antieuropa, come propaggine estrema dell’Asia e dei suoi sistemi politici, incentrati sulla divinizzazione del Capo e sull’asservimento delle masse, come esplicitamente teorizzava Hitler ( e non a caso i miti nazisti ariani della razza e del misticismo del Capo si ricollegavano all’oriente asiatico ) e sulla economia predatoria dell’orda e della gerarchai delle razze.
Col nazismo e, per altri versi, con il fascismo, l’Europa ha distrutto sé stessa nella distruzione del popolo Ebraico. Perché l’Ebraismo era il liberalismo, l’autonomia individuale, l’economia del sovrappiù, lo sviluppo tecnico e scientifico. Hitler ha colpito negli Ebrei, distruggendone oltre sei milioni durante la Shoah, tutto quanto rendeva la civiltà europea differente e dinamica. Non a caso il delirio razzista di Hitler conduceva la sua Germania verso la conquista violenta del mondo slavo, per fornire gli “schiavi” al nuovo imperatore d’Occidente, e il ricongiungimento della sua “razza eletta” con il centro asiatico e l’Oriente. I miti sono importanti, e il mito razzista dell’arianesimo era la distruzione sistematica della civiltà moderna a favore della barbarie premoderna, e il ricongiungimento della penisola europea alla sua Hearthland asiatica. Per costruire questa finis Europae, Hitler e i suoi avevano bisogno di eliminare il fermento dell’autonomia europea e del liberalismo, gli Ebrei appunto. Nel caso del fascismo, l’antisemitismo era da un lato l’imitazione ingenua della Germania nazista, dall’altro la ripresa e il riammodernamento del tradizionale antisemitismo cattolico. Ma sia nel regime mussoliniano che in quello nazista l’antisemitismo, sia pure con qualche ingenuità caratteristica anche delle classi dirigenti, era anche l’inconfessabile ossessione di “espropriare” quella parte della popolazione che sia la propaganda verso il basso che l’autorappresentazione delle classi dirigenti ritenevano essere “i ricchi” e i “borghesi”. Come nell’antisemitismo medievale, il nesso tra questioni finanziarie e tematiche teologiche, sia pure laicizzate o addirittura, come nel caso del nazismo, adorne di elementi misticheggianti di carattere satanico, è essenziale per comprendere l’antisemitismo che ha portato alla Shoah. La “soluzione finale” dei nazisti intendeva distruggere gli Ebrei europei in quanto nucleo della borghesia e dell’economia della crescita. Il nazismo e, per altri versi, il fascismo, erano invece la riedizione moderna di quello che Karl August Wittfogel aveva definito “il dispotismo asiatico”, una società polarizzata e violenta caratterizzata dalla stabile stagnazione economica. Se per Hitler la distruzione dell’Europa avveniva tramite il suo ricongiungimento con l’Asia tramite il comando della “razza ariana”, per Mussolini, erede di una lunga tradizione, da Proudhon a Blanqui, di socialismo antisemita francese, lo stato totalitario anticapitalista e corporativo passava dalla eliminazione di coloro che “avevano inventato il capitalismo” come lo stesso Marx definiva gli Ebrei nella sua “”Questione Ebraica”. E dalla espansione egemonica, come per Hitler in area slava, nel bacino del Mediterraneo dell’Italia. Un ritorno del mito coloniale di Crispi nel contesto di una previsione di vittoria tedesca in Europa contro la Gran Bretagna, che avrebbe smembrato l’Impero inglese. Vecchi e nuovi miti, nella storia, si sovrappongono sempre.
Cosa c’è di nuovo e di vecchio nell’antisemitismo contemporaneo e nel negazionismo della Shoah?
Molto. Per i propagandisti dell’antisemitismo violento oggi negare la Shoah non è solo una sfrontata offesa alla verità storica, ma è un modo per escludere e marginalizzare l’Europa nei confronti dell’Oriente e del Mediterraneo. E, naturalmente, per isolarla dagli Stati Uniti, nei quali peraltro l’antisemitismo è forte pur avendo altre origini e miti, almeno rispetto al nazismo e al fascismo.
