Il territorio e la storia
Verde, tutto quel verde che domina il mare, blu profondo. E il profumo persistente, una fragranza che cambia con le stagioni e riporta a tutte quelle espressioni olfattive che la macchia mediterranea emana su quest’isola distante. Caratterizzata dalle due inconfondibili montagne che la dominano, anticamente Dydime (gemelli), oggi Salina, è un luogo che ti rimane nel cuore e nei ricordi, per quel suo modo di presentarsi bella in purezza. In questo spazio di Sicilia tra le Eolie, popolato tutto l’anno da tremila persone, nel 1988 nasce Signum, a Malfa.
Un organismo di accoglienza vivo che si muove nel tempo, una sorta di borgo di trenta stanze ricavate da case eoliane e magazzini agricoli, distribuite attorno a magnifiche terrazze con un colpo d’occhio indimenticabile su Panarea e Stromboli: una volta nitide che sembra di toccarle, un’altra più celate, sospese in mezzo al mare. Alla spiaggia dello Scario, la più vicina, ci si arriva in dieci minuti. Questo angolo incantato oggi è accudito da Luca e Martina Caruso, fratelli dal carattere differente, uniti dall’amore incondizionato per un posto in cui sono cresciuti per poi fare i loro percorsi di vita e che ora spetta a loro due modellare.
Quando gli si chiede cosa sia Signum per lui, Luca risponde: “È una realtà in crescita, visionaria, ricca di investimenti. Rappresentiamo un luogo speciale in una piccola isola siciliana del Mediterraneo, una struttura molto bella, con fattori esterni alla bravura di chi l’ha costruita. Poi, nonostante l’essere ben collocati nel presente, al tempo dei social e del web, seguendo in modo open-minded le tendenze di cucina e ospitalità in uno spaccato assolutamente attuale, rappresentiamo un luogo che di fatto è storico.”
Luca si accende, accorgendosi di come la sua natura pragmatica sia messa in discussione dal suo rapporto con il Signum: “Quello che qui va tutelato è il giardino, la terrazza eoliana col suo muro sgurrupato, nella lingua di qui, l’intonaco antico, shabby chic come direbbe qualcuno oggi, il fascino di un luogo senza tempo. Io sono poco spirituale e molto pratico, ma nonostante questo sento che tra le nostre mura si respira una forza, un’energia che in fondo è indipendente dalle persone che lo animano; quindi, per quel che mi riguarda è me ne sento custode, non tanto nel senso dell’essere proprietario, ma di custodire per portare oltre”.
Il nuovo Signum
Nel tempo il Signum si è trasformato senza perdere la sua essenza, i cambiamenti sono stati importanti ma non ne hanno intaccato quell’autenticità che vede mescolati elementi di grande modernità con pezzi vintage, in quel modo che appare più naturale che studiato a tavolino. Eppure, perfettamente armonico. “Abbiamo fatto dei balzi in avanti, in particolare rifacendo la cucina nuova per il fine dining, con l’isola centrale della Molteni. Color rosso cardinale, super innovativa, moderna. Ma soprattutto abbiamo pensato alla salubrità degli ambienti.
Certo la sostenibilità passa dal lavoro con il pescatore locale, dal giardino con le erbe spontanee e le verdure, ma a un certo punto di maturità dai per scontato che tutto questo sia la normalità, che il percorso debba essere quello e che non usiamo il calamaro che viene dalla Thailandia. Certe cose diventano più normali e meno straordinarie, sia pur sempre importanti. Allora vale la pena parlare di etica e sostenibilità anche attraverso l’aspetto imprenditoriale della qualità del lavoro, di ambienti salubri, una cucina con temperature controllate, con aria rigenerata: questo è quello che sta accadendo.
L’anno prima abbiamo rifatto le parti che vivono gli ospiti, il salotto gastronomico, abbiamo investito sul comfort del cliente e qualità del tempo che passa da noi. Poi ci siamo concentrati sulla parte che non si vede, sui motori, gli ingranaggi. La nostra è la visione di una famiglia che fa un investimento che cambia poco dal punto di vista esterno: avessimo realizzato più camere le avremmo portate a reddito, ma i numeri di incasso non sono cambiati, è cambiata la qualità.”
La cantina e il team
E la qualità al Signum si esprime attraverso particolari importanti, come la cantina: visitare con Luca questo spazio nel quale un tempo il vino veniva prodotto, decifrare l’espressione di quest’uomo, tra l’orgoglioso e il commosso quando si aggira tra scatole, cartoni, bottiglie e grandi formati, è utile a capire quale sia la portata dell’entusiasmo che lo anima, spingendolo anche a realizzare con Eolia le sue etichette da vitigni autoctoni isolani.
