Bahundangi era un tempo noto per i conflitti tra i suoi abitanti e gli elefanti selvatici in migrazione. Oggi, grazie a un mix di agricoltura innovativa, supporto governativo e una nuova consapevolezza, è diventato un modello di coesistenza pacifica
A Bahundangi, un remoto villaggio nepalese al confine con l’India, si sta scrivendo una storia di convivenza pacifica tra uomini ed elefanti.
Un tempo, Bahundangi era teatro di un conflitto senza esclusione di colpi. Gli elefanti asiatici, giganti gentili costretti a razziare i villaggi in cerca di cibo, e gli abitanti, esasperati dalla distruzione dei raccolti e dalla costante minaccia alla propria incolumità. Morti, feriti, case distrutte: la cronaca degli ultimi anni è un bollettino di guerra. Oggi, invece, regna una pace inaspettata, frutto di un cambiamento radicale raccontato dal giornalista Deepak Adhikari in un reportage per Mongabay.
Ma come è stato possibile trasformare un campo di battaglia in un esempio di coesistenza? La risposta è un mix di ingegno, perseveranza e, soprattutto, un cambio di prospettiva. Tutto è iniziato circa dieci anni fa, quando gli abitanti di Bahundangi, stanchi di combattere una guerra persa in partenza, hanno deciso di provare a cambiare le regole del gioco. “Non temiamo più gli elefanti né siamo arrabbiati con loro”, ha raccontato Krishna Bahadur Rasaili, un abitante del villaggio. “Quando arrivano, restiamo dentro. Se non li disturbiamo, camminano per la loro strada“.
Questa nuova consapevolezza è il frutto di un percorso lungo e complesso, che ha coinvolto l’intera comunità. “Bahundangi ha dimostrato che la coesistenza con gli elefanti selvatici è possibile”, afferma Narendra Man Babu Pradhan, ricercatore esperto di elefanti. “Dimostra che la semplice sensibilizzazione non è sufficiente; dobbiamo cambiare attivamente l’atteggiamento delle persone nei confronti della fauna selvatica”.
Un tempo, gli elefanti vagavano liberamente nelle pianure meridionali del Nepal. Con l’aumento della popolazione umana, lo sviluppo di infrastrutture e la riduzione delle foreste, il loro habitat si è drasticamente ridotto, costringendoli a incursioni nei villaggi in cerca di cibo. A Bahundangi, tra il 2012 e il 2022 si registravano in media 20 decessi di elefanti all’anno, oltre a diversi incidenti mortali per gli abitanti. Nel solo 2010, quasi 100 case e granai furono distrutti e almeno tre persone persero la vita.
Il primo passo verso la coesistenza è stata la costruzione, nel 2015, di una recinzione elettrica lunga 18 km. Sebbene gli elefanti, animali notoriamente intelligenti, abbiano imparato in fretta ad aggirarla, la recinzione ha comunque contribuito a ridurre i danni. Ma la vera svolta è arrivata con l‘introduzione di un sistema di risarcimento per i danni causati dalla fauna selvatica. Shankar Luitel, l’ambientalista locale, ha svolto un ruolo fondamentale nell’aiutare gli abitanti, spesso analfabeti, a districarsi tra le complesse procedure burocratiche per ottenere gli indennizzi.
Tuttavia, la chiave del successo è stata la transizione verso un’agricoltura “a prova di elefante”. Gli agricoltori, inizialmente scettici, hanno gradualmente abbandonato le tradizionali coltivazioni di mais e riso, molto appetibili per gli elefanti, in favore di tè, foglie di alloro e limoni. “All’inizio è stato difficile”, ha raccontato Diwakar Neupane, un agricoltore 65enne, “ma ora ho un reddito stabile e non mi preoccupo più che gli elefanti mangino i miei raccolti”. Oggi, il villaggio vende tè per un valore di circa 158.700 dollari all’anno. Molti agricoltori hanno anche iniziato ad allevare api, un deterrente naturale per gli elefanti, che al contempo fornisce un’ulteriore fonte di reddito grazie alla produzione di miele.
A completare il quadro, è stata istituita una squadra di risposta rapida (RRT) composta da volontari, formata per allontanare gli elefanti in sicurezza dalle aree abitate, soprattutto durante la stagione del raccolto. “Quando arrivano gli elefanti, solo i volontari RRT pattugliano la zona”, spiega Sadesh Paudel, un osservatore di elefanti di 26 anni.
Grazie a questi sforzi congiunti, l’ultimo attacco mortale di un elefante a Bahundangi risale al 2015. Da allora, non si sono registrati altri decessi. La storia di Bahundangi dimostra che la convivenza tra uomo e fauna selvatica è possibile, anche in contesti complessi. Un modello che, secondo gli esperti, potrebbe essere replicato in altre aree del Nepal e del mondo, dove il conflitto uomo-elefante è ancora una tragica realtà.
Non vuoi perdere le nostre notizie?
Ti potrebbe interessare anche:
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link