Osama Bin Laden ha parlato, nelle sue dichiarazioni ufficiali, di lotta “ai crociati e agli Ebrei”. Ovvero, nel suo universo ideologico, di una lotta islamista che elimini gli Ebrei, e non solo dal Medio Oriente, poiché gli Ebrei hanno fin dall’inizio della predicazione del Profeta negato il suo ruolo di Inviato dell’Unico e hanno, nella tradizione coranica, tentato di ucciderlo. Quindi la minaccia del jihad di Al Qa’eda per il mondo ebraico è radicale come quella di Adolf Hitler, anche se motivata diversamente. E certo non si devono tacere le affinità storiche e ideologiche tra nazismo e islamismo, la “Divisione Islamica” delle Waffen SS, il legame tra lotta antiebraica e antisionista in Palestina e Egitto proprio negli anni in cui in Europa matura la “soluzione finale”, e infine l’ideologia nazionalsocialista del nasserismo e del Baath sirio-iracheno negli anni della guerra fredda.
Per quanto riguarda i “Crociati”, Osama Bin Laden fa riferimento agli Europei in generale e soprattutto ai “romani”, ovvero ai conquistatori dell’Oriente islamico i quali, sempre secondo la profezia coranica, saranno un giorno soggiogati e vinti dall’Islam, che conquisterà Roma.
Se quindi l’antisemitismo radicale tradizionale negava la Shoah per riciclarsi nel mondo bipolare della “guerra fredda”, dall’una o dall’altra parte dello schieramento Est-Ovest, oggi il negazionismo della Shoah desidera raggiungere questi scopi politici: disattivare le difese europee e occidentali contro l’Islam radicale, visto come nuova potenza anticapitalista globale, b) indebolire e possibilmente bloccare l’economia occidentale rendendola dipendente dai cicli del petrolio e del gas di area islamica, con la parziale eccezione dell’Arabia Saudita, il cui interesse oggi è quello di evitare l’egemonia iraniana e gli attacchi jihadisti alla dinastua degli Al Sa’ud.
Si noti infine che il negazionismo della Shoah si basa su ideologi, di destra come di sinistra, che intendono distruggere lo Stato di Israele e quindi eliminare, come ha peraltro esplicitamente affermato il presidente iraniano Ahmadinedjad durante la Conferenza “scientifica” sull’Olocausto tenutasi a Teheran l’11 e 12 Dicembre 2006, la motivazione che giustifica, secondo il jihadismo e l’islamismo estremista, il rapporto tra Occidente e Stato Ebraico: il “senso di colpa” per l’Olocausto. Se si elimina, con la propaganda, questo “senso di colpa” che permette all’Europa di sostenere Israele, allora lo Stato Ebraico si indebolisce talmente da essere posto alla mercè dell’Islam, che deciderà a quel punto di porre i pochi Ebrei rimasti in Israele in stato di dhimmitudine, di servaggio verso i musulmani, o addirittura di eliminarli durante una “guerra santa” vera e propria. Isolare e circondare Israele, questa è la strategia di tutto l’Islam oggi, anche quello meno radicale, per poi eliminare lo Stato Ebraico e, tramite questo, il servaggio dell’Islam verso l’Occidente e la sua arretratezza.
Esiste quindi una “strategia globale” del negazionismo, allora?
Certo: il nesso tra eliminazione dello Stato Ebraico, propaganda negazionista e antisemitismo radicale (con l’esaltazione di Hitler, il che è piuttosto contraddittorio con il mito negazionista) è la chiave per capire la strategia globale di accerchiamento-isolamento-indebolimento di Israele da parte dell’Islam contemporaneo.
E’ quindi irrilevante che la propaganda islamista radicale oscilli tra la negazione assoluta dell’Olocausto e la sua bagatellizzazione, che naturalmente è contraddittoria con la negazione dei fatti.
Il fine politico e strategico è quello di eliminare il nesso psicologico tra il sostegno ad Israele e lo sdegno per la Shoah nelle pubbliche opinioni occidentali, e allora le contraddizioni logiche non hanno importanza alcuna.
C’è poi da ricordare che, per tutti i regimi islamici, sciiti e sanniti, radicali o “moderati” la carta palestinese e antisionista-antisemita è essenziale per mobilitare le masse, e per manipolare il sostegno alle proprie élites. Un regime islamico che non proiettasse sulla presenza di Israele nel quadrante mediorientale tutte le proprie colpe, le arretratezze, le corruzioni, i fallimenti economici e militari, avrebbe vita breve. Una forma nuova del “capro espiatorio”.