Fondamentale, ancora l’apporto di una squadra coesa: “Lavoro molto col concetto di team: le persone fanno la differenza, nell’ospitalità. Tra loro ci sono due ragazzi fantastici che si occupano dell’ufficio sia in inverno sia in estate: sono all’interno della struttura, senza essere né cuochi né sommelier, ma rappresentano l’anima organizzativa e manageriale e agiscono con noi. Poi c’è nostro cugino, Raffaele Caruso, che cura la parte del cocktail bar, elemento di spicco nell’offerta del Signum che raccoglie tante eccellenze e fa una ricerca importante, foraging incluso.”
La cucina
Il capitolo cucina, va da sé, è tanto rilevante quanto organico al progetto. Luca è profondamente legato a Martina, loro due rappresentano il centro del Signum. Li separano dieci anni d’età: è molto bello ascoltare il coinvolgimento di Luca nel lavoro della sorella: “La cucina nuova ha creato nuovi stimoli, nuova voglia, nuovi desideri. La responsabilità di questo oggetto da far camminare ha sicuramente dato ulteriore linfa e desiderio di essere in prima linea. In più, si parla di una persona che è mamma di due bambini piccoli: donna, madre, imprenditrice e chef: non è facile coniugare tutte queste cose.” Per quel che concerne la prossima stagione, che inizierà con l’arrivo della primavera, Luca racconta: “Ripartiamo da dove avevamo lasciato, lo scheletro dei menu è cambiato verso la fine di giugno e siamo venuti fuori col nuovo Oltremare, un menu con piatti nuovi e di ricerca, con estrazioni, un lavoro sulle frollature, sui fondi e sui brodi di mare, più una cucina di mare che di pesce.”
Ci sono poi Sigillo, il menu dei piatti storici, tra le 9 e le 12 portate, e Radici, dedicato alla proposta vegetale. Martina, classe 1989, è entrata in cucina al Signum a 23 anni. Oggi per lei questo posto “ha un’identità, è diventata una destinazione di esperienza. Io mi sento una cuoca semplice e cerco piatti leggeri freschi mediterranei: mi sento di trasmettere l’isola e il territorio che mi circonda. Nel tempo la tecnica è aumentata, sono cambiate le presentazioni, ma il legame con ingredienti e luogo non è cambiato. Del resto, la mia è stata una scelta molto naturale, perché sono nata e cresciuta dentro il Signum e vedevo papà stare cucina; mi piace ancora l’adrenalina del servizio. Poi, per come sono fatta io, amo fare tanto ma tutto dietro le quinte rispetto a mio fratello.”
I piatti
In effetti i piatti di Martina parlano per lei, donna sorridente, di insulare riservatezza. Come, ad esempio, quella bagna cauda con i ricci di mare, frutto di un viaggio in Piemonte che l’ha ispirata ad aggiungere un elemento di intensità ulteriore a questa ricetta del nord con le sue caratteristiche mediterranee. È “entrato come piatto di benvenuto e non riesco a levarlo: ogni volta me la chiedono e vorrebbero portarsela a casa”.
Un altro dei piatti che alla chef piace tanto è il fagottino con polpo, ‘nduja, olive nere e polvere di foglie di limone, un boccone dal gusto potente e allo stesso tempo nitido nel dare spazio a ogni singolo elemento. La terra e il mare di Salina rappresentano per Martina una ricchezza di stimoli pressoché senza limiti: lei li traduce in cucina con l’immediatezza di chi ha idee precise e conoscenza, tecnica e sentimento.
Quello che ha senso chiamare senso del gusto, che si manifesta in ognuna delle sue idee, dal carpaccio di ricciola con garum di alici, olio alle erbe del giardino alla spatola panata al barbecue, pesce che ha imparato a usare da Gennaro Esposito e ha deciso di unire a mandorla e leche de tigre, ingrediente da un viaggio in Perù. La triglia è un altro pesce che Martina conosce e usa deliziosamente di menu in menu, marinata con sale e zucchero prima di essere affumicata, nella zuppetta di mandorle, vongole, limone e bottarga.
Un saporito brodo di cernia, scorfano, zafferano, arancia e cicoria accompagna il mezzo rigatone, in un’armonia di dolcezza, acidità e lievi note d’amaro. Ancora, il recente approfondimento sulle frollature ha portato Martina alla cernia, un trancio crudo e uno cotto sui carboni, accompagnata da un fondo della stessa e una misticanza, con un bellissimo gioco di consistenze.
Dal menu vegetale vale la pena assaggiare il bottone di ceci con rosmarino affumicato, foglie di capperi e acqua di pomodoro, leggiadro boccone cremoso. Un viaggio per arrivarci, un viaggio da affrontare con il sorriso.
Contatti
Signum
Via Scalo, 15, 98050 Malfa Salina ME
Telefono: 090 984 4222
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