Un potere che resiste e organizza una protesta come quella promossa dai magistrati italiani in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario si pone al di fuori del perimetro di quella Costituzione che a parole asserisce di voler difendere. Sabato in tutta Italia, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, è andato in scena uno spettacolo indecoroso che svilisce le istituzioni e mortifica l’impegno delle numerosissime toghe che svolgono il loro lavoro con dedizione, impegno e senso dello Stato.
Tante le proteste dei magistrati contro la riforma della giustizia, attualmente in discussione alla Camera. Sabato i giudici sono usciti polemicamente e in modo plateale dalle aule delle 26 Corti d’appello italiane durante gli interventi dei rappresentanti del governo.
L’aspetto più contestato dall’Associazione nazionale magistrati (Anm) riguarda la cosiddetta separazione delle carriere dei magistrati prevista dalla riforma, e cioè l’istituzione di carriere nettamente distinte per i magistrati requirenti – i pubblici ministeri che conducono le indagini – e quelli giudicanti, ovvero i giudici che emettono le sentenze. Per il governo si tratta di una svolta positiva per la giustizia italiana, per l’Anm di una riforma che mette a «rischio autonomia e indipendenza della magistratura».
A Napoli i magistrati del distretto hanno accolto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, con coccarde tricolore appuntate sulle toghe e la Costituzione in mano. Quando Nordio ha iniziato a parlare, i giudici sono usciti dall’aula della Corte d’appello in cui si stava tenendo la tradizionale cerimonia.
Scene simili si sono ripetute a Roma, dove c’era il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, e a Bari, dove era presente il viceministro della Giustizia Paolo Sisto. A Milano i giudici e i pubblici ministeri si sono riuniti sulla scalinata del tribunale prima della cerimonia esponendo striscioni con alcune frasi del politico e partigiano Piero Calamandrei, riguardanti la Costituzione italiana.
Per il 27 febbraio l’Anm ha inoltre proclamato uno sciopero contro il disegno di legge che dovrebbe essere votato in quei giorni. È comunque solo il primo dei quattro passaggi necessari affinché sia approvata la riforma, dato che è un disegno di legge costituzionale, che prevede un iter più lungo delle leggi ordinarie e descritto all’art.138 della Costituzione. Le contraddizioni di questa protesta delle toghe sono state evidenziate nitidamente dal ministro della giustizia, Carlo Nordio: «Sono un ex magistrato – ha detto – ho visto morire colleghi, ho seguito processi sulle brigate rosse. Non si può pensare che il mio obiettivo sia l’umiliazione della magistratura. Si tratta di una riforma solo tecnica. È stucchevole la rievocazione di Falcone che era favorevole alla separazione delle carriere».
Giorgia Meloni ha giustamente evidenziato come ogni riforma sul tema giustizia venga letta dall’Anm «come un’Apocalisse, una fine del mondo che bisogna sempre criticare senza se e senza ma». «Credo – ha aggiunto – che non giovi neanche ai magistrati stessi perché quando ci si siede ad un tavolo dei punti d’incontro si trovano. Mi corre ricordare però che l’articolo 49 della Costituzione dice che i cittadini hanno il diritto di associarsi in partiti politici per concorrere in metodo democratico alla determinazione della politica nazionale. Questo significa che i cittadini si organizzano in partiti politici, votano, decidono quali devono essere le scelte della politica. Stiamo facendo qualcosa di perfettamente adeguato alla Costituzione che non dice che la giustizia non si può riformare, è un articolo che non ho trovato anche se l’ho riletta…».
In una democrazia come la nostra il Parlamento è sovrano, la volontà popolare è sacra e i rappresentanti del popolo devono esercitare la sovranità assumendosi la responsabilità delle loro decisioni. Saranno poi giudicati dagli elettori, non dai magistrati, che invece, come ha ricordato il vicepremier e ministro dei trasporti e delle infrastrutture, Matteo Salvini, sono pagati con i soldi di tutti i cittadini per applicare le leggi e non per contestate. «Mi sembra di pessimo gusto alzarsi e uscire quando un rappresentante del governo parla», ha commentato a muso duro Matteo Salvini, che ha aggiunto: «Fortunatamente i magistrati che protestano sono sempre più in minoranza. La maggioranza dei giudici vuole solo fare il proprio lavoro e non fare politica. Noi andiamo avanti su separazione delle carriere e riforma del Csm e anche sulla responsabilità penale di chi mette in galera le persone sbagliate».
Dunque il potere giudiziario, in occasione delle cerimonie di sabato, ha gettato definitivamente la maschera. Tutto ciò che può intaccare i suoi consolidati privilegi, anche il privilegio di debordare impunemente dai confini della Costituzione, viene combattuto con ogni mezzo, anche con proteste davvero scomposte e ineleganti come quella di sabato. Per le toghe politicizzate, che per fortuna sono una minoranza, ma purtroppo fortemente ideologizzata e influente, è importante preservare a qualunque costo lo status quo e stroncare sul nascere qualsiasi disegno riformatore, a prescindere dai benefici che potrebbe portare alla collettività. Il governo Meloni non deve lasciarsi intimidire e deve perseverare se vuole tenere fede alle sue promesse elettorali e fare davvero gli interessi dei cittadini.
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