Povertà e fragilità in Sardegna: emergono dati preoccupanti dall’incontro di Oristano

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L’Istat ha recentemente certificato che il 16% della popolazione sarda vive in stato di povertà, coinvolgendo circa 118.000 famiglie. Un quadro complesso, influenzato da molteplici fattori: crisi economiche internazionali nei primi anni 2000, perdita di lavoro e reddito, pandemia e successiva inflazione, ulteriormente aggravata dal conflitto bellico e dall’aumento del costo dell’energia. Nel 2024, la Sardegna ha registrato un aumento dell’1,2% della povertà, una crescita lieve rispetto alla media nazionale, ma comunque significativa.

Inoltre, esiste una questione femminile: la disuguaglianza di genere rimane un problema strutturale, con le donne che continuano a guadagnare meno rispetto agli uomini. Questo divario aggrava ulteriormente le difficoltà economiche delle famiglie e accentua le disparità sociali.

Oristano, in particolare, presenta criticità specifiche: detiene l’indice di vecchiaia più alto dell’isola. Se da un lato si vive più a lungo, dall’altro la componente anziana pesa maggiormente a livello economico, con un numero di decessi superiore alle nascite. La Caritas diocesana di Oristano, che nel 2024 ha assistito 538 famiglie (quasi 1.500 persone), dei quali 504 sono minori, 287 gli stranieri extracomunitari e 216 quelli comunitari, conferma l’emergere di una “povertà occupativa”, colpendo fasce di età tra i 40 e i 50 anni, che in teoria dovrebbero essere attivamente inserite nel mercato del lavoro.

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Il convegno sulla povertà

Questi temi sono stati discussi presso i locali dell’Hospitalis Sancti Antoni, a Oristano, nel convegno sulla povertà, emarginazione e fragilità organizzato dall’Associazione Culturale Senatore Lucio Abis, con il contributo della Fondazione di Sardegna e il patrocinio del Comune e della Provincia di Oristano. Pietro Arca, presidente dell’associazione, ha sottolineato: “Non è povera solo la provincia di Oristano, ma tutta la Sardegna. Il 41% dei sardi è a rischio povertà. La politica deve impegnarsi per affrontare disuguaglianze che includono non solo la povertà materiale, ma anche l’emarginazione, le fragilità familiari, l’immigrazione e le condizioni delle carceri. Le organizzazioni di volontariato sono fondamentali nel fornire risposte e progetti per affrontare queste sfide”.

Raffaele Callia, sociologo della Caritas regionale, ha evidenziato:  “credo che sia importante sottolineare la volontà di un impegno e di una responsabilità, facendo tesoro delle associazioni, compreso il territorio di Oristano, perché rappresentano una risorsa importante nella risposta alla povertà, insieme a quello doverosa e necessaria delle istituzioni. Oggi sono più di mille le persone ascoltate dalla Caritas Diocesana di Oristano, in un territorio eterogeneo, che ha differenze territoriali significative. Si va da Aritzo al Medio Campidano, al Sud Sardegna. Noi non abbiamo la pretesa di dire che arriviamo laddove ci sono tutte le situazioni di disagio, non percepiamo un’importante presenza e forse il compito per noi è anche quello di andare oltre l’attesa delle persone che chiedono aiuto, ma provare a cercarle anche nei territori e trovando tutte le occasioni che sono opportune e inopportune per dare risposte a chi ne ha bisogno”.

Il ruolo della Caritas diocesana

Don Maurizio Spanu, direttore della Caritas di Oristano e cappellano del carcere di Massama ha illustrato i dati dell’attività svolta nel 2024: circa 1.500 persone assistite, con particolare attenzione a famiglie con minori, immigrati e detenuti. Le povertà sono in crescita e riguardano soprattutto la dimensione abitativa, la carenza di lavoro, l’espressione del lavoro povero e riguardano chiaramente le famiglie. Ci si rende conto che avere figli minori, limiti in modo notevole le risorse delle famiglie che spesso hanno bisogno di essere accompagnate. Quella che di per sé sarebbe una risorsa della società, la più importante, i figli, diventano difficili da gestire in tanti casi senza un supporto. La Caritas diocesana è espressione della chiesa e della Diocesi di Oristano, sotto questo fronte si impegna con alcuni servizi diocesani che sono, certo la distribuzione di alimenti, importante è anche l’emporio della solidarietà, la farmacia solidale e su tutte, quello più importante il centro di ascolto. Ci rendiamo conto come l’accompagnamento delle persone, l’ascolto dei loro bisogni, l’indirizzo, il parere, sia la prima risposta da fornire alle persone che rivolgono a noi la richiesta di aiuto”.

Don Maurizio ha ricordato che la Caritas diocesana: “sta seguendo tre progetti: annunciare il Vangelo della Carità, come ha ricordato anche l’arcivescovo, nella lettera pastorale, riparare le reti della Giustizia, con i 260 detenuti della Casa circondariale di Massama; una realtà molto complessa. Sono 130 i detenuti che hanno richiesto aiuto, persone tra 45 e 53 anni, in condizione di fragilità anche dal punto di vista economica. I più poveri presenti sono italiani. Ma anche gli stranieri hanno bisogno di aiuto. Vestiario è sussidi economici, beni di prima necessità. Non hanno la scheda telefonica, per chiamare i familiari. E infine il contrasto alla povertà energetica. Le famiglie non riescono a pagare le bollette e gli affitti”.

Emergenza abitativa

Un altro tema centrale è stato quello dell’emergenza abitativa. Gianvalerio Sanna, presidente del Consorzio Uno, ha denunciato: “Dal 2013 la Regione Sardegna non ha investito nell’edilizia residenziale pubblica. L’assessore ai Lavori pubblici di recente ha propagandavo un intervento di 180 milioni per ristrutturare le abitazioni esistenti, ma la realtà è che nei nostri Comuni sono depositate attualmente oltre 4mila domande di famiglie che attendono una casa, oltre 400 solo ad Oristano. La politica regionale deve rendersi conto che servono le nuove case e dare le risposte che attendono i cittadini.  Per loro è più facile ristrutturare che costruire nuove abitazioni. Il Consiglio regionale” ha concluso Gianvalerio Sanna, “ha preferito distribuire 24 milioni di euro di avanzi di amministrazione ad ogni consigliere per “fare bottega” invece di destinare quelle risorse ai problemi della Sardegna. Ci sono problemi e bisogni importanti, è urgente capire che la povertà è sempre più legata al rispetto dei diritti delle persone”.

Il convegno ha messo in luce la necessità di un impegno collettivo per affrontare le problematiche socio-economiche della Sardegna. Mentre le organizzazioni di volontariato si confermano un pilastro fondamentale nella risposta alla povertà, è imprescindibile un intervento strutturale e strategico da parte delle istituzioni. La collaborazione tra associazioni, cittadini e politica potrebbe rappresentare la chiave per ridurre le disuguaglianze e migliorare le condizioni di vita sull’isola.

M.V.

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