Nelle propaganda negazionista di origine europea, poi, (che è la fonte pressoché unica dell’antisemitismo islamico odierno) confluiscono destra e sinistra: Roger Garaudy, già intellettuale “organico” del Partito Comunista Francese, convertitosi all’Islam, ha parlato di “origini mitiche dello Stato di Israele” riferendosi alla Shoah, e successivamente di “terrorismo occidentale”. Quello messo in atto dall’Occidente contro l’Islam e i Paesi del Terzo Mondo. Se prima essi erano gestiti dall’URSS, ora evidentemente per il negazionismo di origine marxista il jihad globale è la forza antioccidentale e “antimperialista” che lotta contro le “capitali del mondo”, come le chiamava Lin Biao. Non si deve dimenticare che questa ideologia del “terrorismo occidentale”, che fa il paio con la trasformazione dell’attacco alle Twin Towers dell’11 Settembre in una operazione linguistica e dell’immaginario (Baudrillard) ripete esattamente quello che dice Osama Bin Laden: l’Islam è attaccato dall’Occidente, in Afghanistan in Cecenia e naturalmente in Palestina, allora il terrorismo jihadista è legittimo, giustificato e rientra nelle normative del jihad coranico. Anche qui, continuità e rottura del “tradimento degli intellettuali”, come lo definiva Julien Benda: negli anni ’70 si mitizzavano i Khmer Rossi che uccidevano chi portasse solo gli occhiali o parlasse francese in Cambogia, per costruire l’eden ruossoviano e violentissimo della nuova civiltà senza capitalismo, macchine, cultura, scienza, e fra l’altro a sfondo razziale (l’antico popolo khmer) mentre oggi, finito il colonialismo e i suoi strascichi nella guerra fredda, il nuovo Eden preistorico e violento è rappresentato dall’Islam radicale e dal suo populismo guerrigliero globale. Come notava Gustave Flaubert, dietro le barbe dei rivoluzionari c’è sempre la “nostalgia del chiostro e l’odore del Medio Evo”.
Cosa fare per combattere questa nuova cultura dell’odio antiebraico, antisemita e antisionista?
Intanto, e cosa non da poco, smontare uno per uno tutti i miti che vengono profusi a piene mani dalla propaganda antisemita e antisraeliana, di origine “laica” o di natura islamista e jihadista.
Vediamo in serie alcune delle più patenti falsità sull’Olocausto e sulla costituzione dello Stato di Israele, che è appunto il fine politico e strategico di tutta il negazionismo contemporaneo.
- Non è vero che Israele sarebbe una invenzione degli “imperialisti occidentali”. La dichiarazione da parte di Ben Gurion dello Stato di Israele il 14 Maggio 1948 nasce nella freddezza britannica, nel sostanziale disinteresse statunitense, che diverrà amico di Israele solo nel fuoco della guerra fredda, nell’interesse malizioso di Stalin, che riconosce lo Stato Ebraico in quanto “spina nel fianco” dell’”imperialismo inglese” e possibile risoluzione della “questione ebraica” nella Russia Sovietica, nella disattenzione dell’Europa, che ha ben altro a cui pensare e che non ha, al momento, salvo la Francia filoaraba, una vera e propria politica estera.
- Non c’è collegamento diretto tra Shoah e presenza ebraica in Medio Oriente, essendo le comunità ebraiche già piuttosto diffuse durante l’Impero Ottomano e durante la sua dissoluzione alla fine della Prima Guerra Mondiale. C’è naturalmente un collegamento tra Olocausto e fuga da crimini immensi, ma il progetto sionista nasce prima del nazismo e del fascismo, con Theodor Herzl, giornalista viennese e ebreo, che presenzia al processo contro Dreyfus. E la serie di pogrom contro gli Ebrei in Palestina inizia ben prima della “soluzione finale”.
- Le testimonianze sulla Shoah sono tante e tali da rendere ridicola ogni negazione, anche parziale. E sono testimonianze rese liberamente dagli esecutori della “soluzione finale” durante il Processo di Norimberga e le azioni penali successive, in Germania e altrove, contro i “quadri intermedi” della distruzione del popolo ebraico in Europa. Si tratta quindi di diffondere oggi le evidenti bufale di David Dukes , Garaudy, Mattogno e tanti altri così come sono state dimostrate nei processi e nelle attività di controinformazione storica da parte degli storici seri.
