I medici potrebbero andare in pensione a 72 anni (e da primari)

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I medici potrebbero restare in servizio fino a 72 anni, mantenendo anche ruoli di vertice come quello di primario. La proposta, avanzata da Forza Italia attraverso un emendamento al decreto Milleproroghe, punta a prorogare fino al 2027 una misura già introdotta lo scorso anno. Se approvata, consentirebbe ai dirigenti sanitari di proseguire la loro carriera per altri due anni oltre il limite attuale, senza perdere incarichi già ottenuti.

Oltre alla possibilità di restare in servizio, la novità più importante riguarda il ruolo di primario. Fino ad oggi, chi restava in servizio oltre i 70 anni doveva rinunciare a posizioni dirigenziali apicali a causa dell’età avanzata. Con la modifica proposta, invece, i medici potranno continuare a guidare reparti ospedalieri, mantenendo ruoli di comando e coordinamento. La decisione finale arriverà nei prossimi giorni, ma la proposta ha già sollevato discussioni.

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La reazione dei medici: “Non è la soluzione giusta”

La proroga non convince tutti, a partire dai diretti interessati. Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), ha espresso forti perplessità: Mantenere in servizio i medici fino a 72 anni non risolve il problema della carenza di personale. La vera soluzione è La soluzione vera è quella di rendere attrattivo il sistema, investendo sui giovani e sui professionisti per migliorare le loro condizioni di lavoro e valorizzare il loro ruolo. Secondo Anelli, il rischio è quello di rallentare i percorsi di carriera dei medici più giovani, costringendoli ad aspettare ancora per ottenere posizioni di responsabilità.

L’ipotesi di prorogare l’età pensionabile dei medici è legata a doppio filo alla crisi demografica. In primis perché ci sono sempre meno nati e quindi meno lavoratori. Nella sanità la situazione è particolarmente critica a causa delle violenze, sempre più frequenti, su medici e infermieri e per i salari poco competitivi rispetto ad altri Paesi europei. Inoltre, mentre gli operatori diminuiscono, l’invecchiamento della popolazione spinge mette sempre più sotto pressione il Sistema sanitario nazionale, richiedendo più cure e assistenza.

Non a caso la questione era già stata discussa due anni fa, quando, ricorda Anelli, erano state stabilite delle condizioni: “La temporaneità, la volontarietà e, soprattutto, l’impegno a migliorare le condizioni di lavoro dei medici, in ospedale e sul territorio. Impegno che, pur apprezzando gli sforzi del governo, non si è purtroppo concretizzato, sinora, in misure realmente risolutive”.

Nel 2018, poi, con la campagna sui “medici centenari”, il presidente della Fnomceo aveva denunciato il problema, sottolineando che spostare l’età pensionabile senza riformare il sistema sanitario è solo un rimedio temporaneo.

La carenza di medici e infermieri

L’estensione dell’età pensionabile rientra in una strategia più ampia per affrontare la mancanza di personale sanitario in Italia. Negli ultimi anni, sempre più medici hanno lasciato il Servizio Sanitario Nazionale per condizioni di lavoro difficili, turni massacranti e stipendi poco competitivi. Con meno giovani disposti a intraprendere questa carriera e molti professionisti che preferiscono lavorare nel settore privato o all’estero, il governo cerca di rallentare i pensionamenti per evitare un ulteriore svuotamento degli ospedali. Questa misura, però, “riguarda solo una minoranza di medici e rischia di bloccare gli avanzamenti di carriera”, avverte Anelli. Senza investimenti in nuove assunzioni e miglioramento delle condizioni di lavoro, il rischio è che il Servizio Sanitario Nazionale continui a perdere personale.

A ottobre scorso Ivano Russo, presidente di ONWS, Osservatorio Nazionale Welfare & Salute, ha evidenziato che non può più bastare il Ssn, ma occorre la sanità integrativa “che discende dal welfare aziendale e cioè dalle scelte che le parti sociali compiono all’atto della stipula o dei rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro” per “destinare una quota della retribuzione al welfare aziendale”. In questo caso “la scelta è assunta da parti datoriali e sindacati e per ognuna delle grandi categorie coinvolte – edili, artigiani, metalmeccanici, commercio, logistici, qualunque categoria – diventa un fondo che eroga prestazioni sanitarie ispirate ai principi di mutualismo e collettività”, ha spiegato Russo all’Adnkronos.

Dunque, il tema della sanità si intreccia con quello della crisi demografica anche passando per il lavoro (non solo degli operatori sanitari): “Il problema principale del Sistema Sanitario è questo di carico, di domanda di cura legata anche al fatto che siamo la popolazione più anziana d’Europa e la seconda più anziana al mondo dopo il Giappone. Tutto questo ovviamente produce un’esigenza di sanità che è crescente e che si allaccia a temi come le pluri-patologie e le cronicità, perché l’anziano o il malato cronico tornano ciclicamente a fare cure e controlli.

Ecco allora che il lavoratore medio quaranta-cinquantenne mediamente sano che debba fare ad esempio la mappa di nei o un check up di controllo non la dovrebbe mai vedere una struttura pubblica perché tutte queste cose sono offerte dai piani sanitari di fondi contrattuali”, ha aggiunto il presidente di ONWS.

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La strategia del governo sulle pensioni

Il prolungamento della carriera dei medici si inserisce in un piano più ampio per scoraggiare i pensionamenti anticipati, legato alla crisi demografica che colpisce l’Italia. Negli ultimi tre anni, il governo ha introdotto diverse misure per rendere più difficile l’uscita dal mondo del lavoro prima dei 67 anni. Il ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ha firmato una direttiva che permette ai dipendenti pubblici di rimanere in servizio volontariamente fino a 70 anni. Una novità che è stata inserita nella Manovra 2025 ma non riguarda i medici (e non è ancora chiaro se li riguarderà in futuro).

Intanto, è stata prorogata “Quota 103”, che consente il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 41 di contributi, ma le adesioni sono crollate a causa dei disincentivi economici per chi vuole andare in pensione anticipata, che si sono fatti sempre più pressanti sotto la scure dei dati demografici. Le pensioni anticipate nel 2024 si sono attestate a 215.058, in calo del 15,7% rispetto alle 255.119 del 2023 mentre le pensioni di vecchiaia sono rimaste sostanzialmente stabili attestandosi a 254.213 contro 256.342 nel 2023 (-0,8%), come emerge dai dati dell’Inps contenuti nell’Osservatorio sul monitoraggio dei flussi di pensionamento.

Cosa succederà ora?

L’emendamento al Milleproroghe sarà discusso nei prossimi giorni e potrebbe essere approvato rapidamente. Se la proposta passerà, i medici che lo vorranno potranno restare in servizio fino a 72 anni e mantenere incarichi di vertice. Resta da vedere se questa sarà davvero la soluzione alla carenza di personale o se, come temono molti esperti, finirà solo per posticipare un problema più grande: la necessità di riformare il sistema sanitario e rendere la professione medica più attrattiva per le nuove generazioni.



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