Legge regionale sul fine vita, l’opposizione ci prova ancora. Cappato: “Tempi certi per chi soffre”

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Genova. È stata ripresentata in Regione Liguria la proposta di legge sul fine vita Liberi subito, promossa da tutti i gruppi di opposizione insieme all’associazione Luca Coscioni per regolamentare tempi e procedure per l’accesso al cosiddetto suicidio medicalmente assistito. Se n’è parlato oggi durante una conferenza stampa cui ha partecipato anche Marco Cappato, tesoriere dell’associazione.

Il testo intende introdurre procedure e tempi certi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi della sentenza della Corte costituzionale Antoniani/Cappato del 2019 che ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 580 del codice penale nella parte in cui non esclude la punibilità per chi “agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

“Il suicidio assistito è già legale in Italia in forza della sentenza con valore di legge della Corte Costituzionale – sottolinea Cappato -. In Emilia-Romagna già esistono procedure regionali, si sta discutendo in tante altre regioni, in Toscana è passata in commissione la nostra proposta di legge, noi come associazione Luca Coscioni vogliamo che il servizio sanitario risponda alle persone che soffrono in tempi rapidi e certi e dia garanzie anche al personale sanitario su come deve agire e comportarsi per rispettare la volontà dei malati. Una legge regionale serve per dare tempi e regole certe affinché le persone che soffrono in modo irreversibile non debbano aspettare mesi prima di avere una risposta dalla sanità regionale sulla possibilità di essere aiutati a morire senza soffrire. Chiediamo di rispettare la sentenza con tempi e procedure certe e con il rispetto delle persone che soffrono, ma anche dei medici che hanno la possibilità di lavorare in un contesto di regole chiare”.

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Nella scorsa legislatura erano arrivate significative aperture da parte di Giovanni Toti e diversi consiglieri di maggioranza. Il presidente Marco Bucci per ora non entra nel merito: “Non ho letto nulla, non so di cosa parlano. La leggerò e poi la commenterò. C’è già una legge nazionale che segue il percorso, se è ben scritta è inutile fare una legge nostra. Io non parlo di questioni personali, parlo solo del mio lavoro”.

Come funziona oggi il suicidio medicalmente assistito

In assenza di una legge nazionale che regolamenti l’aiuto alla morte volontaria, ovvero l’accesso al suicidio assistito, in Italia questa scelta di fine vita è normata dalla sentenza numero 242 del 2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato-Antoniani, che ha legalizzato l’accesso alla procedura ma solo a precise condizioni di salute delle persone.

La Consulta ha disposto, con una sentenza di incostituzionalità parziale dell’articolo 580 del codice penale, che la persona malata che vuole accedere all’aiuto alla morte volontaria (suicidio assistito) deve essere in possesso di determinati requisiti: deve essere capace di autodeterminarsi, essere affetta da patologia irreversibile, che tale patologia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputa intollerabili e che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale.

Questi requisiti, insieme alle modalità per procedere, devono essere verificati dal Servizio Sanitario Nazionale con le modalità previste dalla legge sulle Dat agli articoli 1 e 2 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, 219/17), previo parere del comitato etico territorialmente competente.

L’azienda sanitaria deve inoltre verificare le modalità di esecuzione le quali dovranno essere evidentemente tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze.

Ai sensi della recente sentenza costituzionale 135 del 2024, la Consulta ha anche ampliato la portata del requisito del trattamento di sostegno vitale includendo tutte quelle procedure che, indipendentemente dal loro grado di complessità tecnica e di invasività, sono normalmente compiute da familiari o caregivers. Ha inoltre affermato che il requisito del “trattamento di sostegno vitale” può dirsi soddisfatto anche quando non sia in esecuzione perché, legittimamente, rifiutato dalla persona malata.

 

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