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Bruxelles punta su semplificazione e investimenti privati

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Servirà di più di una bussola per metter mano al caos dell’industria europea. Ieri, la Bce ha tagliato dello 0,25% i tassi di interesse, portando quelli sui depositi a 2,75%. La mossa di Francoforte era prevista e criticata prima ancora di essere resa nota. Gli analisti non apprezzano la distonia con la Fed, i cui tassi sono rimasti fermi.

Siamo in stagnazione

Se gli Usa restano in attesa che Trump mostri tutti i suoi assi, qui dell’Atlantico il trend disinflazionistico porta a un intervento in soccorso di mutui e prestiti a tasso variabile. D’altra parte, il clima tende al brutto e non basterà una politica monetaria moderatamente espansiva per sanare le cose. Eurostat comunica che siamo in stagnazione. Nell’ultimo trimestre 2024, l’Eurozona ha registrato una crescita rispetto al precedente, quando invece il Pil era aumentato dello 0,4%. Gi Stati Uniti, al contrario, continuano a crescere. Del 2,3% nel quarto trimestre dello scorso anno del 2,3%. È vero, sono sotto le attese – si ipotizzava un +2,6% – ma è pur sempre una crescita.

“Ce la faremo?”

A questo punto, la domanda “ce la faremo?” non si pone più. Bisogna passare all’imperativo: bisogna farcela e pure rapidamente. Per arrestare i costi energetici – il gas è rimasto sopra i 50 €/MWh – e per cominciare un lungo e serrato inseguimento a Cina e Usa.
La “Bussola sulla competitività” presentata mercoledì da Ursula von der Leyen non ha suscitato l’entusiasmo sperato. Anzi. I Socialisti & Democratici l’hanno bocciata. Perché “non fornisce le adeguate soluzioni che abbiamo davanti, mentre si nasconde dietro il mantra della semplificazione”.

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La burocrazia in campo

In effetti quella del Commissario all’Industria, Stéphane Séjourné, sulla “semplificazione choc” ha più il sapore dell’uscita sensazionalistica. Il politico francese ha voluto precisare che non si tratta né di deregulation né di rinunciare agli obiettivi in programma. No, Bruxelles vuole solo facilitare il raggiungimento dei piani già in essere. Il panegirico porta a chiedersi che senso abbia avuto metter in campo tutta la burocrazia in questione e se sia realistico eliminarla con un tratto di penna. Per esempio, il primo pacchetto di semplificazione, noto come “Omnibus”, è previsto per il 26 febbraio 2025. Bruxelles mira a ridurre gli oneri amministrativi per le imprese, allineando meglio i requisiti legislativi alle esigenze degli investitori e semplificando normative come la Direttiva sulla due diligence di sostenibilità aziendale e il regolamento sulla tassonomia (Csddd). La deadline è dietro l’angolo. Sicuro che si possa rispettare? E cosa succederà ai regimi di salvaguardia occupazionali e ambientali già implementati?

In questo scenario contraddittorio già di suo, ci pensa Jordan Bardella a buttare un fumogeno per aggiungere problemi. La sua proposta al Ppe di sospendere il Green Deal è stata respinta subito dai destinatari, che si sono resi conto di essere arrivati troppo in là. Troppo a destra senza rischiare di farsi indicare come i responsabili della rottura del cordone sanitario che avrebbe dovuto tenere patrioti e sovranisti fuori dai giochi. Del resto, Ppe e patriots dialogano da tempo, si sa. E meglio di quanto i primi facciano con socialisti con cui condividono maggioranza in parlamento e poltrone in commissione. Tattiche politiche che poco hanno a che fare con l’urgenza di mettere mano alle nostre debolezze.

Spese e pretese

Acquisito che il Piano Draghi a Bruxelles piace – von der Leyen non perde occasione di citarlo e la Bussola ne è la diretta emanazione – come lo si rende operativo? L’Ue punta a recuperare risorse dai privati e ridestinare quelle risparmiate rispettivamente dalla semplificazione (37 miliardi di euro entro il 2029) e dal taglio alle spese all’estero in gas, petrolio e altri fonti fossili (circa 600 miliardi di euro all’anno). Sèjourné è convinto così di poter generare fino a 800 miliardi di euro di nuovi investimenti. Ma le imprese pretendono di più. Le case automobilistiche vorrebbero che anche in Ue fossero introdotti incentivi per la componentistica locale delle auto elettriche. Batterie, semiconduttori e materiali essenziali dovrebbero essere made in Europe e non più importati da mercati meno costosi. L’idea nasce dall’ambizione di copiare il modello Usa dell’Inflation Reduction Act, che appunto prevede l’intensificazione della produzione manifatturiera. L’operazione “auto autarchica” però omette di dire come e da chi verremmo forniti di materie prime. Per quelle ci serve importare e quindi fare amicizia con fornitori specifici (friendshoring). Il 5 marzo, la Commissione presenterà il 5 marzo il piano d’azione per l’automotive. Lo ha annunciato Ursula von der Leyen: «La storia delle automobili è stata scritta in Europa. Il suo futuro deve continuare a essere costruito in Europa». Ha detto lei. Le crediamo sulla parola?





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