- I risarcimenti per le vittime dell’Olocausto, oltre ad essere evidentemente dovuti, e conformi al diritto internazionale che è peraltro stato utilizzato anche in altri casi di genocidio meno diffuso non sono mai stati essenziali per l’economia israeliana, ma sono stati maggiormente distribuiti tra le comunità diasporiche residenti nei Paesi che avevano messo in atto la Shoah o avevano fattivamente collaborato alla “soluzione finale”. Quindi, non c’è nessuna eccezione alle norme internazionali, quanto piuttosto una paura maledetta, da parte degli Stati che accusano in questo caso Israele, di venire essi stessi obbligati a pagare risarcimenti per i loro crimini di massa.
- Israele ha compiuto numerose azioni di pacificazione con il mondo arabo, troppo numerose per elencarle qui, e in nessuna di queste lo Stato Ebraico ha usato le trattative per attaccare i Palestinesi o gli Stati Arabi.
- Israele non ha mai esportato terrorismo per sostenere la sua causa a livello internazionale, cosa che invece è stata compiuta da tutte le famiglie politiche del mondo palestinese.
- Se si pensa ai finanziamenti internazionali all’OLP e all’ANP, e soprattutto a come sono stati usati dalla classe dirigente locale, allora si ha una reale valutazione dei fatti e del mito, del tutto infondato di un “ricco” Israele contro i “poveri” militanti palestinesi. La povertà delle aree dei Territori, come peraltro di larghe masse arabe, è dovuta solo e unicamente ai comportamenti dell’oligarchia islamica.
Ma gli altri, gli Europei, che cosa possono fare contro questa “propaganda dell’odio” e il negazionismo?
Molto. Intanto, le scuole e l’università possono chiarire la differenza tra la verità e la falsità, cosa che peraltro non accade molto spesso. Gli “intellettuali”, termine ormai consunto, devono essere in qualche modo costretti, da una sorta di versione filoebraica del politically correct, a non dire eccessive sciocchezze.
La straordinaria importanza del discorso politico e delle relazioni internazionali nella cultura occidentale contemporanea dovrebbe fare in modo che i partiti politici e i mass-media organizzassero dei codici di comportamento nei quali, pur garantendo, naturalmente, la libertà delle più diverse opinioni, si garantisse peraltro la verità storica da manipolazioni tali da far impallidire il “Codice da Vinci”. I partiti politici, soprattutto, che impiegano la gran parte degli spesso sedicenti intellettuali, dovrebbero esplicitare che la critica ad Israele, ovviamente lecita, è cosa ben diversa dalla follia negazionista.
Per l’università, il discorso è complesso. Si tratta ormai di una struttura in pericolosa decadenza nella quale la propaganda fa aggio alla analisi storica e politica. Una maggiore diffusione, non solo periodica, delle questioni riguardanti la Shoah sarebbe benvenuta, e dovrebbe essere definita in un accordo tra tutte le parti politiche, sia in Italia che negli altri Paesi europei. Poi, la pop culture e i mass-media che Susan Sontag definiva low brow dovrebbero produrre e ospitare segnali che permettano una politica di controinformazione forte e veritiera contro il negazionismo e l’antisemitismo. Si pensi cosa fu per la simpatia del grande pubblico verso Israele l’apparizione di un film come Exodus nel 1960. Ecco, invece di produrre un continuo flusso di autocritica, più o meno fondata storicamente, come è anche il caso del testo di Ariel Toaff su San Simonino da Trento, “Le Pasque di sangue”, avrebbe senso diffondere la cultura non della colpa immaginaria (si veda a questo proposito anche il film Munich di Spielberg del 2005) ma semmai la cultura della partecipazione ebraica alla modernizzazione del Medio Oriente e alla democrazia. Non abbiate Paura, il motto di Giovanni Paolo II vale oggi anche per i “fratelli maggiori” Ebrei. Anche una maggiore percezione, senza creare vittimismi, che proclamare il negazionismo è un reato e, ancora peggio, una affermazione socialmente disdicevole e ridicola, sarebbe di grande aiuto.
