Neutralità tecnologica per l’auto elettrica? Più che un’opportunità è un rischio

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Il dibattito sul confine fra pubblico e privato, su quel che è competenza dei governi e sullo spazio che invece spetta agli imprenditori, accompagna da sempre la società moderna e inevitabilmente non “risparmia” la transizione energetica. Al riguardo, uno dei settori dove la questione si pone con maggiore rilevanza è quello della mobilità elettrica.

In particolare, per molti osservatori lo sviluppo dell’auto elettrica in Europa dipenderà da quanto faranno l’UE e i Paesi membri per rilanciare un settore che dà chiari segnali di sofferenza. Ma non mancano i pareri contrari, quest’ultimi corroborati da quanto avviene Oltreoceano, con il presidente Trump che appena ritornato alla Casa Bianca ha detto esplicitamente che non ci sarà alcuna corsia preferenziale per i mezzi elettrici negli Stati Uniti.

Dieci anni allo stop delle vendite di auto a benzina e diesel

Dell’argomento si occupa un recente articolo a firma di Massimiliano Bienati, il responsabile Politica Trasporti di ECCO, il think tank italiano senza fini di lucro “dedicato alla transizione energetica e al cambiamento climatico con una vocazione nazionale, europea e globale”. Il punto di partenza dell’analisi è una constatazione temporale, ovvero i soli dieci anni che mancano allo stop della vendita in Europa di auto nuove con motore a combustione interna.

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“Il 2024 – si legge – è stato difficile per il mercato dell’auto, nonostante la tenuta delle vendite di veicoli elettrici rispetto ad altre motorizzazioni. E al termine dell’anno si è riacceso il dibattito su un possibile ripensamento delle regole europee nel segno della neutralità tecnologica”.

Che cos’è la neutralità tecnologica

Ma che cos’è la neutralità tecnologica? Nell’articolo si spiega che i suoi promotori richiedono sostanzialmente un approccio tecnologicamente neutrale nelle politiche per la transizione, il processo, è bene ricordarlo, che dovrebbe consentire di raggiungere le emissioni zero nel nostro continente entro la metà del secolo.

Una posizione, quella della neutralità, sostenuta dai conservatori europei. Ad esempio, il gruppo dei Popolari al Parlamento UE ha recentemente chiesto di allentare le normative, sostenendo che “le politiche climatiche UE dovrebbero privilegiare misure basate sul mercato, in modo da ridurre le emissioni di CO₂ al costo più basso offrendo ai consumatori la possibilità di scegliere e permettendo agli ingegneri di competere nello sviluppo delle soluzioni migliori”.

Rischio di un fallimento del mercato

Senonché, sebbene queste argomentazioni possano sembrare convincenti, “gli economisti evidenziano come un approccio regolatorio improntato alla neutralità tecnologica per la decarbonizzazione della mobilità su strada possa comportare un fallimento di mercato nelle politiche climatiche, con ripercussioni sulla competitività europea nel mercato globale dell’auto”.

Il nocciolo di questo ragionamento è che ciò che funziona a livello teorico non è detto venga poi confermato dalla realtà: “L’efficacia delle politiche di neutralità tecnologica si basa su ipotesi di mercati perfettamente funzionanti, attori informati e razionali, piena internalizzazione dei costi e benefici esterni. Ma il mercato reale è caratterizzato da varie imperfezioni che rischiano di rallentare o deviare dal raggiungimento degli obiettivi ambientali e industriali prefissati”.

L’elenco delle imperfezioni

E le imperfezioni che vengono citate nell’approfondimento di ECCO sono davvero numerose:

  • Le esternalità legate agli investimenti in sviluppo e innovazione (rischi di mancata capitalizzazione dei benefici derivanti dall’innovazione)
  • Le asimmetrie informative (decisioni di consumo basate su informazioni incomplete)
  • Le distorsioni nei comportamenti economici (interessi a breve termine e scelte subottimali)
  • La dipendenza da tecnologie consolidate (resistenza al cambiamento)
  • Le difficoltà di coordinamento tra le imprese (adozione di standard comuni)
  • La difesa di interessi acquisiti (mantenimento di posizioni dominanti)
  • La lentezza dei sistemi formativi nell’adattarsi alle sfide tecnologiche emergenti (carenza di competenze)

Gli interventi politici necessari

Imperfezioni che quindi giustificano l’adozione di politiche per favorire l’elettrificazione dei trasporti che con la neutralità tecnologica hanno poco a che fare. Un mix di interventi rivolti a favorire lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie più efficaci per raggiungere gli obiettivi climatici e garantire la competitività nel mercato.

E secondo l’autore dell’articolo appare evidente, dal punto di vista industriale, l’effetto positivo avuto da politiche non neutrali per correggere alcune delle imperfezioni citate. “La regolamentazione UE sugli standard di emissione CO₂ delle flotte, e l’obiettivo di stop alla vendita di veicoli a motore endotermico entro il 2035, hanno contribuito a mitigare problemi quali la sottostima o il ritardo degli investimenti nel settore, sebbene alcune criticità permangano”.

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Eliminare dualismo elettrico-fossile

Altro aspetto che rende meno credibile l’adozione della neutralità tecnologica è l’insostenibilità del “dualismo tra produzione di veicoli elettrici e endotermici che compromette la capacità dell’industria europea di innovare e scalare la produzione, riducendo la competitività rispetto ai costruttori cinesi e americani, che stanno rapidamente conquistando quote del mercato globale. Un aspetto che non potrà essere ignorato nel definire il piano industriale europeo per il settore”.

Dunque, la conclusione dell’articolo è che “in questa situazione e considerati i limiti e i rischi di fallimento associati a un approccio basato sulla neutralità tecnologica, la richiesta di una revisione delle normative europee sembra derivare da una prospettiva che non tiene pienamente conto di tutte le dimensioni rilevanti”.



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