Nuovo Giornale Nazionale – LA FINTA UNITA’ DEI MAGISTRATI GIUDICANTI E REQUIRENTI

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di Lucio Leante

Se c’era qualche dubbio sulla necessità di separare le carriere della magistratura giudicante da quella requirente (diciamo dei PM), la reazione scomposta delle toghe organizzate in correnti (ideologiche e politiche) li ha dissipati tutti. 

Dietro l’apparente unanimità del gesto dei magistrati di abbandonare le aule dove si inaugurava l’anno giudiziario mentre prendevano la parola gli esponenti del governo e di quello di proclamare uno sciopero dei magistrati (una vera aberrazione istituzionale!) contro la riforma che separa le carriere della magistratura giudicante da quella requirente (dei PM), si nasconde (e allo stesso tempo, si rivela) non solo la profonda diversità, ma anche l’esistenza di un vero e proprio conflitto di interessi e di potere tra le due funzioni giudiziarie. 

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Quella finta unanimità nasconde e insieme rivela infatti un eccessivo potere di influenza di una minoranza molto attiva di PM sulle carriere, i trasferimenti e disciplinare dell’intera magistratura e quindi anche dei magistrati giudicanti. 

Ciò avviene perché i capi delle correnti ideologico-politiche della magistratura sono di solito dei PM ideologizzati (o propensi al’atrivismo personale e politico) più vicini ai poteri mediatici e politici che, grazie al loro potere nelle correnti, finiscono poi con il rivestire anche cariche dirigenti nell’ANM e nel CSM. Questi ultimi organismi risultano così egemonizzati da una minoranza di PM ideologizzati e politicizzati che riescono così a influenzare e controllare (e – si può supporre- anche ad intimidire) la maggioranza dei magistrati, che in gran parte sono magistrati giudicanti. Questi ultimi, di solito poco inclini ad impegnarsi nella vita delle correnti e dell’ANM, sono in genere molto favorevoli alla separazione delle carriere non solo perché ambiscono ad essere davvero “terzi” tra accusa e difesa (come prevede la Costituzione) ma anche perché desidererebbero non subire quel potere dei PM ideologizzati; un potere che pesa e condiziona le decisioni dei magistrati giudicanti sia nei procedimenti giudiziari, sia fuori dei processi. Molti di loro non possono che vedere la separazione delle carriere e del CSM, nonché la neutralizzazione del potere correntizio, come una liberazione dall’occhiuto potere, potenzialmente di carattere ritorsivo, di quei gruppi di PM organizzati. 

La conservazione di questo potere di influenza dei PM sui magistrati giudicanti e, quindi, sull’intera magistratura, è la vera posta in gioco nella questione della separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e quelli dell’accusa. Essa spiega da sola la decisione della magistratura organizzata, delle correnti e dei loro capi di opporsi, con fittizia (e molto probabilmente non spontanea) “unitarietà”, alla legge di riforma voluta dall’attuale maggioranza ed in corso di approvazione al Parlamento.

Il presunto pericolo di una “subordinazione dei PM al potere esecutivo” non esiste affatto affatto nella riforma che infatti conferma “l’indipendenza e l’autonomia” di tutti i magistrati, quali restano i PM.

L’altro argomento citato di solito dai capi-corrente – la tutela di una presunta “cultura della giurisdizione”- appare inconsistente se si pensa alla quasi inesistente tendenza dei magistrati dell’accusa a cercare attivamente prove a favore dell’indagato o dell’imputato. Esiste invece una documentata tendenza a ignórare (o addirittura in qualche caso nascondere) quegli elementi favorevoli all’accusato e sfavorevoli ai loro teoremi accusatori. Per favorire questi ultimi e pur di “vincerla” sugli avvocati difensori, spesso e volentieri, i PM mostrano di passare a pie’ pari, sulla cosiddetta “cultura della giurisdizione”. Alcuni di essi danno, anzi, l’impressione non sapere essi stessi nemmeno di cosa sia quella “cultura”.

La separazione delle carriere è quindi una necessità per garantire l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati giudicanti dall’ingombrante potere di influenza e di ritorsione del “partito dei PM ideologizzati politicizzati che sono stati finora in grado di condizionare le loro carriere e le loro vicende professionali e personali. 

 

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