Ma qual è, nel campo islamico, il nesso tra jihad globale e la guerra agli “Ebrei e Crociati” e le politiche dei Paesi arabi moderati?
Estremamente complesso. Finora, alcuni regimi hanno “comprato” il sostegno di massa giocando su due tavoli: le relazioni con l’Occidente e in qualche caso direttamente con Israele sostanzialmente normali e talvolta amichevoli, e la propaganda antisemita e negazionista a livello di elettorato diffuso.
Anche il Regno Hashemita della Giordania, e l’Egitto, non hanno ancora silenziato la propaganda negazionista dei loro mass-media per essendo, da tempo, nel mirino di Al Qa’eda e della altre organizzazioni locali del jihad permanente. Se si accetta il “jihad della parola”, prima o poi arriverà il “jihad della spada”, e i regimi dell’islam moderato dovrebbero sapere, ma certamente lo sanno, che le prime vittime della lotta contro “i crociati e gli Ebrei” saranno loro, non i Crociati e gli Ebrei.
Certo, la necessità di giocare su due o più tavoli, per regimi che si sentono in pericolo, è evidente, come è evidente la politica dell’alzare la posta con gli aiuti occidentali contro il terrorismo per utilizzare magari alcune organizzazioni terroristiche per i propri fini di destabilizzazione regionale o locale. E qui, mi si permetta di essere volutamente oscuro. Ma se si costringe il mondo islamico moderato in un quadro di accordi politici nei quali il doppio o triplo gioco con il jihad diviene pericoloso e, soprattutto, inutile, allora la partecipazione dell’islam moderato sarà determinante e massiccia.
Inoltre, l’Occidente dovrebbe sostenere tutte quelle aree dell’Islam che, come spesso si legge nei media, non ne possono più dell’antisemitismo negazionista. Invece di mantenere bene alcuni teorici del jihad in Europa, e magari nominarli consulenti dei governi, sarebbe bene che l’Europa e i suoi governi meno distratti sostenessero e fornissero canali di diffusione alle idee degli Imam e degli sceicchi che non distorcono la tradizione islamica nella direzione della “guerra continua” contro Israele e del negazionismo paradossale, collegato alla sua esaltazione, della Shoah. Ma allora, se la si nega e poi la si esalta, come ha spesso fatto il presidente iraniano Ahmadinedjad, questo Olocausto esiste o no? O si creano le due verità, il negazionismo er l’estero, e l’esaltazione dell’Olocausto per l’interno?
Ma la ricerca storica sull’Olocausto, come si può diffondere nei mass-media più popolari e come può essere diffusa nel mondo islamico che ascolta e legge i media occidentali?
La scienza storica si diffonde con difficoltà. Si pensi alle reazioni, negli anni ’70, alle ricerche di Renzo de Felice su Mussolini nella sinistra marxista. Poi, oggi, nessuno discute su Renzo De Felice. Quindi, ci vuole tempo, ma occorre rendere inoppugnabili alcune verità, e ridicola la loro negazione: che la Shoah è avvenuta nei modi e nei termini che tutti sanno, anche quelli che la vogliono negare, che Israele ha diritto ad esistere non a causa della Shoah, ma anche a causa della Shoah, che l’Olocausto è stato senza paragoni nella storia europea, e soprattutto senza paragoni rispetto al fatto che si trattava di eliminare una razza, e un popolo, non un gruppo anche vasto di oppositori politici, che la definizione nazista e fascista di “razza ebraica” e di converso di “razza ariana” è totalmente priva di fondamento scientifico e biologico, e che il razzismo è efferato e che le differenza tra uomini esistono, ma non sul piano del potenziale umano, tra le razze. Che Israele è il centro della difesa europea oggi, domani e per il prossimo prevedibile futuro, che Israele è al centro della difesa dell’Europa dal jihad e dai ricatti gasiero-petroliferi, che senza Israele la pressione dell’Islam in Europa diverrebbe presto intollerabile e porterebbe al collasso economico, ecologico e demografico, che Israele e gli Ebrei sono una delle parti essenziali della civiltà europea, e questo non a causa della Shoah, ma di quello che la Shoah ha dimostratoa tutti noi.
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